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lunedì 16 novembre 2015

Segnalazione. Festa della Toscana. Iniziative a Pistoia

Segnalazione. Festa della Toscana. Iniziative a Pistoia








Le riforme di Pietro Leopoldo e la Toscana moderna: iniziativa economica, delle comunità, dell’organizzazione corporativa, dei diritti umani

Quest’anno ricorre la quindicesima edizione della Festa della Toscana. Le iniziative che il Consiglio regionale promuove sul territorio sono finalizzate a sottolineare l’alto valore di questa ricorrenza, non solo come evocazione di un avvenimento storico coincidente con l’abolizione della pena di morte nel 1786 ad opera del Granduca Leopoldo di Toscana, ma anche come rappresentazione e riflessione sui diritti dell’uomo e della pace.
Nel 2015 la Festa della Toscana è dedicata a “Le riforme di Pietro Leopoldo e la Toscana moderna: iniziativa economica (liberalizzazioni); delle comunità (enti locali e loro identità); dell’organizzazione corporativa (scioglimento delle corporazioni e costituzione delle camere di commercio); dei diritti umani (abrogazione della pena di morte e della tortura)”.
La stagione di Pietro Leopoldo ha rappresentato infatti un momento storico di grandi riforme, un balzo in avanti per i diritti civili, con l’abrogazione della pena di morte e della tortura, ma anche un periodo che ha lasciato il segno indelebile nell’organizzazione dei comuni contribuendo a fare crescere l’identità e l’autonomia degli enti locali, tratto distintivo della Toscana.
Oggi si auspicano le grandi riforme e la Toscana rappresenta il territorio che storicamente ha dato la spinta più forte in questa direzione e quindi un esempio attuale da seguire.Voglio anche aggiungere che la memoria del Granduca di Toscana ci deve servire a non dimenticare quale straordinaria vittoria civile sia stata l’abolizione della pena di morte, una forma di giustizia arroccata su radici barbare e medioevali la cui abolizione ha significato l’ingresso nell’era moderna. La memoria non ha una data di scadenza, al contrario lancia un messaggio sempre attuale sul quale si fondano le solide radici della libertà.

Eugenio Giani Presidente del Consiglio regionale della Toscana 



Segnalazione. Pistoia: Mostra Immagine Donna

Segnalazione. Pistoia: Mostra "Immagine Donna": 7 -28 novembre 2015 - Segnalazione. Pistoia: Mostra "L'arte a Pistoia fra le due guerre": 9-10 gennaio 2016 






















"Carlo Gori" "Carlo O. Gori" "Carlo Onofrio Gori e Paolo Gestri"



lunedì 9 novembre 2015

Segnalazione: "Il Metato", n. 78 (ottobre 2015)

È USCITO “IL METATO”



PISTOIA. “Il Metato” di ottobre, cioè il numero 78, si può ancora trovare in distribuzione presso l’edicola “La Civetta” in via Salvo d’Acquisto, la libreria “Il Globo” in via Buozzi, l’edicola “Meglio a Sapersi” di Pontelungo (via Provinciale Lucchese) e l’edicola Ospedale San Jacopo, presso l’ecomostro-gommone del campo di volo.
In quest’ultima uscita del periodico dell’associazione culturale Amici di Pupigliana e della Valle del Brandeglio trova spazio, tra i vari articoli, un ritratto inedito dell’artista Alberto Fremura, “il maestro del pennello”, durante la visita al campionato della bugia de Le Piastre.
Viene restituito anche un ricordo dell’epopea garibaldina a Pistoia, con il passaggio e soggiorno, ricordato ancora oggi da alcune lapidi dislocate in città, dell’eroe dei due mondi. Una tappa contraddistinta del clamoroso furto del poncho rosso, un furto subito dal Generale durante il viaggio a Gavinana per lanciare la sottoscrizione pubblica per la statua al Ferrucci.
C’è inoltre spazio per un aspetto minore della storia sportiva locale: l’attività dei cronometristi, che offrivano il servizio di cronometraggio durante le gare di velocità. Celebri quelle che, alla metà degli anni Trenta, si svolgevano sulla Firenze-Mare, e videro Giuseppe Furmanik e Tazio Nuvolari sfrecciare a velocità da record. Un’esclusiva intervista al pistoiese Luigi Canepuzzi – già presidente dell’Associazione Cronometristi Pistoiesi, che il prossimo anni festeggia il 75° compleanno – esperto del settore con ruoli di prestigio nella Federazione Italiana Cronometristi, organo del Coni dal 1921, permette di conoscere da vicino una realtà sostanzialmente fondamentale per molte discipline sportive, non solo per il motorismo.
Infine una menzione al libro fotografico recentemente pubblicato, curato da Dorando Baldi, “Pupigliana, immagini fotografiche 1890-1990”, con prefazione di Andrea Ottanelli che paragona l’opera ad una sorta di antologia Spoon River dei paesi montani.
Il Metato di ottobre ha visto la collaborazione di: Luigi Pulcini, Calogero Armato, Carlo Bartolini, Carlo Onofrio Gori, Silvana Agostini, Sauro Corsini, Antonio Frintino, Rodolfo Cocchi, Vanni Melani, Raffaele Accarino, Andrea Bolognesi, Associazione OltrePistoia e Alfio Signorini.
Vedi anche:

martedì 20 ottobre 2015

Con letteraria curiosità: “spaccato di vita” del PCI a Pistoia, negli anni ’70.

Con letteraria curiosità: PCI a Pistoia, negli anni ’70, in un romanzo di Vauro


Con letteraria curiosità: mia segnalazione letteraria- per i concittadini pistoiesi circa uno storico-politico “spaccato di vita” del PCI a Pistoia, negli anni ’70.
Ecco come il mio vecchio compagno di scuola Vauro Senesi, il noto vignettista e opinionista televisivo “Vauro” descrive nel suo recente libro “Toscani innamorati” la cerimonia di inaugurazione del Circolo Ricreativo Arci “1 Maggio” di via Porta S. Marco ed in particolare, si sofferma su un suo personaggio, “Tubo”,  il quale, in questo passo del “vauriano” romanzo-verità, letterariamente da’ il seguente curioso ed irriverente giudizio, politico-personale (che francamente a me appare un po' greve, insomma "tagliato con l'accetta": "pazienza ed ironia - diceva Lenin - "sono le virtù del rivoluzionario", caro Vauro...) su un allora conosciuto personaggio di spicco del PCI  pistoiese del tempo (nel libro il nome ovviamente cambia...ma c’è assonanza J  …come noterete.. ), oggi -  pure lui a Roma come Vauro -  noto - anche per il recente dibattito sul nuovo assetto del Senato - senatore  , della minoranza del PD.
Se vi interessa, ed è solo una curiosità, leggete sotto.

“…«Entrate, compagni, entrate! [... ] «Sta per parlare il Segretario della Federazione.» […] Tubo si ricompone come uno scolaretto che sia stato beccato a distrarsi durante la lezione. Però niente da fare, di stare a sentire il discorso del Segretario proprio non gli riesce. Carlino Viti, così si chiama. Del resto, se è stato battezzato con un diminutivo, un motivo ci sarà pure, no? «Carlino. Che cazzo di nome. "Ino" perché è un omino, con giacchettino e cravattino, e perché c'ha un cervellino piccolino, piccolino per non parlare del pisellino ino ino, ma ino così»: Tubo ne mostra le misure accostando fin quasi a unire indice e pollice, quando confessa la sua profonda antipatia per quel piccolo burocrate "burocratino" a qualche compagno di cui può fidarsi. E no, non lo regge proprio 'sto quarantenne - "O di anni ne ha trenta? Boh, chi non ha faccia non ha età" - eletto a dirigere la Federazione provinciale, perché rappresenta benissimo la linea moderata del partito in quel periodo: «C'ha la voce piatta come il marmo di una lastra tombale e la vitalità del cadavere che ci abita sotto. Sarà anche serio e capace come dite voi, ma quello le palle le ha appese all' albero di Natale e da lì un l'ha più tolte neanche a Pasqua o a Ferragosto!». Perciò adesso evita anche di guardarlo là dov'è, in piedi dietro la scrivania della presidenza (in realtà una vecchia cattedra scolastica offerta da un compagno rigattiere), sotto il bandierone rosso con falce e martello appeso alla parete per l'occasione. Preferisce guardarsi attorno, di sottecchi perché Liliana non se ne accorga: vedere la stanza piena gli rallegra lo spirito assai più del "bla bla bla" di "Ino" sotto il bandierone.
C'è davvero un sacco di gente. Le sedie sono tutte occupate. Qualcuno, previdente, la sedia se l'è portata addirittura da casa, perché in effetti con l'arredamento del Circolo sono ancora un po' indietro. In compenso le pareti verniciate di fresco sono di un bianco splendente e già sostengono i ritratti incorniciati dei grandi dirigenti del PCI: ci sono Gramsci, Togliatti e l'attuale Segretario generale Enrico Berlinguer... «Anche lui "ino", ma con due palle così» sostiene Tubo, che pure non è tanto convinto della linea politica scelta dai vertici del partito. In fondo, piccolo, seminascosto, c'è anche un ritratto di Stalin. Qualcuno ha provato a dire che, be', forse non era il caso di appenderlo, ma ... «Senza il compagno Stalin adesso parleremmo tutti tedesco, perdio! Sarà anche passato di moda, ma io Stalin ce l'ho qui...» ha esclamato Verdi ani battendosi il pugno sul cuore. «Perciò non mi venite a rompere i coglioni!» Così, alla fine, seppur in proporzioni ridotte e non proprio in una posizione d'onore, il ritratto di "Baffone" il suo posticino sulla parete del Circolo Primo Maggio l'ha trovato. La sala è così gremita che ci sono anche molte persone in piedi. Tante Tubo le conosce, almeno di vista. La città è piccola e il suo quartiere ancora di più, ma si stupisce nello scoprire volti mai visti prima.
Tra quelli in piedi scorge Bighe Boghe. Guarda caso sta proprio accanto alla tavola del buffet. Bottiglie di aranciata e di spumante, vassoi con crostini e paste secche coperti da tovaglioli di carta, ché ancora non è il momento dei brindisi e del mangiare. Il Segretario di Federazione deve prima terminare il suo discorso. Tubo lancia occhiatacce a Bighe […] «Ti vedo, brutto bifolco ignorante e maleducato! Lo vedo che quatto quatto, facendo finta di nulla, freghi crostini e paste da sotto i tovagliolini e ti abbuffi come un maiale. Cazzo, falla finita!» vorrebbe gridargli, ma non può. Perciò insiste nel tentativo di tradurre in mimica facciale il messaggio […] Le smorfie di Tubo non sono sfuggite a Liliana, che lo gela con un sibilo. Tubo immobilizza all'istante i muscoli del viso in una specie di sorriso imbarazzato che davvero potrebbe essere facilmente scambiato per una paresi da ictus. Per fortuna, concentrata com'è a seguire il discorso del Segretario, Liliana già non lo degna più di alcuna attenzione e quindi non se ne accorge […], e poi anche Tubo si rassegna ad ascoltare il Segretario. O almeno a far finta di farlo. « ... E avviandomi verso la conclusione ... » Queste parole del discorso Tubo riesce a coglie bene e, anche se non si fida molto dell' annuncio del Segretario, si lascia andare a un respiro di sollievo. riflesso si volta verso il punto dove stava Vasco, insieme al gruppo dei "famosi" giovani, per condividere con loro il conforto ... "Ma dove cavolo sono finiti? Eran tutti Il fino a un momento fa!" C'erano Ciccillo, il figlio di Redicazzi, e Civeba, Ilva, Esterina, più altri tre o quattro capelloni sfaccenda che conosce solo di vista. C'era anche il Bobo, capellone pure lui, anche se non più ragazzo. Comunque è l'unico che lavora, operaio alla Breda. E ora di colpo non c è più nessuno. "Si vede che il discorso del burocratino . ha fatti scappare ... " si dice Tubo.
"D'altronde il caro Segretario li ha subito guardati con aria di sospetto e di disprezzo. Mi dispiace per Vasco, che si è dato tanto da fare, ma mi sa che il suo 'progetto giovani' si è schiantato ancor prima di decollare ... " Lo scroscio di applausi che segue la fine del discorso lo distoglie da quelle riflessioni. Anche Tubo applaude accostando lentamente le mani senza battere i palmi. in modo da non produrre rumore. Un bell'applauso alla BreZnev", come quelli che ha visto fare nei filmati al decrepito leader sovietico dal palco sulla piazza del Cremlino.
E ora, come da prassi, dovrebbero partire le note dell'Internazionale, per dare avvio alla festa […]
«Scusatemi, compagni, ma io devo proprio andare ... » il Segretario abbandona la cattedra. «Davvero vorrei restare con voi a festeggiare l'apertura di questo Circolo, ma l'impegno politico mi chiama» conclude con un sospiro drammatico mentre assume l'espressione di chi è oberato da chissà quante e quali importanti responsabilità e con eroico spirito di abnegazione vi si dedica rinunciando ai piaceri della vita.

Si fa largo tra . è in piedi e chi è ancora seduto stringendo mani e distribuendo pacche sulle spalle. Praticamente ha già piede fuori dalla porta quando un sibilo acuto e violento lo inchioda sul posto come se fosse stato centrato da un fulmine.”   …
Con letteraria curiosità: mia segnalazione letteraria- per i concittadini pistoiesi circa uno storico-politico “spaccato di vita” del PCI a Pistoia, negli anni ’70.
Ecco come il mio vecchio compagno di scuola Vauro Senesi, il noto vignettista e opinionista televisivo “Vauro” descrive nel suo recente libro “Toscani innamorati” la cerimonia di inaugurazione del Circolo Ricreativo Arci “1 Maggio” di via Porta S. Marco ed in particolare, si sofferma su un suo personaggio, “Tubo”,  il quale, in questo passo del “vauriano” romanzo-verità, letterariamente da’ il seguente curioso ed irriverente giudizio, politico-personale, su un allora conosciuto personaggio di spicco del PCI  pistoiese del tempo (nel libro il nome ovviamente cambia...ma c’è assonanza J  …come noterete.. ), oggi -  pure lui a Roma come Vauro -  noto - anche per il recente dibattito sul nuovo assetto del Senato - senatore  , della minoranza del PD.
Se vi interessa, ed è solo una curiosità, leggete sotto.
“…«Entrate, compagni, entrate! [... ] «Sta per parlare il Segretario della Federazione.» […] Tubo si ricompone come uno scolaretto che sia stato beccato a distrarsi durante la lezione. Però niente da fare, di stare a sentire il discorso del Segretario proprio non gli riesce. Carlino Viti, così si chiama. Del resto, se è stato battezzato con un diminutivo, un motivo ci sarà pure, no? «Carlino. Che cazzo di nome. "Ino" perché è un omino, con giacchettino e cravattino, e perché c'ha un cervellino piccolino, piccolino per non parlare del pisellino ino ino, ma ino così»: Tubo ne mostra le misure accostando fin quasi a unire indice e pollice, quando confessa la sua profonda antipatia per quel piccolo burocrate "burocratino" a qualche compagno di cui può fidarsi. E no, non lo regge proprio 'sto quarantenne - "O di anni ne ha trenta? Boh, chi non ha faccia non ha età" - eletto a dirigere la Federazione provinciale, perché rappresenta benissimo la linea moderata del partito in quel periodo: «C'ha la voce piatta come il marmo di una lastra tombale e la vitalità del cadavere che ci abita sotto. Sarà anche serio e capace come dite voi, ma quello le palle le ha appese all' albero di Natale e da lì un l'ha più tolte neanche a Pasqua o a Ferragosto!». Perciò adesso evita anche di guardarlo là dov'è, in piedi dietro la scrivania della presidenza (in realtà una vecchia cattedra scolastica offerta da un compagno rigattiere), sotto il bandierone rosso con falce e martello appeso alla parete per l'occasione. Preferisce guardarsi attorno, di sottecchi perché Liliana non se ne accorga: vedere la stanza piena gli rallegra lo spirito assai più del "bla bla bla" di "Ino" sotto il bandierone.
C'è davvero un sacco di gente. Le sedie sono tutte occupate. Qualcuno, previdente, la sedia se l'è portata addirittura da casa, perché in effetti con l'arredamento del Circolo sono ancora un po' indietro. In compenso le pareti verniciate di fresco sono di un bianco splendente e già sostengono i ritratti incorniciati dei grandi dirigenti del PCI: ci sono Gramsci, Togliatti e l'attuale Segretario generale Enrico Berlinguer... «Anche lui "ino", ma con due palle così» sostiene Tubo, che pure non è tanto convinto della linea politica scelta dai vertici del partito. In fondo, piccolo, seminascosto, c'è anche un ritratto di Stalin. Qualcuno ha provato a dire che, be', forse non era il caso di appenderlo, ma ... «Senza il compagno Stalin adesso parleremmo tutti tedesco, perdio! Sarà anche passato di moda, ma io Stalin ce l'ho qui...» ha esclamato Verdi ani battendosi il pugno sul cuore. «Perciò non mi venite a rompere i coglioni!» Così, alla fine, seppur in proporzioni ridotte e non proprio in una posizione d'onore, il ritratto di "Baffone" il suo posticino sulla parete del Circolo Primo Maggio l'ha trovato. La sala è così gremita che ci sono anche molte persone in piedi. Tante Tubo le conosce, almeno di vista. La città è piccola e il suo quartiere ancora di più, ma si stupisce nello scoprire volti mai visti prima.
Tra quelli in piedi scorge Bighe Boghe. Guarda caso sta proprio accanto alla tavola del buffet. Bottiglie di aranciata e di spumante, vassoi con crostini e paste secche coperti da tovaglioli di carta, ché ancora non è il momento dei brindisi e del mangiare. Il Segretario di Federazione deve prima terminare il suo discorso. Tubo lancia occhiatacce a Bighe […] «Ti vedo, brutto bifolco ignorante e maleducato! Lo vedo che quatto quatto, facendo finta di nulla, freghi crostini e paste da sotto i tovagliolini e ti abbuffi come un maiale. Cazzo, falla finita!» vorrebbe gridargli, ma non può. Perciò insiste nel tentativo di tradurre in mimica facciale il messaggio […] Le smorfie di Tubo non sono sfuggite a Liliana, che lo gela con un sibilo. Tubo immobilizza all'istante i muscoli del viso in una specie di sorriso imbarazzato che davvero potrebbe essere facilmente scambiato per una paresi da ictus. Per fortuna, concentrata com'è a seguire il discorso del Segretario, Liliana già non lo degna più di alcuna attenzione e quindi non se ne accorge […], e poi anche Tubo si rassegna ad ascoltare il Segretario. O almeno a far finta di farlo. « ... E avviandomi verso la conclusione ... » Queste parole del discorso Tubo riesce a coglie bene e, anche se non si fida molto dell' annuncio del Segretario, si lascia andare a un respiro di sollievo. riflesso si volta verso il punto dove stava Vasco, insieme al gruppo dei "famosi" giovani, per condividere con loro il conforto ... "Ma dove cavolo sono finiti? Eran tutti Il fino a un momento fa!" C'erano Ciccillo, il figlio di Redicazzi, e Civeba, Ilva, Esterina, più altri tre o quattro capelloni sfaccenda che conosce solo di vista. C'era anche il Bobo, capellone pure lui, anche se non più ragazzo. Comunque è l'unico che lavora, operaio alla Breda. E ora di colpo non c è più nessuno. "Si vede che il discorso del burocratino . ha fatti scappare ... " si dice Tubo.
"D'altronde il caro Segretario li ha subito guardati con aria di sospetto e di disprezzo. Mi dispiace per Vasco, che si è dato tanto da fare, ma mi sa che il suo 'progetto giovani' si è schiantato ancor prima di decollare ... " Lo scroscio di applausi che segue la fine del discorso lo distoglie da quelle riflessioni. Anche Tubo applaude accostando lentamente le mani senza battere i palmi. in modo da non produrre rumore. Un bell'applauso alla BreZnev", come quelli che ha visto fare nei filmati al decrepito leader sovietico dal palco sulla piazza del Cremlino.
E ora, come da prassi, dovrebbero partire le note dell'Internazionale, per dare avvio alla festa […]
«Scusatemi, compagni, ma io devo proprio andare ... » il Segretario abbandona la cattedra. «Davvero vorrei restare con voi a festeggiare l'apertura di questo Circolo, ma l'impegno politico mi chiama» conclude con un sospiro drammatico mentre assume l'espressione di chi è oberato da chissà quante e quali importanti responsabilità e con eroico spirito di abnegazione vi si dedica rinunciando ai piaceri della vita.
Si fa largo tra . è in piedi e chi è ancora seduto stringendo mani e distribuendo pacche sulle spalle. Praticamente ha già piede fuori dalla porta quando un sibilo acuto e violento lo inchioda sul posto come se fosse stato centrato da un fulmine.”   …pp. 143-147

Insomma, in queste, ed in altre pagine del libro di Vauro, anche uno “spaccato di vita” del PCI a Pistoia, negli anni ’70, insomma...anche lui era un iscritto...

                                                   



                     
                                       


                                                     COG



"carlo gori" "carlo o. gori" "carlo onofrio gori"  e Vauro "vauro senesi"


   

                               Carlo Gori - Carlo O. Gori - Carlo Onofrio Gori                    

sabato 3 ottobre 2015

Proprio oggi sul "Corriere delle Sera" un articolo di Sergio Romano sull'' Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia (A.F.I.S.): 1º aprile 1950-1º luglio 1960

L'Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia (A.F.I.S.): 1º aprile 1950-1º luglio 1960

Non molti giorni fa, in uno dei miei post, così scrivevo su FB pubblicando anche questa immagine dell'alzabandiera italiana in Somalia apparsa sulla copertina di "Epoca" del 6 dicembre 1952 come segnalazione e premessa ad un coevo reportage con foto del giornalista Lino Pellegrini: 
"2/2 sono convalescente a casa ed ho molto tempo a disposizione: e tra l'altro soffro d'insonnia: non potendo per la postura stare molto al computer mi sono messo a rimettere a posto vecchie riviste....ed ecco che spunta questa foto relativa a un numero dedicato all'Amministrazione fiduciaria della Somalia che l'Onu assegnò nel dopoguerra all'Italia fino al 1960. Qui non ho ancora avuto il tempo, come invece ho fatto nell'1/2 su San Marino "rossa" 1945-1957 per scrivere il post: ma lo farò tra breve."
In verità il post sulla Somalia, un Paese oggi purtroppo diviso, conflittuale ed allo sbando, non è esattamente questo che pubblico qui ora: ho infatti intenzione, fra non molto e se le forze mi tornano,  di avviare su Goriblogstoria360 una breve serie di post titolata "Paesi, conflitti e migrazioni d'oggi" nel quale vorrei prendere in esame , appunto, la Somalia, insieme all' Eritrea, l'Afghanistan, la Siria, l'Irak, la Nigeria ecc.; ci sto ora studiando e fra breve in quell'ambito mi soffermerò più approfonditamente anche sulla Somalia nel post ad essa dedicato, analizzando soprattutto, ovviamente, le vicende successive di quel Paese, dall'indipendenza al tempo attuale, periodo complesso durante il quale emerge la figura del generale Mohammed Siad Barre presidente e dittatore della Somalia dal 1969 al 1991.
Oggi invece, Sabato 3 ottobre 2015, cogliendo la palla al balzo, pubblico qui una interessante nota su questo argomento dell'amministrazione fiduciaria italiana della Somalia su mandato Onu, apparsa , sul "Corriere della Sera" nella rubrica "Risponde Sergio Romano", a firma del sempre competente ed illuminante ambasciatore e ministro emerito. 
Dirò solo qui sommariamente per introdurre l'argomento che la "Somalia italiana" fu dal 1889 al 1908, un Protettorato e poi, dal 1908, una Colonia italiana. 
Nel 1936 "Africa Orientale Italiana" (sigla A.O.I.) fu la nuova e complessiva denominazione ufficiale delle colonie italiane nel Corno d'Africa nel quadro  dell'Impero Coloniale Italiano proclamato da Benito Mussolini il 9 maggio 1936, dopo l'annessione dell’ Impero etiope seguita alla conquista italiana dell'Etiopia. 
L'Africa Orientale Italiana univa le colonie dell'Eritrea e della Somalia Italiana alla quale era stato aggiunto l'Ogaden, ed era a sua volta divisa in sei governatorati: Governatorato di Amara, Governatorato dell'Eritrea. 
Nell'estate 1940, nel corso della seconda guerra mondiale, le truppe italiane occuparono la Somalia Britannica e parte del Kenia vicino all'Oltregiuba. Questi territori furono annessi alla Somalia Italiana ingrandendola ed ottenendo -anche se per pochi mesi- l'unione territoriale di tutti i Somali nella "Grande Somalia". 
Nel 1941 in seguito alla sconfitta del contingente italiano, culminata nella resa dell'Amba Alagi in Etiopia, la Somalia fu occupata da truppe britanniche, che ne mantennero il controllo fino al novembre del 1949, quando le Nazioni Unite la diedero in Amministrazione fiduciaria alla Repubblica italiana.
Ed ecco come risponde Sergio Romano ad un lettore italiano che scrivendogli dal Canada, dove dimora, gli pone questo quesito: "ho un coinquilino somalo, emigrato nel Nuovo Mondo nel 1994, quando era bambino. Gli ho chiesto la sua opinione riguardo all'Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia tra il 1950 e il 1960; e lui m'ha spiegato che, in base ai suoi ricordi personali e a quanto gli dicevano i suoi parenti, gli italiani si sono comportati «abbastanza bene» durante gli anni di questo protettorato. Ha aggiunto che fecero meglio gli italiani dei britannici, e che i problemi seri iniziarono quando gli europei lasciarono la Somalia al suo destino. E d'accordo con queste parole? Che cosa fu di preciso l'amministrazione fiduciaria italiana della Somalia? Davide Chicco"
Sergio Romano: "Caro Chicco, l'amministrazione fiduciaria della Somalia fu il premio di consolazione che l’Italia ricevette per una battaglia perduta. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando cominciarono i negoziati per il Trattato di pace, De Gasperi e il suo ministro degli Esteri, Carlo Sforza, ,si batterono con gli Alleati per evitare che l’Italia fosse privata di tutte le sue colonie. Sapevano che l'Etiopia era irrimediabilmente perduta, ma speravano che la conservazione delle altre (Eritrea, Libia e Somalia) fosse ancora possibile.Usarono tutti i classici argomenti del colonialismo italiano. L'Italia era una nazione proletaria, priva di materie prime, ma ricca di braccia e affamata di terra per i suoi figli. In Libia aveva reso coltivabili larghe zone che non avevano mai conosciuto l'aratro, creato città e borghi, costruito una grande strada, la Balbia, che si estendeva lungo l'intera costa. Se il Paese fosse stato privato delle sue colonie, la piaga della disoccupazione avrebbe frenato il processo di ricostruzione e creato una pericolosa instabilità sociale. La realtà, fortunatamente, sarebbe stata alquanto di versa, ma quello ero lo stato d'animo diffuso allora nel Paese e quelli erano gli argomenti di cui i diplomatici italiani si servivano al tavolo delle trattative. Vi fu una schiarita quando Roma e Londra sembrarono prossime a un accordo sulla creazione in Libia di due zone d'influenza: la Tripolitania all'Italia, la Cirenaica alla Gran Bretagna. Ma l'Unione Sovietica si oppose e la Libia, qualche anno dopo, divenne un regno sotto l'ala protettrice degli inglesi. Terminata male la battaglia per la conservazione delle colonie, l’Italia cercò di conquistare almeno un posto nel processo di decolonizzazione e riuscì a diventare il tutore e custode della Somalia nella fase che avrebbe preceduto l'indipendenza. Per evitare parole come «protettorato» e «mandato», fu coniata l'espressione «amministrazione fiduciaria»: e per impedire che il provvisorio diventasse permanente fu deciso che la missione italiana sarebbe durata dieci anni, dal 1950 al 1960. Palazzo Chigi, dove era allora il ministero degli Esteri, prese la cosa molto seriamente e si servi dei funzionari dell'Africa italiana ancora in servizio per creare le strutture amministrative del nuovo Stato. Una parte del personale fu formata in Italia. Gli allievi del corpo di polizia frequentarono i corsi della scuola allievi carabinieri e qualche aspirante diplomatico fece un tirocinio in ambasciate o consolati italiani. Quando giunse il momento di consegnare la Somalia ai somali, fu inviato a Mogadiscio un ministro della Repubblica. Era Giuseppe Medici, un notabile modenese di vecchio stile con il mento ornato da una piccola barba, molto elegante. Vi fu una cerimonia durante la quale la bandiera italiana venne ammainata, scrupolosamente ripiegata e consegnata al ministro che l'avrebbe riportata in Italia. Qualche tempo dopo Medici mi disse che non era riuscito a trattenere le lacrime. Così finì, caro Chicco, il colonialismo italiano."
Ma ripeto questa nota di Sergio Romano e questo post è solo un anticipo:  tornerò qui anche sulla Somalia fra non molto in una breve serie di post titolata "Paesi, conflitti e migrazioni d'oggi", intanto, qui sotto, altre foto del 1952 che illustrano quel servizio  di Lino Pellegrini. 
                            Per il resto...A presto! 

                                                         
                                                                  Carlo Onofrio Gori