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sabato 24 marzo 2012

Carlo Onofrio Gori. Resistenza e Liberazione. Il ricordo delle formazioni partigiane e dei soldati della Divisione Garibaldi in Jugoslavia e dei Gruppi di Combattimento del ricostituito Esercito italiano sulla Linea Gotica


Combattenti pistoiesi nella Resistenza e nella Liberazione


L’8 settembre 1944, a circa un anno dall’occupazione tedesca della città, varie formazioni partigiane, agli ordini del comandante della XII Zona, Vincenzo Nardi, dopo alcuni scontri nelle zone periferiche con i tedeschi in ritirata, raggiunsero il centro cittadino e liberarono Pistoia.
Alcune di queste formazioni erano di orientamento comunista (Volante,BarontiValiani, Valoris, Calugi, Stella rossa, Banda comunista n. 1, SAP Lamporecchio, Fantacci), altre di ispirazione azionista (Giustizia e Libertà, Pieve a Celle, Puxeddu, Castellina, Corallo, Frosini, Fedi); esse ebbero inoltre il valido apporto dei gruppi di Difesa della donna e di altre piccole squadre, tra le quali una di ispirazione cattolica.
Nella stessa giornata, proveniente dalla colline del Montalbano, anche la libertaria Silvano Fedi, guidata dopo la morte del suo comandante da Enzo Capecchi ed Artese Benesperi, dopo aver occupato in seguito a duri scontri con i tedeschi e varie perdite le località di Vinci, Lamporecchio e Casalguidi, raggiungerà il centro cittadino.
Occorre inoltre ricordare per rilevanza militare altre due note unità partigiane nelle quali erano presenti molti pistoiesi e che in quel momento operavano attivamente tra la Montagna pistoiese e la Garfagnana,: l’XI Zona di “Pippo” (Manrico Ducceschi)  e la garibaldina Bozzi.
Per molti patrioti pistoiesi tuttavia la lotta non finì con la liberazione della loro città:  se gli uomini di “Pippo”, combattendo al fronte con la V Armata, raggiungeranno poi con essa Milano (4),  numerosi altri partigiani smobilitati, insieme a giovani volontari,  aderendo all'appello del CLN e dei partiti antifascisti coalizzati nel governo Bonomi, volontariamente si arruoleranno  nei reparti del ricostituito esercito italiano per continuare la lotta armata fino alla definitiva sconfitta del nazifascismo.
Il 26 febbraio 2005, a ricordo di quei volontari, anche a Pistoia venne infatti inaugurata su un lato della Piazza del Duomo, una lapide la cuiscrizione recita: “Il 16 febbraio 1945 partirono dalla piazza del Duomo, per arruolarsi nei Gruppi di Combattimento, i Volontari della Libertà della provincia di Pistoia. Nel sessantesimo anniversario la provincia e la città di Pistoia, grate, li ricordano. Comitato unitario per la difesa delle istituzioni repubblicane del Comune di Pistoia, febbraio 2005”.
Quel giorno i volontari si radunarono nel grande atrio del Politeama di via del Can Bianco, sede dell'ANPI e, dopo aver ascoltato i  saluti di alcuni oratori, si diressero in corteo nell'ampia piazza gremita di folla, dove li attendevano gli autocarri messi a loro disposizione, dopo tante sollecitazioni, dall’ autorità militare alleata.
Cerimonie analoghe avvenivano quasi contemporaneamente in varie località della Toscana, dell'Umbria,  delle Marche e del Lazio da dove i volontari si avviavano al centro di addestramento di Cesano per essere poi assegnati alle 6 unità riorganizzate dai britannici e destinate al fronte: CremonaFriuliFolgoreLegnanoMantova e Piceno.
Erano a tutti gli effetti divisioni italiane che gli angloamericani vollero invece definire Gruppi di Combattimento (GdC), sminuendone così l’importanza per sottolineare che il nostro contributo era quello di un  “cobelligerante” e non di un “alleato”.
A Pistoia quei volontari del febbraio ’45, molti dei quali provenienti dalla garibaldina Bozzi, furono senz'altro il contingente più consistente, ma non il primo a partire; ad esempio, fin dagli ultimi mesi del '44, si erano, tra gli altri, già arruolati nel Cremona Roberto Gasperini, Angiolo Cresci, Franco Andreini, già partigiano della Ofelio Baronti, che cadrà sul fronte del Senio e sarà decorato di medaglia d’argento; inoltre nella stessa Divisione vi erano, sia veterani in servizio di leva, come ad es. Gualtiero Degl'Innocenti ed Arrigo Della Foglia, sia militari di carriera, come il magg. Alberto Bongiovanni, poi autore di un bel libro di memorie, recentemente ristampato, dal titolo La guerra in casa (6).
I volontari pistoiesi furono destinati anche ad altre formazioni, come ad es. la Legnano dove, tra gli altri, combatterono Alfredo Ferrini, Mario Olla, Sergio Tesi.
Attilio Ciantelli, già comandante partigiano della Fantacci e assegnato allaFolgore insieme a Pietro Ghelardini, Mario Innocenti, ecc., ha calcolato in circa 600 il numero complessivo dei giovani pistoiesi confluiti a più riprese nei GdC  dei quali ne abbiamo potuti ricordare qui, ovviamente, solo alcuni.
La vicenda ci offre qui l’occasione per soffermarci brevemente sul contributo delle Forze Armate italiane, riorganizzate e ricostituite dopo la dura prova dell' 8 settembre, alla Liberazione ed al riscatto del Paese.
E' stata questa una pagina per lungo tempo sottovalutata della nostra storiografia che solo recentemente è stata riaperta per essere collocata nella sua giusta dimensione.
Le ragioni di questa sottovalutazione sono individuabili in un complesso iter culturale che non staremo qui a ripercorrere, ma che, detto in estrema sintesi, è riconducibile alle aspre divisioni politiche del dopoguerra. La paura dell'isolamento spinse infatti l'opposizione di sinistra a sottolineare un suo ruolo ed una sua identità “nazionale” e ciò si tradusse  nell'affermarsi  di una vulgata storiografica che finì per identificare quasi del tutto la Resistenza con la lotta partigiana e popolare di liberazione nazionale guidata dal partito comunista. Non si vuol negare che il contributo alla Resistenza delle brigate partigiane costituite dal PCI sia stato indubbiamente molto alto, sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo, ma solo oggi sembra finalmente chiaro e ampiamente condiviso, il fatto che esso, obiettivamente, non sia stato il solo meritevole di attenzione e rilievo sul piano storiografico. Per  vari anni finirono infatti per essere sottovalutati o ignorati, altri contributi e altri fenomeni importanti, persino laddove il ruolo degli stessi militanti comunisti non era stato certamente irrilevante come, ad esempio, nei Gruppi di Combattimento del rinnovato esercito italiano. Noto anche il caso dell’on. Alessandro Natta, dirigente comunista, già militare deportato, al quale gli Editori Riuniti rifiutarono la pubblicazione di un suo libro sulla Resistenza degli I.M.I. nei lager nazisti. E questo solo per fermarsi a due esempi. Quanto alla partecipazione popolare alla lotta contro il nazifascismo, spesso disinvoltamente accreditata come quasi unanime in pagine agiografico- apologetiche  degli anni Cinquanta-Sessanta, andremmo molto, molto cauti.
La Resistenza, atto fondante della nostra democrazia repubblicana, fu infatti un fenomeno più vasto, variegato e soprattutto, come anche ci ha ricordato lo storico Claudio Pavone (4), più complesso. Molto più complesso.
Intanto, e  il Presidente Ciampi lo ha più volte in questi anni sottolineato, la Resistenza iniziò proprio da quei reparti che, in Italia ed all’Estero, nelle fasi concitate seguite all’armistizio dell' 8 settembre 1943 trovarono la forza ed il coraggio per non arrendersi alla prepotenza nazista. италијанска партизанска дивизија Гарибалди"
Fra questi, avendo soprattutto ben presente l’ambito locale, rammentiamo i pistoiesi nella Divisione Cremona che insieme alla Friuli contribuì in modo decisivo a liberare nel 1943, sotto la guida del gen. Magli, la Corsica dall’occupazione tedesca  e, soprattutto, dato che fu nelle isole greche e nei Balcani che fiorirono alcuni dei più nobili episodi della Resistenza italiana all’estero e che fu proprio in Jugoslavia che si svolsero le più lunghe ed accanite battaglie, vogliamo qui ricordare la Divisione di fanteria da montagna Venezia nella quale combatterono numerosi toscani fra i quali molti fiorentini e pistoiesi.
Rimasta senza ordini nel Montenegro, si oppose, per libera e unanime scelta dei soldati, alla resa imposta dai tedeschi e,  dopo tre mesi di duri combattimenti e perdite,  il 2 dicembre 1943, unendosi a Pljevlja  ai reparti della divisione alpina Taurinense, si costituì in Divisione italiana partigiana Garibaldi (италијанска партизанска дивизија "Гарибалди") per proseguire sul fronte partigiano jugoslavo la lotta di liberazione dal nazifascismo.Mantenendo  le caratteristiche di unità dell'esercito italiano, dopo 18 mesi di eroiche battaglie, i  circa 5000 superstiti, guidati dall'ultimo loro valoroso comandate, il  ten. col. Carlo Ravnich, con tutte le loro armi efficienti,  tra '8 e il 9  marzo ' 45 sbarcavano  a Bari rientrando invitti  in  Patria.
Molti di loro, equipaggiati dagli inglesi ed inquadrati nel GdC  Folgore, furono poi avviati al fronte verso il Nord Italia, ma solo il repentino crollo delle truppe nazifascite, seguito agli avvenimenti del 25 aprile, non permise la loro partecipazione attiva anche a  quest'ultima fase della Guerra di Liberazione.
Non ci soffermeremo oltre sulla storia tragica, limpida e gloriosa della Garibaldi,  ricorderemo soltanto che anche Pistoia, il 25 aprile 1992,  alla presenza di numerosi reduci garibaldini provenienti da tutta la Toscana, rese omaggio ai suoi non pochi caduti e decorati nelle file della Divisione con una serie di manifestazioni celebrative e con un cippo, disegnato da Umberto Civinini, posto nell'area a verde del quartiere de “Le Fornaci”.
Successivamente il 20 settembre 1998, per opportuna e benemerita iniziativa del gruppo pistoiese dell’Associazione Nazionale Alpini, la città ha ricordato, con l'intitolazione di un giardino al cui centro campeggia  un basamento sovrastato da una grande penna alpina mozzata, opera di Jorio Vivarelli, il concittadino Villy Pasquali, uno dei primi caduti per la Libertà in terra jugoslava.
Vale la pena soffermarsi un attimo questa figura di eroe anche perché la sua è l'unica medaglia d'oro al valor militare assegnata ad un cittadino del comune di Pistoia  per il periodo della Resistenza. Il suo valore veniva infatti così già ricordato in una pubblicazione a carattere nazionale del marzo 1945: «…“La via che avete scelto – disse agli ufficiali un colonnello – è quella della fame e della morte”. Ma gli rispose il tenente veterinario “è soprattutto quella della dignità e dell’onore”. Il tenente veterinario Pasquale Villi [sic] morì più tardi in combattimento e fu decorato di medaglia d’oro alla memoria con una magnifica motivazione».
Che infatti così recita: “Pasquali Villy,  n. 1914 Pistoia. Tenente cpl. veterinario, Div. “'Garibaldi”. Ufficiale veterinario di una grande unità dislocata oltremare, all'atto dell'armistizio, fedele al proprio dovere di soldato, si univa alle eroiche file di coloro che avevano preferito la dura e pericolosa vita della guerriglia alla umiliante resa al tedesco. Assunto volontariamente il comando di una compagnia di artiglieri  trasformatisi in fanti, li guidava più volte al combattimento facendo rifulgere le sue splendide doti di combattente. Durante un attacco ad un forte presidio nemico, incurante dell'intesa reazione avversaria, si ergeva con fierezza alla testa dei propri uomini. Visto cadere un mitragliere lo sostituiva all'arma continuando il fuoco contro un pezzo anticarro tedesco; fatto segno al tiro concentrato di armi automatiche nemiche non desisteva all'azione, restando sul posto anche quando l'arma, più volte colpita, era resa inservibile. Sempre presente ove più aspro appariva il compito, durante una successiva azione, mentre con i suoi uomini formava una insormontabile barriera al nemico incalzante, stroncato dal fuoco nemico, immolava la sua giovinezza sul campo di battaglia. Nikic ‑ Cekanie ‑ Brijestovo (Montenegro), 9 settembre ‑ 17 settembre ‑ 10 novembre 1943.
La Resistenza italiana, sulla base di queste prime prove di valore e sullo sfondo di un crescente consenso popolare (cosa però diversa dalla partecipazione), proseguì successivamente attraverso altre tappe fondamentali, fra queste: il rifiuto all'adesione alla RSI di oltre 600 mila Internati Militari Italiani (IMI) nei lager tedeschi,  la guerriglia sui monti e la lotta clandestina nelle città di oltre 185 mila partigiani e 117 mila patrioti, gli scioperi operai e l’aiuto contadino ai rifugiati e resistenti, l’unità di intenti, non facile né scontata, raggiunta dai partiti antifascisti coalizzati nel CLN e, non ultimo, il contributo bellico a fianco degli Alleati, al fronte e nelle retrovie, di oltre 400 mila soldati appartenenti alle ricostruite forze armate italiane . 
Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania da parte del governo Badoglio (13.10.43) iniziava infatti la difficile “cobelligeranza” italiana che i comandanti militari alleati vedevano essenzialmente circoscritta ad un supporto di retrovia, tuttavia, visto che le dure condizioni armistiziali potevano, secondo il “promemoria aggiuntivo” di Quebec,  esser  “modificate... dall'entità dell'apporto dato dal Governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra”, dovettero poi acconsentire, soprattutto per motivi politici, alla costituzione di un reparto combattente, il “I Raggruppamento Motorizzato” (5300 uomini). 
Entrato in linea nel dicembre 1943 a Montelungo e distintosi a Monte Marrone, venne poi ampliato (18.4.44) a circa 14 mila uomini e trasformato in Corpo Italiano di Liberazione. Il CIL contribuì a liberare, anche in collaborazione con la valorosa unità partigiana Brigata Maiella, buona parte della Costa Adriatica; famosa la battaglia di Filottrano che vide il successo dei paracadutisti del Nembo su agguerriti reparti tedeschi.
Nel settembre 1944 il CIL, che constava ormai di 34 mila uomini, veniva sciolto e l’apporto bellico italiano cresceva alle già ricordate 6 Divisioni.
Si trattava di unità, come nel caso delle imbattute Cremona e Friuli sopravvissute al disastro dell’ 8 settembre e operanti in Corsica, alle quali furono poi aggregati quei reparti, già distintisi nel CIL, che andarono a ricostituire la Legnano e la Folgore.
Stava piano piano cadendo la diffidenza angloamericana verso i combattenti italiani dei quali, tra l'altro, ora c'era davvero bisogno, occorrendo forze nuove che sostituissero alcuni contingenti alleati distolti dalla Penisola e destinati allo sbarco in Provenza.
Nel dicembre ‘44 giunse così per primo al fronte il  Cremona che, avendo per obiettivo Venezia, operò nella zona del Basso Senio, fra la ferrovia Ravenna-Alfonsine e il mare Adriatico: subito impegnato dai tedeschi, malgrado il training britannico, si trovò in seria difficoltà, soprattutto per carenza di effettivi dovuta anche allo stillicidio delle non poche diserzioni avvenute dopo il rientro in Continente. Sembra strano, ma come più volte ci ha riferito l’amico Gualtiero Degl’Innocenti, di leva nel Cremona, fin dal rientro della Divisione in Sardegna, queste diserzioni erano, tollerate, se non tacitamente incoraggiate, da una parte dell’ufficialità.
In questa situazione, stante la situazione di estrema precarietà delle strutture statuali nell’Italia liberata, essendo alquanto problematico il ricorso alla leva, il governo Bonomi pensò allora di fare appello a giovani e motivati volontari delle zone liberate, principalmente esperti ex-partigiani: se nel ‘43 molte delle prime “bande” di resistenti furono costituite da soldati divenuti partigiani, erano ora i partigiani che diventavano soldati.
Dopo l’accantonamento della questione istituzionale in seguito alla togliattiana “svolta di Salerno”, a sinistra ora non si vedeva più nell'esercito “badogliano” il “braccio armato” della monarchia,  pertanto il PCI poteva affermare che era necessario “per la più rapida liberazione possibile del Paese...arruolarsi in massa nel nuovo Esercito” anche perché “un'ondata sana di antifascismo penetri nelle forze armate”..
Nei vari GdC, ma specialmente nel Cremona, dove i volontari raggiunsero quasi il 60% degli effettivi, ebbe così ben presto inizio un vivace esperimento di democrazia: gli ex-partigiani imposero ai vertici militari loro responsabili di plotone, di compagnia, di reggimento e perfino di Gruppo. I designati affiancarono nei vari adempimenti gli ufficiali, alcuni dei quali furono, da allora in poi, più sensibili, come anche molti dei soldati di leva, allo spirito propugnato dai volontari. Ovviamente non mancheranno i contrasti politici, anche aspri, fra volontari ed effettivi di sinistra ed l’establishment dell’ufficialità, in gran parte monarchica, tuttavia, e fatti lo dimostreranno sul campo, l'efficienza delle unità combattenti, facendo leva sul valore e sull’esperienza degli ex-partigiani, quasi sempre in prima linea, e sulla convinzione, piuttosto che sulla costrizione, ne uscirà in definitiva esaltata.
Per tutti i pistoiesi che si distinsero nelle file dei GdC, ci sembra giusto tornare qui a ricordare Franco Andreini del Cremona, uno dei primi ad arruolarsi volontario, medaglia d’argento con la seguente motivazione: Porta arma di squadra pionieri, in due mesi di permanenza in linea partecipava volontariamente a tutte le azioni in cui erano destinati elementi del suo reparto, prodigandosi con generoso slancio e sprezzo del pericolo ad apportare a favore dei suoi compagni il contributo prezioso ed efficace della propria arma che manovrava con singolare perizia. Offertosi di far parte di un nucleo pionieri destinato a rinforzare un caposaldo avanzato, sebbene fatto segno a raffiche di armi automatiche, si portava allo scoperto per meglio battere l'obiettivo fino a quando, colpito a morte, cadeva eroicamente nell'adempimento del dovere (Casa Matteucci, Comune di Alfonsine, 25 Febbraio 1945)” .
Il Cremona, spesso coadiuvato nelle operazioni dai partigiani della 28° Brigata Garibaldina M. Gordini del leggendario “Bulow” (Arrigo Boldrini), sarà poi affiancato dal Gruppo di Combattimento Friuli operante nella zona di Riolo Terme, nell'alto Senio, e poi fra Forlì e Bertinoro.
Tali unità, raggiunte successivamente dal Folgore e dal  Legnano contribuirono in misura determinante, dagli inizi dell'aprile 1945, allo sfondamento alleato della zona centrale e orientale del fronte nazifascista ed alla liberazione di Bologna (Friuli, Folgore e Legnano), di Venezia (Cremona e Rgt. San Marco del Folgore) e di gran parte della Pianura Padana.
Nel corso del 1944-45 da poche migliaia di persone le forze armate italiane, rafforzate anche dal notevole afflusso dei volontari, arrivarono a contare più di mezzo milione di soldati (400.000 dell'Esercito, 80.000 della Marina, 35.000 dell'Aeronautica), un quarto degli uomini impiegati e circa un ottavo delle forze combattenti, dando un forte contributo alla Guerra di Liberazione, anche in termini di vite umane (87.000 vittime). Esercito : 76.000 (compresi 42.000 Imi morti nei campi) Marina: 9.000 Aviazione: 2.000 .
Fra questi decisivo fu il contributo dei ragazzi partiti volontari in quell'inverno 1944-'45, e fra essi dei volontari pistoiesi,: tutti diedero vita ad un'esperienza che, come affermò poi il gen. Musco, nel ’45 colonnello nel Cremona, “...non trova riscontro neppure nella storia delle nostre Quattro Guerre d'Indipendenza” e  dimostrarono in tal modo che l’impegno già profuso da molti di loro come partigiani non era stato un punto d’arrivo, ma un punto d’onore per fare sempre di più e sempre meglio, come poi effettivamente fecero, partecipando da soldati alla Liberazione dell’intero Paese.

                                                                          Carlo Onofrio Gori  





Sintesi e rielaborazione dei seguenti miei articoli e di un capitolo di  un libro che ho pubblicato: 

Carlo O. Gori, Il ricordo dei combattenti pistoiesi  nella Divisione Garibaldi in Jugoslavia e nei Gruppi di Combattimento sulla Linea Gotica. Nel Sessantesimo della Liberazione la Toscana ha reso omaggio i suoi cittadini che combatterono nelle Forze Armate contro il nazifascismo, in “Camicia rossa”, n. 2 (apr.-giu. 2005).

Carlo O. Gori, Resistenti in divisa. Il ruolo dei pistoiesi nei Gruppi di Combattimento sulla Gotica e nella liberazione in Jugoslavia, in “Microstoria”, n. 42 (lug.-ago. 2005).


Carlo O. Gori, Pistoia e i suoi combattenti per la Liberazione. Un ricordo dei soldati e dei partigiani sul dopo 8 settembre, in “Patria indipendente”, n. 9 (21 ott. 2007). 

Carlo Onofrio Gori, Quando il nemico era italiano. Gli scontri tra il Gruppo Cremona e la X Mas sulla linea del Senio, in “Microstoria”, n. 18 (lug.-ago. 2001). 

Carlo Onofrio Gori, Senio e dintorni, in “QF-Quaderni di Farestoria”, n. 5 (dic. 2001).

Carlo Onofrio Gori, Guida ai monumenti delle memoria nel Comune di Pistoia, Pistoia, Edizioni del Comune di Pistoia, 2005 

Per bibliografia e note consultare gli articoli sulle riviste suddette ed il volume citato.

Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.














On 8 September 1944, after about a year from the German occupation of the city, various partisan groups, under the command of  the commander of Zone XII, Vincenzo Nardi, after several clashes in the border regions against the German troops, reached the city center and freed Pistoia.
Some of these formations were Communist oriented (Volante, Baronti, Valiani, Valoris, Calugi, Stella Rossa, Banda comunista n. 1, SAP Lamporecchio, Fantacci), other led by 000leftist liberals (Giustizie e Libertà, Pieve a Celle, Puxeddu, Castellina , Corallo, Frosini, Fedi) and they also had the valuable support of the Defense of Women's groups and other small teams, including a group inspired by Catholics ideals. 
On the same day, from the hills of Montalbano, also the anarchist group "Squadre Franche Libertarie",  under the command of Enzo Capecchi and Artese Benesperi (after the death of its commander Silvano Fedi), after freeing the villages of Vinci, Lamporecchio and Casalguidi, as a result of violent clashes with the Germans, entered in the city center.
It should also be remembered for their military importance, two notes partisan units in which there were many partisan of the county of Pistoia and at that time worked actively in  the Pistoia mountains and in the Garfagnana: the  "XI Zone" (under the command of  Manrico Ducceschi "Pippo") and the "Garibaldi-Bozzi"...


                                                                                                                                                                    

martedì 6 marzo 2012

Carlo Onofrio Gori. Resistenza sulla Montagna pistoiese: Gino Bozzi e la "Brigata Bozzi"


Resistenza sulla Montagna pistoiese: Gino Bozzi e la "Brigata Bozzi"


Artigiano nel quartiere fiorentino di Santo Spirito, Bozzi, oppositore del regime fascista fin dal 1927, viene ferito mortalmente su questa strada il 27 dicembre 1943. Dopo 1'8 settembre Bozzi viene incaricato dal dirigente del partito comunista Renato Bitossi di organizzare una formazione partigiana nella montagna pistoiese. La formazione, composta da fiorentini e pistoiesi, diverrà una delle più importanti fra quelle che opereranno in questa zona della Toscana e sarà sempre in stretto contatto con i centri regionali del PCI nel cui comitato militare erano presenti per Pistoia: Cesare Andreini, Guerrando Olmi, Cesare Collini, Giuseppe Corsini, Silvano Migliorini, Gorino Gori, Oliviero Maestripieri, Terzo Coppini, Dino Niccolai, Silvio Bovani, Italo Carobbi, Dino Fabbri, Vasco Iozzelli e Aldo Nanni. Il primo nucleo della futura Bozzi si forma a Poggio Forato nella zona di Vidiciatico nell'Appennino bolognese. Successivamente, in seguito a contatti di Bozzi con Giuseppe Vivarelli, la base viene spostata nella foresta del Teso e “copre” anche le zone di Maresca e Campotizzoro, allora importante centro dell’industria bellica. Tuttavia le proibitive condizioni che andavano profilandosi in montagna spingono Bozzi e Piero Gherardini a sistemare la parte più consistente della formazione sulle colline a nord di Pistoia. I primi tempi, sotto la guida di Bozzi e poi anche di Agenore Dolfi, successivamente scomparso,  sono impegnati nell'organizzazione del gruppo: recupero di armi, costituzione di una rete di supporto, inserimento e preparazione politico-militare di nuovi combattenti. Proprio per decidere il passaggio all'azione militare Gino Bozzi, accompagnato da Umberto Tellini, il 27 dicembre scende a Pistoia per un incontro con il responsabile militare del partito comunista. Lungo la strada vengono fermati da un carabiniere e da un milite fascista. I due rispondono che si trovano in zona alla scopo di acquistare farina, ma non vengono creduti. Quando Bozzi - racconta Umberto Tellini - “ si accorse che il repubblichino stava andando a vedere cosa aveva nascosto nella macchina, Gino gli afferrò il fucile per cercare di strapparglielo... il repubblichino sparò e Gino cadde a terra. In quel momento uscirono fuori dei contadini domandando cosa stava succedendo. Il carabiniere disse loro di portare qualcosa per legare me e infatti questi contadini portarono un filo della luce, con il quale mi legarono le mani. Poi fecero approntare a questi contadini una specie di barella con una scala sulla quale misero Gino e ci portarono giù a Candeglia" (70). Bozzi muore nell'ospedale di Pistoia il 4 gennaio 1944. Durante l'agonia ha rifiutato i calmanti per paura di perdere il controllo di sé e rivelare qualche notizia sull'organizzazione durante gli interrogatori. Era stata anche progettata dal suo partito una complessa azione per liberarlo dall'ospedale, operazione nel cui contesto si inserì anche l'episodio della SMI (vd. scheda di Faliero Pucci) ed il successivo rastrellamento fascista nelle cui maglie caddero Pucci e Bruschi. In seguito a questi avvenimenti aggravati dalla difficilissima situazione ambientale dell'inverno 1944 la formazione, che aveva assunto il nome di Gino Bozzi, passò un serio momento di crisi. Si riorganizzerà, sotto la guida politica del gappista fiorentino “Nando” Borghesi (71), agendo nella zona sovrastante Montale, spostandosi poi verso il Passo della Collina e l’ Acquerino e congiungendosi infine ad est con le formazioni del Pratese operanti sui monti della Calvana. Il crescere del numero dei componenti la Bozzi e la difficoltà di reperire cibo per tutti, spinge poi “Nando” a cercare rifugio nel più fertile versante emiliano. Inizia così una lunga marcia di trasferimento segnata dalla battaglia di Treppio (17 apr. ‘44) dove l’aglianese Magnino Magni (medaglia d’argento al v.m.) si sacrifica eroicamente per consentire lo sganciamento dei compagni verso l’ Emilia. Il grosso raggiunge le formazioni del famoso comandante "Armando" (Mario Ricci) e di "Davide" e qui Alfredo Bani affianca Borghesi come comandante militare (72). In Emilia la Bozzi, entrando a far  parte del battaglione Garibaldi Ciro Menotti, si distingue come una delle formazioni più affidabili di “Armando” partecipando all'occupazione di Fanano e a quella di Toano (10 - 21 giugno 1944) ed alla costituzione della repubblica partigiana di Montefiorino. In seguito alla fusione con la formazione pracchiese di “Tarzan”, e con la Primo Filoni, operante nella zona di Maresca, assume il nome di Brigata garibaldina Bozzi (9-10 lug. ’44). Caduta Montefiorino, rientra definitivamente in Toscana e, mentre alcune sue formazioni rimangono (o poi tornano) ad operare nella zona di Pracchia-Orsigna-Maresca, il grosso della Brigata si sposta in Garfagnana, dove partecipa alla liberazione di Fornaci di Barga e di altre località ed infine si insedia a  Coreglia Antelminelli (15 agosto). La Bozzi si scioglie nell'ottobre del 1944 dopo una intensa attività nel pattugliamento dell'alta valle del Serchio in collaborazione con il corpo di spedizione brasiliano della FEB. Successivamente molti dei suoi componenti si arruoleranno volontari nei Gruppi di Combattimento del ricostituito Esercito italiano e risaliranno la penisola a fianco degli alleati; alcuni, come ad es. Alfredo Bani, inquadrati nel “Cremona”, prenderanno parte ai combattimenti che dal basso Senio in poi condurranno alla liberazione di Venezia, altri, come ad es. “Nando” Borghesi e Alfredo Ferrini,, nel “Legnano”, Ardengo Sostegni nel “Friuli” e Mario Innocenti nel “Folgore”,  ecc., parteciperanno alle importanti operazioni militari che porteranno alla liberazione di Bologna e di gran parte della Pianura Padana.



                                                           Carlo Onofrio Gori



72) Sulla “Bozzi” oltre al fondamentale, G. Verni, La brigata Bozzi …cit., vd. Giuseppe Vivarelli (“Peppone”), Resistenza in montagna. Brigata “Gino Bozzi”, Pistoia, Amministrazione Comunale, [1975]; V. Baldi, I comunisti di Campotizzoro, in: L. Casati (a cura di), Lotte sociali…cit., pp. 315-320; cfr. inoltre: Dal diario azioni della Brigata “G. Bozzi”, in: R. Risaliti, Antifascismo..., cit., pp. 98-100. Sui partigiani della “Bozzi”, oltre al già citato libro di V. Baldi, ripubblicato nel 1985 col tit.:Storia di un partigiano. Fernando Borghesi, cfr., tra gli altri: R. Corsini, La scomparsa di Alfredo Bani, il “Pompierino”, in: “QF” n. 1 (gen./mar. 2000); R. Corsini, Ardengo Sostegni: uno della “Bozzi”, in: “QF” n. 2 (apr./giu. 2002); Comunità Montana Appennino Pistoiese, Ricordo di Mario Olla, San Marcello Pistoiese, Centro pistoiese di documentazione per l'emigrazione Mario Olla, 2001; M. Francini, Dal delitto Matteotti alla Liberazione. Intervista a Piero Gherardini, partigiano pistoiese, in: “Farestoria”, n. 1 (1984); vd. anche le testimonianze di: Sergio Corsini (pp. 115-120), Alfredo Ferrini (pp. 165-169), Mario Innocenti (pp. 189-197), Luciano Olmi (pp. 240-241), Giorgio Venturi (pp. 312-318) e Romualdo Bruschi, poi passato a “Giustizia e libertà” (pp. 79-84). Testimonianze di molti dei citati appaiono anche in: L. Cavallini-L. Tassinari (a cura di), Giorni…cit., pp. 319-320, 326-327, 330-332, etc.






Tratto da Carlo Onofrio Gori, Guida ai monumenti delle memoria nel Comune di Pistoia, Pistoia, Edizioni del Comune di Pistoia, 2005, pp. 108-110.