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giovedì 14 febbraio 2013

C.O. Gori. Resistenza e Liberazione. Il cap. Luigi Giorgi, di Carrara: due volte Medaglia d'Oro.


Luigi Giorgi, toscano di Carrara: vita e morte di un “capitano coraggioso”

Studiando le vicende della guerra di Liberazione trovai l’eccezionale  figura, che qui voglio doverosamente ricordare, come ampiamente merita, di un militare già valutato dai suoi superiori come “ufficiale con forte personalità e ascendente sui suoi soldati”.  Fu un giudizio, nel caso (e non sempre quello degli alti vertici militari lo è…), pienamente azzeccato, successivamente confermato appieno sul campo da una straordinaria abilità, sostenuta da un coraggio lucido, pienamente consapevole della necessità del riscatto della Patria, e da una generosità enorme verso i suoi uomini, fino all’estremo sacrificio: è questo il capitano Luigi Giorgi, eroe della Liberazione, nato a Carrara nel 1913 e morto a Cavarzere (Ve), il 7 maggio 1945.
Giorgi è l'unico combattente di tutta la Guerra di Liberazione cui sia stata conferita per due volte la massima decorazione italiana e cioè, Medaglia d'Oro al Valor Militare sul campo e Medaglia d'oro al Valor Militare alla memoria.
Diplomato ragioniere e poi perito commerciale il giovane carrarese nel novembre 1935 presta servizio nel Regio Esercito come allievo ufficiale di complemento presso la Scuola di Palermo e, l’anno successivo, viene promosso Aspirante. Assegnato al 21º Reggimento Fanteria della Divisione "Cremona", dopo la nomina a Sottotenente viene inviato alla Scuola di Sanità Militare di Firenze per l’inquadramento del battaglione allievi. Congedato nel 1937 nel  1939 viene richiamato nel suo 21º Reggimento Fanteria della Divisione "Cremona  dove presterà servizio per tutta la durata della seconda guerra mondiale. Nel gennaio del 1940 ottenne la promozione  al grado di Tenente, nel gennaio del 1942 quella a Capitano e dal 1943 ha il comando della 3ª compagnia fucilieri.
L'8 settembre 1943, trova Giorgi  in servizio in Corsica, dove la gloriosa “Cremona” del generale Clemente Primieri, come del resto tutte le altre forze italiane  stanziate nell’Isola (fra esse la Div. Friuli) facenti  del VII comando corpo d'armata guidato dal gen. Giovanni Magli, al contrario di quanto generalmente accadde, non si squagliò, ma sconfisse le truppe tedesche costringendo i superstiti a riparare nel Continente .
Dopo che la “Cremona” fu poi trasferita a presidiare la Sardegna, mentre il grosso della Divisione rimaneva nell’Isola, il capitano Giorgi fece parte di alcuni reparti della grande unità che invece vennero inviati in Continente nelle zone già liberate dell'Italia meridionale e che poi, a fianco degli Alleati,  presero parte ai inquadrati nel CIL a combattimenti  nel settore adriatico. E’ una vicenda ben descritta dall’ufficiale pistoiese Alberto Bogiovanni, anche lui del “Cremona” nel suo bel libro La guerra in casa.   
Giorgi, risalita la penisola alla testa della sua Compagnia, quando,  nell'estate del 1944 la   Div. "Cremona" nel suo insieme ristrutturata, addestrata ed equipaggiata  dai britannici, rientrò con gli altri reparti  distaccati nel CIL nei ranghi della alla Grande unità d’appartenenza  ora denominata ( al pari delle divisioni “Friuli”, “Legnano” “Folgore”, Mantova” e “Piceno”) “Gruppo di combattimento” inviato al fronteo nella zona adriatica della Linea Gotica
Il capitano nel marzo del 1945 in qualità di comandante della 3ª Compagnia nel suo ricostituito 21º Reggimento Fanteria, prese parte attiva alle operazioni belliche “Cremona”, sul  fronte del basso Senio nella zona di Comacchio operando all'estrema destra dell'VIII Armata britannica.
Fu proprio in questa circostanza che Giorgi si guadagnò la prima Medaglia d'Oro:  incaricato di eliminare un caposaldo tedesco difeso da reticolati e campi minati, con l’aiuto di due soli fanti offertisi volontari, lo attaccò a colpi di bombe a mano e riuscì a neutralizzarlo prendendo anche diciannove prigionieri.
Nel corso dell'azione, quando il suo reparto, che poi l'aveva raggiunto, aveva preso posizione sotto il fuoco d’artiglieria della sopraggiunta reazione tedesca, Giorgi si gettò allo scoperto sotto i colpi nemici per salvare due suoi soldati, rimasti bloccati tra le macerie di una postazione, riuscendo a portarli entro le linee amiche. La notte seguente, saputo che un soldato di un altro reparto, del quale in questo caso conosciamo il nome, (si trattava infatti del soldato  ternano Menotti Conti, operaio comunista già partigiano della “Brigata Gramsci” e poi, come tanti ex-partigiani dell’Italia centrale dopo il passaggio del fronte, volontario nel  "Cremona"), si trovava gravemente ferito in un campo minato, dove nessuno aveva osato avventurarsi. Luigi Giorgi lo raggiunse strisciando e  palmo a palmo tastando a il terreno  riuscì, dopo un'ora di sforzi, a portarlo in salvo.  
Leggiamo qui quanto di ciò poi ricordò il ten. del Cremona Ugo Maizoni: “La notte del 3 marzo 1945 a Chivica Pedone. Il giorno precedente il Cap. Luigi Giorgi, comandante della 3' Compagnia del 21' Reggimento Fanteria "Cremona " incaricato di compiere una azione dimostrativa lungo l'argine del fiume Reno, aveva compiuto una impresa memorabile. Dopo aver fatto fermare il suo reparto per evitargli perdite, da solo si era lanciato contro il caposaldo di Chiavica Pedone e aveva costretto alla resa 19 tedeschi facendoli prigionieri… Si era fatto buio, ma la reazione tedesca non si esauriva. Occorreva tenere la posizione resistendo ai contrattacchi nemici. Particolarmente insistente l'artiglieria che metodicamente, a brevi intervalli scagliava granate contro le nostre postazioni di fortuna: un vero e proprio tiro al bersaglio. .. il Cap. Giorgi… pur non essendo direttamente impegnato nell'azione, era rimasto nelle immediate vicinanze del nostro avamposto. Gli era quindi giunta notizia che grida di soccorso provenivano da un campo minato dove qualcuno doveva essere finito nel tentativo di allontanarsi dalla zona più battuta dall'artiglieria nemica.
Nella notte fonda, strisciando sul terreno e facendosi scudo davanti con il fondo di una sedia era riuscito a rag­giungere il povero soldato, che aveva perduto una gamba ma che stoicamente resisteva al dolore e lo aveva tratto in salvo evitando che morisse dissanguato. Voglio ricordare che per questa azione e per la precedente il Cap. Giorgi si meritava la medaglia d'oro sul campo, che gli veniva consegnata personal­mente a Ravenna dal Maresciallo Alexander. Voglio anche ricordare che il soldato ferito era Menotti Conti della 9' Compagnia, il partigiano che oggi [1979] Terni e Marmore si accingono a onorare degnamente…... Una notte, un episodio tra i tanti con tre uomini protagonisti; un partigiano-soldato di Terni, un fante sardo, un ufficiale di Carrara; tre italiani che si erano un giorno trovati assieme e assieme si erano battuti per respingere la sopraffazione e per affermare un ideale di libertà; l'emblema di una Italia che voleva risorgere!”
Qui Giorgi ebbe quindi la sua prima Medaglia d’Oro con la seguente motivazione ufficiale: «Comandante di compagnia all’attacco di un forte caposaldo nemico difeso da reticolati e campi minati, seguito da due soli fanti, volontariamente offertisi, si portava in pieno giorno a breve distanza dalla posizione avversaria. Lasciati indietro i due fanti, dopo avere guadato un braccio d’acqua, irrompeva sul caposaldo ancora battuto dalla nostra artiglieria e, con lancio di bombe a mano, seminava il panico fra i difensori, che si arrendevano in numero di 19. Raggiunto da un suo plotone completava l’occupazione del caposaldo e, sotto l’infuriare del rabbioso e micidiale fuoco di repressione, incurante della propria vita, allo scoperto, estraeva dalle macerie di una postazione colpita due suoi fanti rimasti sepolti, sottraendoli a sicura morte. La notte seguente, venuto a conoscenza che un fante di altro reparto trovavasi gravemente ferito in un campo minato, là dove nessuno aveva osato recargli soccorso prima di neutralizzare le mine, da solo strisciando sul terreno e tastandolo palmo a palmo, dopo oltre un’ora di estenuante sforzo, riusciva a trarlo in salvo. Splendido esempio di virtù guerriere di nostra gente e di generoso altruismo. Chiavica Pedone (RA), 2-3 marzo 1945»
Passò poco più di un mese e nella prima decina di aprile un’ ampia offensiva alleata alla quale parteciparono anche le Divisioni (Gruppi di Combattimento) italiane “Cremona”, “Friuli”, “Legnano” e Folgore” portò al cedimento definitivo delle difese nazifasciste  in tutto il Nord Italia. Tra il 10 ed il 13 aprile il gruppo “Cremona” prendendo quindi ampia parte all’ “Operazione Sonia”, sfondò il fronte sul basso Senio ed avanzò per liberare Fusignano ed Alfonsine, superando poi il Santerno. Nel corso dell’offensiva che porterà la Divisione italiana a liberare Venezia,  il giovane capitano del “Cremona” fu protagonista di un'altra audacissima impresa: alla testa di un piccolo gruppo di suoi coraggiosi soldati attaccò una grossa colonna di automezzi tedeschi che cercava di ripiegare e  riuscì a bloccarla, catturando anche ottanta prigionieri e impossessandosi di molti camion e di una ingente quantità di armi e munizioni.
Tra il 26 e il 27 aprile, pochi giorni prima della fine della guerra, Giorgi ancora fu protagonista di un'altra generosa azione: in località Croce di Cavarzere, proprio nel corso di un contrattacco nemico, quando  incurante delle bombe, cercò di  liberare due dei suoi soldati dalle macerie di una postazione distrutta.
Ma questa volta la fortuna che spesso aiuta i generosi e gli audaci lo abbandonò definitivamente: gravemente ferito venne ricoverato nel 66º Ospedale da campo inglese situato a Ferrara, e morì fra la disperazione dei suoi uomini, due settimane dopo, proprio in quel fatidico il 7 maggio 1945 in cui la Germania nazista firmava la resa incondizionata. 
Alla sua memoria, oltre alla "Silver Star” conferitagli dagli americani "per eccezionali atti di valore", gli venne assegnata la seconda Medaglia d'Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:  
«Nelle giornate della grande offensiva di primavera condotta in Italia dalle Armate Alleate ripeteva con lo stesso ardire e lo stesso stile altre imprese non inferiori a quelle che già gli avevano procurata la concessione di una Medaglia d’Oro. Nell’ultima di queste, alla testa di un gruppo di animosi, attaccava con irruenza una colonna dì automezzi che tentava il ripiegamento e la disperdeva a colpi di PIAT e di bombe a mano catturando 80 prigionieri, numerosi automezzi, rilevante numero di armi e munizioni.
Sempre alla testa dei suoi fanti riportava poi una grave ferita che poi lo conduceva a morte. Spirava serenamente col pensiero rivolto alla famiglia ed alla Patria nella luminosa soddisfazione di avere compiuto con piena coscienza ed assoluta modestia il suo dovere di soldato e di italiano, per il quale la concessione della prima Medaglia d’Oro non era stato un punto di arrivo, ma un punto d’onore per fare ancora di più e sempre meglio, come effettivamente ha fatto.  Senio, Santerno, Po, La Croce di Cavarzere, 10-26 aprile 1945».
  
Ricordando...grazie Capitano!

                                                      
                          
                              
                      Carlo Onofrio Gori     







Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore  e della fonte da cui è tratto.








                          Per vedere le "ultime" dell'altro mio blog "attivo" vd.:

http://goriblogstoria360.blogspot.it/2013/03/in-memoria-di-hugo-chavezcon-lo-pobres.html

http://goriblogstoria360.blogspot.it/2013/03/co-gori-politica-il-successo-del.html


giovedì 7 febbraio 2013

Carlo Onofrio Gori. Il "Biennio rosso"1919-1920 a Pistoia


Il “calmiere Lavarini” durante il "Biennio Rosso" 1919-20. Le giornate pistoiesi ripercorse attraverso i giornali di allora

«OPERAI!! “Su fratelli, su compagni, Su venite in fitte schiere, Al DUILIO c’è il Calmiere , che il risparmio vi darà.” Il Vero Calmiere è l’EMPORIO DUILIO PISTOIA – FRATELLI LAVARINI – PISTOIA Porta Vecchia – Sotto la Torre – Centro della Città».
Questa pubblicità, ammiccando all’Inno dei lavoratori, campeggiava nei primi mesi del 1919 in quarta di copertina di due giornali cittadini “Il Popolo pistoiese”, liberale, e la cattolica “Difesa del popolo”, in realtà la pubblicità Lavarini compariva anche sul socialista “Avvenire”, ma in forma opportunamente diversa. Il grande Emporio Lavarini, sovrastato dalla torre della Porta Vecchia graziosamente trasformata in stile liberty nel 1899 da Giacomo Lavarini ed oggi “smussata” ed “anonima”, era all’angolo fra via degli Orafi e l’odierna  via Buozzi, dove al suo posto c’è attualmente una profumeria.
Il proprietario Antonio Lavarini forse non pensava che dopo pochi mesi dopo, il 4 luglio 1919, nel corso dello sciopero generale contro il carovita i lavoratori sarebbero entrati davvero in “fitte schiere” nell’emporio, la merce asportata, rubata, gettata alla rinfusa per la strada, la casa sovrastante perquisita. Evidentemente, in attesa degli effetti del “vero” calmiere ottenuto dalle agitazioni di quei giorni, il “calmiere-Lavarini” non aveva soddisfatto le categorie a reddito fisso, le più colpite dalla svalutazione della lira e dall’aumento dei costo della vita seguite alla ristrutturazione economica post-bellica.
I saccheggi dei negozi del Lavarini (che poi aderirà al fascismo) e del Galigani, furono tuttavia gli unici che si ebbero in città. Quegli esercizi commerciali erano stati presi di mira perché non si erano cautelati, come avevano fatto altri esercenti, portando le chiavi alla Camera del Lavoro, che praticamente aveva assunto il potere, ed erano quindi privi del relativo sindacale “cartellino di riconoscimento”.
In effetti il cosidetto “biennio rosso”, dai moti contro il caro-viveri della primavera del 1919 all’occupazione delle fabbriche del 1920, per estensione geografica e per il coinvolgimento di tutte le classi sociali, per la profonda volontà di cambiamento, rappresenta indubbiamente uno dei momenti di più alta tensione sociale che si siano avuti in Italia.
Le masse, letteralmente affamate ed esasperate contro gli speculatori molti dei quali durante la Grande Guerra 1915-18 avevano accumulato fortune enormi, occupano prepotentemente non solo i negozi, le fabbriche ed i campi, ma anche la scena politica, anche se ciò non si tradurrà poi in effettiva presa del potere.
A Pistoia, come nel resto d’Italia, questo elemento di novità sarà sancito dalle elezioni politiche del novembre 1919, le prime a suffragio universale maschile e col sistema proporzionale, che vedranno trionfare i socialisti seguiti dai cattolici del neonato Partito Popolare Italiano, tali risultati verranno in sede locale confermati dai socialisti pistoiesi, con la conquista della maggioranza assoluta, nelle elezioni amministrative dell' ottobre 1920.
Di tutto ciò si hanno vari echi sulla stampa locale.
Iniziamo dai democratici pistoiesi (repubblicani, socialisti riformisti, massoni, Fratellanza artigiana) eredi della gloriosa tradizione della sinistra risorgimentale mazziniana e garibaldina, che a Pistoia pubblicavano la “Voce del popolo” (17.5.1919-15.11.1919; sottotitolo: organo della democrazia pistoiese, direttore Filippo Civinini);  anticlericalismo e antibolscevismo erano i leit motiv del giornale, sorto in vista delle elezioni  del 1919 nelle quali i democratici finirono per perdere il tradizionale ruolo di punto contatto fra  borghesia progressista e masse popolari.
“L’Avvenire”, organo socialista settimanale del Circondario di Pistoia (7.7. 1901-22.7.1922, resp. Ugo Trinci, poi Pietro Querci) rispecchia negli articoli e nelle prese di posizione sugli avvenimenti, le divisioni che allora laceravano il Partito Socialista che, pur esaltando la rivoluzione leninista ("fare come in Russia" era lo slogan più gridato) e sostenendo le agitazioni e gli scioperi, non riuscirà a darsi obiettivi politici intermedi, a creare decisive alleanze, né in senso riformista, né in senso rivoluzionario, con i mezzadri e i contadini, fortemente influenzati dai cattolici, e con le classi intermedie (maestri e impiegati, piccoli commercianti, reduci, ecc.).
Fra i socialisti pistoiesi finiva per prevalere la corrente massimalista, il cui leader era a livello nazionale Giacinto Menotti Serrati, raggruppamento spesso verbale e inconcludente, che auspicava la dittatura proletaria, deterministicamente ritenuta “immancabile”, e che , ad esempio, vedeva nelle elezioni soltanto “un mezzo per agitare le masse, per elevarne la temperatura rivoluzionaria” (“L'Avvenire” 25.10.1919). Seguivano per importanza nei consensi interni al partito, la corrente comunista astensionista, ispirata da Amedeo Bordiga (poi primo fondatore nel 1921 del Partito Comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista di Lenin), particolarmente forte nella sezione di Capostrada e fra i giovani socialisti, seguiti dai comunisti ordinovisti, ispirati dalle tesi del foglio del gruppo gramsciano dell’“Ordine nuovo” di Torino, ed attivi in particolare a San Marcello sotto la guida di Savonarola Signori, poi dirigente del PCI, mentre infine, nell’ambito sindacale socialista, la Camera del Lavoro pistoiese, guidata da Alberto Argentieri, era la roccaforte dei riformisti (che si riferivano alle posizioni dei leaders nazionali Turati, Treves e Prampolini) rimasti nel partito socialista (nel 1912 al Congresso socialista di Reggio Emilia, Mussolini, capo della sinistra del partito aveva fatto espellere gli altri leader riformisti Bonomi, Cabrini e Bissolati) e costretti sovente “mimetizzarsi” verso gli iscritti con il linguaggio massimalista che allora andava decisamente per la maggiore.
Pungolava "da sinistra" “L'Avvenire”, il periodico anarchico pistoiese “Iconoclasta!” (23.4.1919-1.1.1920, resp. Gino Silvestri, poi Agostino Puccini) che sui fatti del 4 luglio 1919 uscì con un articolo dal titolo significativo "Esaltiamo la teppa" (Iconoclasta! 24.20.1919).
La voce del mondo cattolico era la “Difesa religiosa e sociale” ( 2.2.1896 - 27.12.1919, resp. Michele Regolini) e sostituita dal 15 gennaio 1920 da “La Bandiera del popolo” (chiusa nel 1925) già supplemento del precedente, espressione del Partito Popolare entrato ufficialmente nella vita politica anche per contendere ai socialisti il consenso delle masse.
La storiografia italiana ha spesso criticato l’anticlericalismo dei socialisti, ma occorre ricordare che uno dei motivi ricorrenti della maggioranza dei giornali cattolici italiani era un viscerale antibolscevismo. La stampa cattolica contando sulla rete delle parrocchie e sul sostegno delle casse rurali, si rivolgeva essenzialmente ai contadini ed alla piccola borghesia nella difesa dei tradizionali valori cattolici, famiglia, religione e nella richiesta di moderate riforme sociali ispirate al principio della collaborazione fra capitale e lavoro.
All’attenta lettura di queste pubblicazioni di quel tempo, risaltano evidenti le contraddizioni fra l’anima conservatrice del partito cattolico e quella popolare.
Ad esempio a proposito del sindacalista cattolico delle “leghe bianche”, il cremonese Guido Miglioli (poi leader della sinistra cattolica e nel secondo dopoguerra esponente del PCI), noto a livello nazionale per il suo slogan “la terra ai contadini” e in questo periodo spesso presente anche a Pistoia, i "conservatori-cattolici" pistoiesi puntano l'indice contro “…l’eccesso del  rivoluzionarismo tendente ad ottenere il predominio di una classe a discapito dei diritti di tutte le altre, che l’on. Miglioli co’ suoi scarsi seguaci sembra essersi preso l’arduo incarico di tenere a battesimo” ("Difesa" 21.6.1919), mentre invece i "cattolici-popolari" scrivono “… le idee dell’on. Miglioli in fatto di riforme agrarie, così malamente e moncamente riferite dalla stampa, enunziate dalla sua voce e svolte nel suo ragionamento appariscono lucide e chiare se pure talvolta di concezione ardita. E sopra tutto impressiona lo spirito intimamente cristiano al quale egli informa il suo dire…” ("Bandiera" 15.1.1920).
A fronte delle solide, diffuse ed articolate strutture partitiche popolari, socialiste o cattoliche, alle elezioni del 1919 invece si ridimensionano fin quasi a sparire , i liberal-conservatori e i democratico-borghesi, sintomo della crisi profonda del vecchio sistema politico fondato sul prestigio personale, sui comitati elettorali e sulle pratiche clientelari (detto per inciso un sistema che oggi sembra, mutatis mutandis, sostanzialmente tornato in auge in Italia dopo la fine della “prima repubblica”). Queste, non a caso, erano state le forze più nettamente interventiste e nel territorio pistoiese avevano, tra gli altri, un illustre rappresentante nel fiorentino-monsummanese Ferdinando Martini, già ministro e bocciato in quello tornata elettorale (vd. ) .
Il Popolo pistoiese (18.6. 1881 – 24.12.1926, resp. nel 1919 Carlo Susini ) era la voce del Partito Liberale, un partito “leggero”, si direbbe oggi, e  una forza rappresentativa della proprietà terriera conservatrice che fin dal 1860 fino al 1919, a volte alleandosi con la destra cattolica, domina la scena politica locale. Nel 1919 viene eletto in queste file il giovane e brillante proprietario terriero ex-combattente avv. Dino Philipson, il cui nome era curiosamente storpiato dai popolani in “Filìssone”, che sarà poi uno dei fondatori del fascismo pistoiese. Questo non a caso, poiché di fronte ai moti popolari alle agitazioni contadine all’occupazione delle fabbriche, già nel 1919-20 nel pistoiese, si incominciano a formare in ambiente monarchico-liberale, sotto l’impulso di  agrari e industriali locali, “fasci” di “forze d’ordine” che raccoglieranno adesioni di forze socialmente e politicamente eterogenee, noto il caso del transfuga socialista Ildebrando Targioni più volte ospitato sulle colonne del "Popolo", comunque di estrazione interventista, unite nella lotta al “disordine” ed al bolscevismo. Andranno a costituire la base di massa del mussoliniano neonato movimento fascista, che, ricordiamolo, nel 1919 a livello nazionale otterrà solo poche migliaia di voti.



                 


                         Carlo Onofrio Gori  







Originale del mio articolo comparso con lo stesso tit., ma in forma ridotta, sulla rivista  "Microstoria", n. 11 (mag. 2000)


Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore

Necessario "avviso ai naviganti": anonimi estensori della voce "Storia di Pistoia" su Wikipedia, hanno dal 2007 in poi ampiamente "saccheggiato", inserendoli pari-pari e senza virgolette in quella pagina (ed in particolare nei capitoli "La genesi", "La marcia su Roma" e "Gli irriducibili della Valtellina"), questi miei articoli sul fascismo pistoiese precedentemente comparsi sulla rivista "Microstoria": Carlo O. Gori, Figure del fascismo pistoiese. Una città che non seppe esprimere figure forti in "Microstoria", n. 16 (mar.-apr. 2001); Carlo O. Gori, La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana, in "Microstoria",  n. 25 (set.-ott. 2002); Carlo O. Gori, Gli irriducibili fascisti pistoiesi della Valtellina. Le vicende di Giorgio Pisanò e degli altri fedelissimi del regime, in "Microstoria", n. 33 (gen.-feb. 2004) e successivamente riprodotti da me stesso sui miei siti web (marivan xoomer virgilio) e blog (historiablogori.splinder.it e goriblogstoria.blogspot.com). 
Li ringrazio per la fiducia accordatami, ma purtroppo l'hanno fatto senza citare o nelle note o in bibliografia le fonti, che poi sarebbero il sottoscritto, la rivista o i blog da cui essi li hanno tratti. 
Spero vivamente che venga posto rimedio a quell'omissione delle fonti ed anche che non accada in futuro con questo articolo (per il resto come sempre nelle dovute e corrette forme citabilissimo, ovviamente da parte di coloro ai quali piace) che ai suddetti anonimi estensori Wikipedia "Storia di Pistoia" servirebbe parzialmente a "coprire" il periodo precedente a quelli da loro presi in esame. 














Franco AielloPaolo CerretiniMaria Lorello e altri  (Fabio Panerai, Emiliano Nappini, Gianluca Camillo,Giordano Bonciani, Federico Gorbi, Adriana Bonaconsa, Lucia Antico, Chiara Corsini) piace questo elemento.

                                                            

mercoledì 6 febbraio 2013

Carlo Onofrio Gori. Elenco cronologico pubblicazioni monografiche

Monografie che ho finora pubblicato 

Dopo l'elenco dei miei articoli su riviste (vd. link sotto) posto ora quello, ancora incompleto, delle monografie (libri e opuscoli) che ho finora pubblicato, o che ho curato o alle quali ho collaborato: 


AA.VV., Progetto Jules Verne, Pistoia, 1979; Carlo O. Gori (a cura di), Catalogo dei periodici della Biblioteca del Centro di Documentazione, Pistoia 1983; Carlo O. Gori (a cura di), Per la pace, Pistoia 1986; Carlo O. Gori (a cura di), Per l’ambiente, Pistoia 1987; AA.VV., Le riviste della contestazione 1967-1969. Catalogo della Mostra, Pistoia, 1989; Carlo O. Gori (a cura di), Nelson Mandela, Pistoia 1989; A. Mangano [schede di Carlo Onofrio et al.], Le culture del Sessantotto, Brescia 1989; Carlo O. Gori, Le riviste del Sessantotto: schede 1967-1969, Pistoia 1990; Carlo O. Gori, Politica e movimenti: 1966-1996, Pistoia 1997; Carlo O. Gori, Le riviste della contestazione 1967-1969, Pistoia 1989; Le culture del Sessantotto: gli anni sessanta, le riviste, il movimento, Brescia 1989; Il bombardamento aereo di Pistoia del 24 ottobre 1943, Pistoia 1995; Carlo O. Gori, Guida ai monumenti della memoria, Pistoia 1995; A. Mangano-A. Schina (a Cura di G. Lima, schede di  Carlo O. Gori, L. Innocenti, A. Mangano), Le culture del Sessantotto, Bolsena 1989; A. Mangano (schede di Carlo Onofrio Gori et al.), AA.VV., Le riviste degli anni Settanta: gruppi, movimenti e conflitti sociali, Bolsena 1998; Carlo O. Gori, Biobibliografia di Giuseppe Civinini, Pistoia, 2000; Carlo O. Gori (a cura di), Giuseppe Giusti poeta dantesco. Bibliografia di Giuseppe Giusti, Pistoia, 2000; Carlo O. Gori (a cura di), Bibliografia Pistoia e Territorio 1922-1944: fascismo, antifascismo, resistenza. Libri e periodici Biblioteca C. Forteguerriana, Pistoia, 2001; Carlo Onofrio Gori, Leggere fa bene. Proposte di lettura, Pistoia, 2001; Carlo Onofrio Gori, Biobibliografia di Ferdinando Martini, Pistoia, 2002; Carlo O. Gori (a cura di), Resistenza nazionale e locale: apologia o libera ricerca. Le Fonti ed i metodi della ricerca storica, Pistoia 2003; Carlo Onofrio Gori, La CNA e gli imprenditori artigiani. Documenti e appunti per una storia pistoiese, Pistoia, 2003; Carlo O. Gori, Pistoia e dintorni fra Ottocento e Novecento: fatti, personaggi, monumenti nel territorio fra Pistoia, Prato e Firenze. Raccolta di articoli, Pistoia 2003; Carlo O. Gori, Resistenza e Liberazione 1943-1945. Diciotto percorsi di lettura e fruizione multimediale, Pistoia 2004-2005, Carlo Onofrio Gori-Andrea Ottanelli, In onore di Policarpo Petrocchi, Prato -Pistoia, 2005; Carlo Onofrio Gori, Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia (2. ed.), Pistoia 2005; Carlo Onofrio Gori (a cura di), I periodici della Biblioteca Forteguerriana, Pistoia, 2005, Carlo Onofrio Gori, Ungheria 1956, Pistoia, 2006; Carlo Onofrio Gori-Luigi Angeli-Laura Dominici, Personaggi pistoiesi del Risorgimento, Pistoia, 2011; Giampaolo Aiuti-Luigi Angeli-Carlo Onofrio Gori, Destini incrociati. Italia e Francia nella Seconda Guerra d'Indipendenza, Pistoia 2011; Carlo Onofrio Gori, I contributi dei pistoiesi al primo e al secondo Risorgimento. Catalogo della Mostra iconografica a cura di Carlo Onofrio Gori, Luigi Angeli e Giuliano Giovannelli, Pistoia 2012-2013 (in corso di stampa).

                                                                                                                                           

                                                                            COG

per articoli su periodici vedi:


http://goriblogstoria.blogspot.it/2012/01/miei-articoli-su-microstoria-per-gli.html


http://goriblogstoria.blogspot.it/2011/12/carlo-onofrio-gori-risorgimento-e.html



Carlo Onofrio Gori. Statistica blog