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venerdì 31 maggio 2013

C.O. Gori. Resistenza e Liberazione. Firenze: la Brigata Ebraica e i partigiani volontari nel nuovo Esercito italiano

Firenze: la Brigata Ebraica e i partigiani volontari nel nuovo Esercito italiano

Pubblico qui, dopo averlo fatto sul gruppo Facebook "Vecchia Firenze mia", un paio di foto che sono su quel sito sono state ben apprezzate.
Testo della didascalia: " Firenze, marzo 1945. 2. Camion della Brigata Ebraica dell'Esercito Britannico trasportano gli ex-partigiani della Brigata Arno-Potente che, volontari, vanno ad arruolarsi nelle 4 divisioni del ricostituito esercito italiano (Gruppi di Combattimento: Cremona, Friuli, Legnano, Folgore) che sulla Linea Gotica-Fronte del Senio combattono a fianco degli Alleati." Tornerò a parlare della Brigata Ebraica sull'altro mio blog Goriblostoria360, in quanto ai volontari toscani, in maggior parte ex-partigiani, che inseriti  nei Gruppi di Combattimento (divisioni) italiani combatterono, insieme ad altri delle regioni già liberate, al fronte fino alla definitiva liberazione del Paese dal nazi-fascismo, ne ho già scritto (anche se non escludo di farlo ulteriormente) e segnalo qui in fondo i link.

    
             
                                                          



                                            COG
























ecc.

martedì 28 maggio 2013

C.O. Gori. A Pistoia giovedì 30 maggio alle ore 17 presso la libreria LoSpaziodiviadell'Ospizio presentazione di Zibaldone Moscovita di Renato Risaliti

Zibaldone Moscovita. Introduzione

Questo volume è il diario nudo e crudo di una catastrofe annunciata, «la più grande tragedia del XX secolo», con un bilancio minimo di morti di fame, inedia, disperati suicidi, di almeno venti milioni
di persone, scomparsi per risuscitare il cadavere del capitalismo russo  fra gli evviva entusiasti dell' Occidente trionfante.
L'Occidente pensava di aver sotterrato «il comunismo» o quello che si credeva tale e invece contribuiva alla (ri)nascita di un "mostro", quello russo, che lo aveva tormentato per almeno due secoli nel vecchio mondo ...
Ma si sa che le vie del Signore sono imperscrutabili ... Nel 1991, nel mese di giugno, fui invitato a Carrara a tenere una conferenza sull'Unione Sovietica dalla locale associazione Italia-URSS.
Quando entrai nella sala, la trovai piena di gente e in prima fila sedeva un gruppo di operai in tuta. Il presidente dell' Associazione mi invitò a parlare. lo esordii con queste parole: «Amici e cittadini,
quando si parla di URSS tutti pensano che sia un monolite. Niente di  più falso! Esistono più differenze fra un estone e un azerbajgiano che fra uno svedese e un siciliano!» Non l'avessi mai detto. Subito un operaio in tuta alzò la mano e disse: «Mozione d'ordine». «Bene - fece la presidente - di che si tratta?». «Vorrei sapere, incalzò l'operaio in tuta, chi è che ha chiamato a parlare dell'URSS quest'elemento antisovietico?». Un vero fulmine a ciel sereno. Parapiglia in sala, poi prevalse la tesi che mi lasciassero proseguire, bontà loro!
Quell' operaio, in buona fede, ma disinformato, non immaginava che l'URSS, nel giugno 1991, stava per crollare sotto il peso delle proprie contraddizioni e di un contrasto politico che era impersonato da due dirigenti statali, che si chiamavano Gorbacev (presidente dell'URSS) e El'cin (presidente della Russia).
In verità si trattava di una falsa alternativa, nel senso che ambedue, forse senza rendersi conto di tutte le implicazioni vicine e lontane, volevano la fine dell'Unità dell'Unione Sovietica.
A dire la verità, chi teorizzò per primo la fine dell'URSS fu Gorbačëv, quando inopinatamente inventò la favola della «casa comune europea» che era uno schiaffo a tutta la tradizione storico-culturale della Russia, per non parlare dei popoli di tradizione islamista dell'Asia Centrale e in parte del Caucaso.
El'cin, da bravo speculatore, si gettò con foga nella breccia ideale e culturale aperta dal suo avversario politico e rincarò la dose secessionista invitando tutte le repubbliche a prendersi tanta indipendenza quanto pareva loro necessario. A questo punto l'URSS si era trasformata in una specie di torre di Babele. E non solo l'URSS, ma anche la Russia e molte altre repubbliche sovietiche. Gli errori politici economici di Gorbačëv resero la fine dell'URSS un processo quasi scontato, l'unico a non capirlo fu proprio lui, il primo e ultimo presidente dell'URSS. Gorbačëv l'ultimo depositario del potere giacobino dei bolscevichi, non ebbe mai il coraggio di fare quello che il “democratico” un po' canagliesco El'cin ebbe il coraggio di fare col Parlamento: l'uso della forza!
El'cin, quando ritenne giunto il momento, usò la forza più brutale contro i suoi avversari politici in modo oculato con l'uso dei corpi speciali dell' esercito e dei civili volontari preparati nel più segreto, con l'uso di granate perforanti multiple dotate di gas. Migliaia a furono i difensori del parlamento il 4 ottobre 1993. Solo il corrispondente del “Corriere della sera”, Valentino, ebbe il coraggio parlarne un po'! .. Ma poi fu trasferito in ... Germania! Perché imparasse la lezione!
La permanenza nella Russia in trasformazione è avvenuta in due diversi momenti del 1993, in un periodo di grandi trasformazioni economiche, sociali, culturali non sempre positive. Nel corso di poco tempo cadde tutta la struttura economica  sovietica creata nel corso dei decenni precedenti. Il piano dei 500 giorni si trasformò in un arraffa-arraffa fra più proprietà e più beni che si poteva da parte della cosiddetta "nomenclatura" che di punto in bianco cambiò pelle e si scoprì dedita al business più sfrenato e sfrontato.
Fu inventato il sistema dei voucher che valevano 10.000 rubli essendo stato "calcolato" che la ricchezza complessiva della Russia era di 150 miliardi di rubli. Ogni persona aveva diritto ad un voucher di 10.000 rubli. I voucher furono snobbati dalla massa della popolazione e quindi il loro corso cadde fino a circa il 40% del loro valore. I grandi commis di stato ne fecero incetta senza spendere molto perché avevano in mano le casse delle fabbriche e le banche. Una volta che questa incetta fu realizzata fu attuato l' adeguamento dei prezzi delle merci a quelli occidentali, cioè una rivalutazione di mille volte, mentre i salari rimanevano gli stessi. Di punto in bianco milioni di persone guadagnavano mille volte meno. Non solo! Ma le fabbriche e gli uffici non pagarono più per alcuni anni i loro dipendenti.
Le case di cura e riposo, gli ospedali, le scuole, gli asili nido non ricevettero più i finanziamenti. In questa condizione di disastro generale furono annunciate le privatizzazioni, da cui furono esclusi gli stranieri e i cittadini russi senza vaucher.
La svendita di tutto l'apparato industriale e commerciale divenne un gioco da ragazzi per la nomenclatura sovietica. Alla gente comune furono date le briciole, cioè le case, spesso obsolete e fatiscenti, in cui abitavano a condizione che ne facessero richiesta scritta. Molti si rifiutarono di farlo e non pochi si videro gettati fuori dalla casa in cui avevano sempre abitato.
Il dramma sociale provocò una crisi demografica senza precedenti  nel mondo moderno. Milioni di persone videro distrutte le aspettative di vita e morirono silenziosamente di fame, inedia o si suicidarono.
Molti bambini furono venduti all'estero, pardon, adottati. Trecentomila scienziati emigrarono nei paesi capitalistici, dove si sono rifatti una vita.
La popolazione russa, malgrado tutta l'immigrazione, dall' Asia centrale, di 15 milioni di persone, è scesa da 150 a 142 milioni. Una perdita secca di circa 20 milioni di persone. Neanche le purghe di Stalin avevano provocato tanto sfacelo.
Nel mio diario registro l'andamento dei prezzi e l'ondata dei cambiamenti. Nel frattempo, lavoro all'Archivio del Komintern per studiare il lascito di Gramsci e Togliatti.
Quel ritorno a Mosca nel 1993, anzi quei ritorni, perché sono diverse permanenze nella capitale russa ex sovietica all'indomani della disgregazione dell'impero sovietico e della stessa URSS, mi
proiettarono in una esperienza nuova, ma in un certo senso fu una esperienza di ritorno, perché nel 1943 avevo già assistito alla caduta di un regime, quello fascista, che voleva essere millenario, e di uno stato, quello italiano, che non aveva che 80 anni.
L'avevo vista e vissuta - quella - con i miei occhi di bambino ora invece vedevo concretamente con sguardo adulto la rovina di un regime, quello sovietico, che voleva essere eterno, e di uno stato che
aveva poco più di 70 anni.
I due regimi erano caduti per due ragioni diverse: il regime fascista a causa di una sconfitta militare, quello sovietico per implosione interna. I suoi dirigenti, alla prova dei fatti, non erano riusciti a riformarlo, vittime consapevoli  e sacrificali di infinite contraddizioni. Nel mio diario giornaliero documento i conflitti finanziari, miei, sociali, nazionali, culturali che lo avevano portato alla rovina. Il mio diario lo chiamo, non a caso, Zibaldone, perché nelle mie analisi tengo ben presente la crisi che negli stessi anni viveva L ‘Italia era una crisi che aveva molte analogie con la coeva crisi sovietica e  russa E se le mie giornate spesso trascorrevano nell'archivio del Comintern non era un caso, ma una scelta precisa: perché dopo il crollo del regime sovietico gli archivi del partito comunista sovietico e dell'Internazionale comunista potevano essere visti senza alcun filtro o censura, a differenza di quanto mi era capitato negli anni di studio all'Università Statale Lomonosov di Mosca. Era improvvisamente la manna dal cielo, la situazione che avevo sempre sognato. Purtroppo se avevo le «aperture» per accedervi, non avevo soldi per acquistare i documenti, come hanno fatto altri, compresi certi italiani che . questi denari li avevano. Costoro hanno acquistato pezzi d'archivio a caro prezzo da alcuni archivisti che poi si sono fatti una solida posizione sociale negli USA.
Questi documenti potrebbero rivelare, se conosciuti, alcuni lati inconcepibili per non pochi dirigenti politici italiani, ma anche di tanti altri paesi, nel secondo dopoguerra. Forse questi documenti, che ho potuto vedere, compariranno fra qualche decennio, quando diventeranno simili ai reperti di Hammurabi per noi uomini del XXI secolo.
Non si può escludere, però, che altre catastrofi sociali non li distruggano. Una parte dei documenti che rinvenni a Mosca, nell'archivio del Komintren, li ho già pubblicati diciassette anni fa nel mio Togliatti fra Gramsci e Nečaev anticipo di tutti i documenti di varia natura che avevo copiato a Mosca senza aver chiesto di fotocopiarli per mantenere il segreto di quello che avevo trovato.
Infatti, via via che guardavo le varie filze, venivano a chiedermi se avevo trovato qualcosa di interessante; io mi schermivo dicendo: «sono le solite cose».
Poi fui preso da tutta una serie di altre ricerche, che mi allontanarono dalla realizzazione del programma originario. I nuovi progetti  furono inframezzati da momenti di difficoltà con la mia salute e da altre questioni. Solo oggi, dopo quasi vent'anni dalle ricerche (e dalle scoperte), posso pubblicare interamente i documenti rinvenuti nel 1993. Questi documenti provengono, in larga misura, dal fondo Ercoli (Palmiro Togliatti). Si tratta anche di documenti curiosi che riguardano lettere di Pietro Nenni, Oddino Morgari o Rugginenti, durante il periodo della guerra civile di Spagna, ma anche dei processi di Mosca.
Un altro blocco di documenti proviene dal fondo Gramsci, fondo che ancora oggi, come dimostra l'inventario che pubblico per la prima volta, non è stato affatto esplorato fino in fondo, a causa delle timidezze, doppiezze e incongruenze dei dirigenti del PCI, che hanno costantemente inviato a Mosca uomini e studiosi non sufficientemente preparati alla bisogna e che sono all'origine di tante polemiche attuali e roventi - lasciatemelo dire - spesso inutili e dannose per coloro che volevano essere i continuatori della causa di Gramsci ...
Il principale continuatore di Gramsci è stato proprio Palmiro Togliatti. Nell'archivio Ercoli si trovano non pochi documenti che riguardano il suo antico compagno di lotta. Poi ce ne sono diversi.
diverse "scalette" che pubblichiamo; che riguardano le sue avventurose vicende rivoluzionarie.
In particolare c'è la "scaletta" che riguarda la sua fuoriuscita dalla Francia con tutti i "passaggi" di coloro che lo hanno aiutato a rientrare in URSS fra il 1940 (dopo che era stato arrestato dalla polizia francese e tenuto in carcere sei mesi sotto le mentite spoglie di un ingegnere sud -americano) e il 1941, pochi mesi prima che iniziasse  l'aggressione nazista alla Russia e che egli scrivesse la famigerata lettera sulle necessità di «rielaborare» gli scritti di Gramsci.
Gli altri documenti che ho rinvenuto in quel periodo a Mosca riguardano alcuni partiti politici italiani, a cominciare dal PCI. Fra questi la memorabile corrispondenza fra Togliatti e Bianco (allora rappresentante del PCI nel Komintern) sulle sorti dei prigionieri di guerra italiani.
Alcuni di questi documenti suscitarono una forte polemica di stampa e toccò proprio a noi ristabilire il testo originale al di là e al di sopra di ogni polemica contingente e strumentale.
Negli ultimi mesi siamo stati accusati in modo gratuito da Chiara Daniele, direttrice della Fondazione Feltrinelli, di alcuni “misfatti” in forma gratuita. Parlando del mio Togliatti fra Gramsci e Nečaev scrive: «La nota introduttiva contiene una serie di affermazioni e interpretazioni che non è questa la sede per discutere!» (sic). E, di grazia, quale sarebbe la sede? Forse quella della Santa Inquisizione in quanto sarei reo di eresia? Sì, non faccio fatica ad ammetterlo, eretico da sempre [perché non ho mai avuto Dei da venerare o da rispettare, ma solo una Dea che si chiama Ragione da seguire]  e poi Chiara Daniele prosegue - con un rapporto fra causa ed effetto  veramente' demenziale - «ma che rivelano una sorprendente ignoranza delle vicende gramsciane”'.
E così, il silenzio durato diciassette anni è finito dopo che si cercò, senza successo, di incriminarmi per il «furto» di documenti. Ma  chi era di fatto l'erede del Comintern, dal momento che il PCI si era sciolto? Nessuno. Comunque, venne da me un collega e compagno dell'Università di Firenze che curava l'ultimo volume della Storia del PCI e mi disse: «Non ti citeremo mai!» e io risposi: «E chi se ne frega!». Andò via arrabbiato.
Se a pubblicare documenti inediti di Antonio Gramsci si rivela la propria ignoranza, nelle vicende gramsciane mi riconosco colpevole.
Anzi, sono anche colpevole di un nuovo e più orrendo delitto, che suona eresia lontano mille miglia. Pubblico per la prima volta l'inventario delle carte di Antonio Gramsci, così come sono state deposi
tate e catalogate a Mosca, e rimaste lì nascoste per decenni fino al  1993.
Questo, a mio giudizio, piuttosto che una colpa è un grande merito, perché si chiude definitivamente il periodo delle manipolazioni dei documenti della vita di Gramsci e di tanti altri dirigenti comunisti
e antifascisti, passando, che so, attraverso Nerio Nesi, Leo Valiani alias Weissen, fino a Gian Giacomo Feltrinelli. Anzi, sarei molto curioso di sapere da Chiara Daniele, direttrice della Fondazione Feltrinelli, visto che lei è bene informata, come è morto Gian Giacomo Feltrinelli. Non posso polemizzare ulteriormente con Chiara Daniele per la semplice ragione che non ha sollevato nessuna argomentazione contro di me, ma mi ha «solo» accusato di «ignoranza» senza specificarne la natura.      .
lo invece devo accusarla di sfrenata ritrosia perché lei, sapendo tutto, comprese le morti misteriose del XX secolo - a partire da quella di Gian Giacomo Feltrinelli - tiene segrete questa ed altre verità, che invece sarebbero utilissime per ristabilire la storia.
Nel 1993 sono stato all'archivio dell'ex Cornintern per due mesi.
Delle ricerche e dei ritrovamenti effettuati fra fine maggio e fine giugno ho già parlato. Rimane ora da chiarire di cosa mi sono interessato nella seconda permanenza, tra fine agosto e fine settembre.
Si tratta di tre filoni di ricerca: 1) L'atteggiamento dei comunisti durante la Resistenza; 2)          La nascita, la formazione e l'autoscioglimento del partito dei cattolici comunisti (Franco Rodano);  3) La genesi, l'affermazione e l'esaurimento del P.d.A. anche attraverso l'evoluzione dei suoi gruppi dirigenti.
Queste analisi appartengono ai funzionari dell' Ambasciata sovietica a Roma. Le loro missive erano dovute alle ricerche dei funzionari sovietici in Italia ed erano frutto di un lavoro collettivo. Queste analisi venivano inviate a Mosca contemporaneamente al Ministero degli Esteri e all'apparato del CC del PCUS, dai corrispondenti gangli dello stato sovietico.
A volte, anzi spesso, c'era la sovrapposizione degli organismi che per questioni personali, come nel caso della ex nuora di Luigi Longo. Sovrapposizione che, in questo caso, viene a configura quasi come un contrasto fra Palmiro Togliatti e il suo vice Luigi Longo.
Quelli che qui si leggono sono i primi giudizi storico-politici su questi raggruppamenti politici di parte sovietica e in questo consiste il loro valore.
La storiografia su questi aspetti storico-politici ha fatto passi da gigante. Basti pensare alla ormai classica Storia del PCI in diversi volumi, di Paolo Spriano, alla Storia del Partito d'Azione di Giovanni  De Luna e a La sinistra cristiana di Francesco Malgeri.
Le note su questi (e altri) partiti dei funzionari dell' Ambasciata sovietica sono i primi tentativi compiuti. Sono quindi basate su informazioni riservate o articoli giornalistici e per di più sono viziate da visioni della scolastica marxista che essi avevano studiato a Mosca.
Nel caso del P.d.A. esse sono viziate da una incipiente guerra fredda o addirittura da informazioni faziose, come nel caso di Leo Valiani definito tout court «trotskista».
Immagino quante risate devono essersi fatti a Mosca i dirigenti del KGB su queste definizioni, assolutamente infondate. Infatti, uomini come Parri, Valiani, Lussu, La Malfa erano davvero navigatori di lungo corso che per esperienza e intelligenza surclassavano nettamente  i loro indagatori sovietici, i quali non erano altro che modesti  burocrati.
E comunque questi giudizi ci restituiscono il pathos del momento storico, le concezioni che animavano i loro estensori, il clima della messaggistica che inviavano ai loro superiori di Mosca. Oggi, tante ricerche e riflessioni, possiamo anche sorridere di molti giudizi ma all'epoca c'erano milioni di persone che erano morte e continuavano a morire in omaggio a certi ideali ...
Era appunto questo quello che mi attraeva in questi documenti che mi faceva riflettere quando uscivo in strada dopo una giornata trascorsa in archivio e notavo lo scompiglio dei prezzi e dell'ordine pubblico.
E poi sentivo ogni giorno di più il maturare di una crisi risolutiva fra le forze del parlamento di tipo sovietico e le forze oscure che stavano dietro a El'cin. Lo scontro finale avvenne una settimana dopo la mia partenza. El'cin mise in campo le forze speciali dotate di granate perforanti  multiple e a gas, che fecero strage dei difensori della «Casa bianca».
Parteciparono a questi scontri anche milizie popolari, armate segretamente, come quella guidata da K.K. che ho ricordato nel corso dei miei incontri.
Quante furono le vittime non è mai stato detto. Ma posso affermare che furono parecchie migliaia.
Con il 4 ottobre 1993 finiva una fase della storia russa: finiva con una tragedia. C'ero anch'io. 
 
                                                         


                                      Renato Risaliti 






----Messaggio originale----
Da: ankrasikov@gmail.com
Data: 28/05/2013 20.51
A: "rrisaliti@libero.it"<rrisaliti@libero.it>
Ogg: Re: I: foto in allegato
Carissimo Renato,
con tutti i miei pensieri e con una grande gioia saro'  accanto a te` alla presentazione del "Zibaldone moscovita". Nemmeno migliaia di chilometri possono impedire di sentirci vicini.   
Tanti, tanti auguri!  L'Associazione culturale Prometeo Pistoia ci ha fatto veramente 
un bel regalo.
Tuo
Anatoly Krasikov

















venerdì 3 maggio 2013

mercoledì 1 maggio 2013

1° Maggio 2013

                          1° Maggio 2013




                                                                   

La Costituzione della Repubblica Italiana

Principi fondamentali

Art. 1

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.