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martedì 29 marzo 2011

Carlo Onofrio Gori. Risorgimento. Giuseppe Civinini (1835-1871): il segretario di Garibaldi. 2011 - 150th Anniversary of the Unification of Italy


Giuseppe Civinini: il garibaldino pistoiese che divenne direttore de "la Nazione"

Il garibaldino Giuseppe Guerzoni così ricorda la battaglia di Bezzecca, unica vittoria italiana nella malcondotta guerra del 1866: "…la strada di Triarno è tempestata dai proiettili nemici, e Garibaldi è il più …cercato bersaglio ... suoi aiutanti Cairoli, Albanese, Damiani, Miceli, Cariolato, Civinini, gli fanno scudo dei loro corpi…". 
Allora Giuseppe Civinini aveva trentun anni, era da pochi mesi deputato pistoiese al Parlamento nazionale, e pur essendosi opposto ad una guerra che "…dà intero il paese in mano a la Marmora ed ai suoi compari " [che] "daranno all'Italia una seconda Novara" aveva sentito il dovere di arruolarsi, al contrario, ad esempio, del Carducci, in quel tempo professore a Bologna, che aveva scritto: "Guerra a' tedeschi, immensa eterna guerra", ma che non si era sognato, né nel 1859, né allora, di partire. Anche questo spiega l'uomo Giuseppe Civinini che ebbe vita breve, ma coraggiosa ed intensa che lo vide rivestire vari ruoli: cospiratore mazziniano, ufficiale garibaldino, massone, giornalista noto, abile e polemico, politico e deputato appassionato e discusso, uomo di Sinistra e poi di Destra e, forse, affarista. Una personalità complessa, non esente da contraddizioni, che tuttavia, elevandosi dall'ambito pistoiese ad una dimensione nazionale, attraversa gli anni della formazione dello stato unitario, se non da protagonista, non certo da anonima comparsa.
Nasce a Pisa l'11 aprile 1835, nel 1844 muore il padre Filippo, noto medico e professore e la madre Gioconda Marini torna Pistoia con i figli Giuseppe e Giulia. A soli quindici anni aderente alla "Giovine Italia" è già ricercato dalla polizia granducale, si rifugia a Liverpool, poi a Genova, estradato in Toscana viene incarcerato, tiene testa agli interrogatori e gli inquirenti sono costretti a rilasciarlo. Seguono sette anni di intensa attività cospirativa che lo vedono alternarsi fra Toscana e Piemonte, ospite frequente sia delle carceri granducali che di quelle del Regno Sardo. 
Incontra in questo periodo vari personaggi: a Genova è protetto dal mazziniano pistoiese Francesco Franchini, a Firenze, dove conosce i fratelli Bianchi della tipografia Bianchi-Barbèra, è sospettato di appartenere alla rete del pratese Piero Cironi ed è aiutato dalla marchesa Lucrezia Firidolfi-Ricasoli. Con Maurizio Quadrio prepara poi, senza successo, una insurrezione a Livorno nel 1857, ma due amicizie avranno un ruolo fondamentale nelle sue successive scelte politiche e di vita: quella con il repubblicano lucchese Antonio Mordini e quella col livornese, amico di Mazzini, Adriano Lemmi, poi definito "banchiere" del Risorgimento. Segue quest'ultimo per due anni, prima in Svizzera e poi a Costantinopoli, come istitutore dei suoi figli. 
Intanto nel 1859, anno della guerra austro-franco-piemontese, una sollevazione popolare caccia il 27 aprile il granduca Leopoldo II e il Plebiscito del marzo 1860 sancisce l'annessione della Toscana al Regno sabaudo. 
Nel 1860 Civinini, superata ormai l'intransigenza mazziniana, inizia la sua fase "garibaldina": lascia il Bosforo e raggiunge nel giugno il Generale che gli affida incarichi nell'intendenza dell'esercito dove si distingue per competenza e correttezza. Stretto collaboratore di Garibaldi anche nel 1862 ad Aspromonte, ne condivide la prigionia al Varignano e l'esilio a Caprera e, come abbiamo visto, nel 1866 è di nuovo con lui a Bezzecca. 
E' ormai una "firma" nota del giornalismo politico in cui, già da mazziniano, aveva esordito a Genova collaborando a "L' Italia del popolo" e a Cuneo a "La Sentinella delle Alpi", ma è a Torino nel 1861 che Civinini diviene redattore e poi direttore della voce del "partito garibaldino" "ll Diritto", di proprietà dell'amico Lemmi e si affilia alla Loggia massonica "Dante Alighieri", dove trova, tra gli altri, Depretis, Saffi e Mordini. Dopo Aspromonte Civinini si avvicina alle posizioni legalitarie di quella parte dei democratici (Crispi, Bargoni, Mordini, Lazzaro, ecc.) che di lì a poco vengono sconfessati da Garibaldi e afferma: "…la guerra che noi vogliamo ora, in Parlamento e fuori non può vincersi a schioppettate e finirà soltanto quel giorno in cui il Re d'Italia salirà sul Campidoglio". 
Con la Convenzione di Settembre ed il trasferimento della capitale a Firenze, cui insieme al Crispi si oppone entrando in attrito con l'amico Mordini, Civinini sposta la sede del giornale in Toscana. Conosciuto ormai in tutto il paese, candidato in più collegi per l'IX Legislatura, Civinini viene eletto nel ballottaggio delle elezioni suppletive del collegio di Pistoia 2 con 337 voti contro i 317 del moderato Giovanni Camici, appoggiato da "La Nazione", giornale della "Consorteria" di Ricasoli e Minghetti. 
Le cifre confermano come il suffragio e la politica parlamentare fossero allora appannaggio di pochi istruiti ed abbienti, tuttavia Civinini, al contrario del suo avversario presenta un programma elettorale e viene appoggiato anche da un manifesto di non aventi diritto al voto. 
Nel 1866 Civinini si oppone fieramente alla guerra perché gestita dal governo di Destra e rimprovera i suoi compagni di sacrificare la Libertà all'Unità rompendo clamorosamente col Crispi relatore di un disegno di legge per la tutela della sicurezza interna della Stato. E' costretto così a lasciare la direzione de "Il  Diritto" e fonda "Il Nuovo diritto" in un clima di generale rimescolamento politico che favorisce intese fra Destra liberale e Sinistra moderata e che prelude al "trasformismo" degli anni successivi.  
Tutto ciò ed anche la vecchia amicizia col Ricasoli, spiega forse la sua svolta politica del 1867: si candida con la Destra ricasoliana e a Pistoia viene riletto al Parlamento. Quel Parlamento nell'agosto 1868 approvò, su proposta del ministro Cambray-Digny, la concessione della privativa della fabbricazione dei tabacchi ad una regìa cointeressata costituita da una società di capitalisti privati italiani ed esteri. Votarono a favore la Destra governativa e la Sinistra "possibilista" del  "Terzo partito" di Mordini, si opposero il gruppo del Rattazzi, la "Permanente" (Destra piemontese), il Lanza e il Sella, la Sinistra del Crispi e la Sinistra radicale di Bertani. Mentre si faceva oppressiva la pressione fiscale dello Stato sulle masse popolari, la convenzione rafforzò i legami fra entourage governativo e capitalismo bancario. Civinini, violentemente accusato sia dal Crispi sia dal Gazzettino rosa di Milano di aver favorito il voto sulla concessione per interessi personali nell'operazione, è trascinato con altri nel primo vero grosso scandalo politico dell'Italia post-unitaria. 
Gli accusatori non riescono a produrre prove e Civinini esce assolto dall'inchiesta parlamentare e vincitore dai successivi strascichi giudiziari, ma fra gli storici permane il sospetto che tramite un suo protetto, Salvatore Tringali, abbia ottenuto delle partecipazioni nella regìa, anche se a convenzione approvata. 
Tuttavia è vero anche che la morte non lo trovò poi in condizioni economiche floride. 
Intanto nel 1870 Napoleone III cade in seguito alla sconfitta nella guerra franco-prussiana, a Parigi si instaura la Comune e il 20 settembre le truppe italiane occupano Roma. Civinini, divenuto direttore de La Nazione nel 1869, teorizza ora, non senza contrasti interni al quotidiano, quella politica estera filogermanica attuata anni dopo dal Crispi. Significativo, ad esempio, un suo saggio apparso sulla Nuova Antologia dove, tra l'altro, afferma: "…occorre tenere per quanto più si può bassa la Francia ... avere amiche le potenze ... anti-papali ... fondarci sopra una solida base conservativa ed ... anche liberale. Le nostre diffidenze verso la Germania ... ci esporranno veramente a quei pericoli di cui tanto temiamo ... fra i clericali di Versailles e i comunisti di Parigi.". 
Erano le ultime battute della sue vicenda umana e politica, da circa un anno rieletto al Parlamento, il 19 dicembre 1871 moriva a soli 36 anni per un tumore, probabilmente alimentato dallo stress e dai dispiaceri  dell' affaire della regìa tabacchi.
                                                                            Carlo O. Gori
                                                                                                                                  



Sintesi e rielaborazione degli articoli:

C.O. Gori,   Giuseppe Civinini. Profilo di un garibaldino pistoiese, in “Camicia rossa” n. 2 (mag.-lug. 2002);




C.O. Gori, Un garibaldino che divenne direttore de La Nazione. La storia del deputato pistoiese Giuseppe Civinini, in “Microstoria”  n. 10 (apr. 2000)








di Carlo O. Gori  vd. anche:

http://historiablogori.splinder.com/post/11669389/storia-un-garibaldino-pistoiese-giuseppe-civinini


http://historiablogori.splinder.com/post/11669389/storia-un-garibaldino-pistoiese-giuseppe-civinini


http://nuke.garibaldini.com/CamiciaRossa/Archivioarticoli/GiuseppeCivinini/tabid/535/Default.aspx


http://xoomer.virgilio.it/carlo_onofrio_gori/personaggi.htm


http://www.ipsaadefranceschi.com/

Attenzione: il post di questo blog e questi articoli sono riproducibili parzialmente o totalmente solo previo consenso o citazione esplicita dell'autore e del sito web e/o rivista: insomma copiate pure, ma abbiate il senso civile di indicare in nota da dove lo avete copiato. Non fate come Carmelo Cicero che sul pur benemerito blog dell'Associazione Sindacale, Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi" di Barcellona il 20 dicembre 2009 ha copiato questo post da miei siti o da siti che hanno ospitato questo mio articolo, firmandolo come se fosse suo e sbagliando anche il cognome del biografato.


vd.http://barcellonapggiuseppegaribaldi.blogspot.com/2009/12/giuseppe-vicinini.html)


vd. anche: http://historiablogori.splinder.com


ora  http://historiablogoriarchiviosplinder-cog.blogspot.com/




"carlo gori"
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lunedì 28 marzo 2011

Carlo Onofrio Gori. Risorgimento. Pistoia e Garibaldi: storia di un monumento equestre

Storia di un "tormentato" monumento equestre

Il 17 luglio 1904 in Pistoia veniva (finalmente!) inaugurato il monumento a Garibaldi. L' atmosfera era di festa e vedeva la rilevante partecipazione di reduci garibaldini giunti da varie città d'Italia. In Piazza S. Domenico venne scoperta una statua equestre in bronzo dell'Eroe, posta su un massiccio basamento in marmo, opera dello scultore bolognese Alessandro Garella e fusa nella pistoiese Fonderia Lippi. Il "finalmente" iniziale ci sta tutto; infatti ben ventidue anni erano trascorsi dalle prime entusiaste proposte volte all'erezione del monumento, venute subito dopo la morte del Generale nel 1882, e l'effettiva inaugurazione! Questo più che ventennale ritardo non può non incuriosire; crediamo quindi meriti soffermarsi un po' su questa storica circostanza.
I rapporti di Pistoia con Garibaldi risalivano al 1860: Pietro Beccarelli, un bracciante della frazione di Saturnana, si imbarcava sul "Piemonte" mentre la nave sostava per rifornirsi ad Orbetello e l'11 maggio il pistoiese sbarcava con i "Mille" a Marsala . Successivamente ed a più riprese altri 250 pistoiesi partecipavano alla Campagna Meridionale.
Ad uno di questi, Giuseppe Civinini (1835-1871), poi giornalista e politico noto a livello nazionale, furono affidati importanti responsabilità nell'intendenza dell’esercito garibaldino. Il giovane pistoiese si distinse per competenza e correttezza tanto che divenne segretario del Generale. Lo seguì nel 1862 sull'Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano e l'esilio a Caprera e fu nuovo vicino a lui, nel pieno della mischia, a Bezzecca nel 1866.
Un altro famoso garibaldino, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di lontana origine bulgara, divenne cittadino pistoiese d'adozione dal 1872 e non poche epigrafi, poste da municipalità e governi (una anche recentemente da parte dell'Ungheria) all'altezza della sua abitazione in via Verdi n. 19, ne commemorano l'eroica figura.
Al n. 40 della centralissima via della Madonna un'altra lapide ci ricorda che Garibaldi nel luglio 1867, in un clima di entusiasmo popolare, visitava per la prima volta la città. Il Generale non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre, avrebbe di nuovo, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell'allora importante stazione ferroviaria, mentre veniva tradotto prigioniero ad Alessandria dopo un ennesimo, fallito, tentativo di liberare Roma dal potere temporale dei papi ed unirla all’Italia. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi si dirigevano verso la stazione nel vano tentativo di liberare l'Eroe. Ne seguiva una vera e propria sollevazione cittadina protrattasi fino al giorno 26.
Di lì a poco, il 20 ottobre, ben sessantasei pistoiesi prendevano parte alla sfortunata impresa di Mentana.
Il culto di Garibaldi, già vivo dagli anni Sessanta ed alimentato dalle fresche notizie delle sue gesta di eroe nazionale e nel contempo cosmopolita, era enorme e non solo in Italia. Dopo la scomparsa dell'Eroe, nel 1882 , assumeva, a livello popolare, la forma di una "immaginazione mitica e la forza di un sentimento religioso attivo".
Anche i moderati ed i clericali, fieri avversari del Generale in vita, non potevano più "parlar male di Garibaldi", ma cercavano esorcizzarne la figura di socialista (favorevole, tra l'altro, alla Comune di Parigi) di sostenitore delle società operaie di mutuo soccorso e di massone anticlericale, proponendone una rivisitazione in chiave unitaria e nazionale.
Indubbiamente il socialismo di Garibaldi fu più umanitario e gradualista che scientifico o anarchico (nel periodo della Prima Internazionale non fu certo in sintonia con Marx e nemmeno col collettivismo di Bakunin) ed inoltre il Generale era stato costretto per lungo tempo a sacrificare i suoi realistici e concreti ideali sociali alla suprema causa dell'Unità e dell'Indipendenza nazionale. Tuttavia per i democratici ed i radicali la figura di Garibaldi era e permaneva una bandiera che non poteva e non doveva essere impugnata da quelli che, in vita, l'avevano tenacemente avversato!
Le divergenze politiche sulla persona dell'Eroe si manifestarono quindi anche a livello cittadino quando, nel 1882, da parte dei garibaldini pistoiesi, pur di far presto, si pensò di dedicare al Generale un "busto posato su una colonnetta di bronzo" alla cui modesta spesa poteva sopperire una sottoscrizione popolare. A tale proposta i moderati contrapposero, forse non a caso, il progetto di un costoso monumento concepito in chiave universalistica "grande e solenne" ed i cui tempi di realizzazione sarebbero stati, presumibilmente, molto dilatati. Fra i due "partiti" avvennero interminabili dispute col risultato che non fu dato corso a nessun progetto. Il dibattito, mai veramente sopito, riprese improvvisamente vigore dopo ben dieci anni, nel 1892, anno di nascita del Partito Socialista, quando i socialisti pistoiesi costituirono un nuovo comitato, tendente, pur di avere finalmente il monumento, a riproporre la realizzazione di un'opera semplice, finanziata solo con i fondi raccolti fra i lavoratori. Tuttavia anche questa iniziativa, lodevole, ma decisamente di parte, non poteva, fatalmente, che essere boicottata dai moderati.
Alla fine del secolo, il culto di Garibaldi venne ormai accettato anche dall'iconografia ufficiale monarchico-umbertina; si affermò definitivamente il filone celebrativo e monumentalistico e in Pistoia quasi tutti concordarono sul progetto di un monumento imponente.
I contrasti politici, apparentemente sopiti, però insorsero nuovamente sulla questione dell'ubicazione della scultura. Sulla prime apparve vincente la tesi, sostenuta da ben due commissioni e dal Consiglio comunale, di chi proponeva una sua sistemazione in piazza del Duomo, ma le forze moderate e clericali, anche attraverso due petizioni, manifestarono una decisa opposizione. La disputa si protrasse ancora per circa quattro anni, finché tutti i contendenti, dato il notevole costo dell'opera preventivata, furono costretti ad accettare il concorso finanziario della Cassa di Risparmio, ma era un contributo condizionato dal fatto che il monumento non dovesse essere assolutamente collocato in piazza del Duomo.
Il Consiglio comunale, dopo ulteriori defatiganti discussioni che impegnarono vari gruppi di esperti e dopo aver respinto varie ipotesi di collocazione (Piazza Mazzini, Piazza Stazione, ecc.) scelse finalmente piazza S. Domenico, allora più defilata rispetto ad oggi, (poi denominata piazza Garibaldi) dove il monumento fu finalmente collocato nei primi mesi del 1904, ma non senza un ulteriore strascico di ricorsi giudiziari e traversie burocratiche.
Il 2 giugno 1909, cinque anni dopo l'inaugurazione, "i reduci garibaldini pistoiesi" fecero porre alla base dell'opera una corona in bronzo con al centro un fascio littorio, simbolo allora comunemente usato dalle associazioni democratiche ed operaie. Curiosamente qualche antifascista pistoiese, dopo la caduta del regime mussoliniano, non avendo evidentemente ben considerato l'iscrizione, proporrà senz'altro di toglierlo. Quel fascio "democratico" era stato scambiato, in una comprensibile furia iconoclasta, per uno dei tanti fasci a suo tempo apposti dal P.N.F. su edifici e monumenti, divenuti ormai simboli di un regime che in effetti non aveva certo esitato ad appropriarsi a fini propagandistici anche della figura del Generale. Indubbiamente una sorta di "appropriazione indebita" testimoniata in sede locale dal settimanale fascista "Il Littorio" sulle cui pagine, il 5 giugno 1932, si era giunti a scrivere: "Non abbiamo più tra i piedi tribuni, e retori e faziosi a snaturare la leggenda garibaldina a farsene materia incandescente per i comizi di piazza e per le apostrofi operettistiche di Montecitorio....L'Italia fascista è com'Egli la volle nelle sue solitarie meditazioni di Caprera".                    
Segnali innegabili che le dispute fra moderati e radicali, fra destre e sinistre, sull' "appropriazione" della figura di Garibaldi - naturalmente, non solo prerogative pistoiesi - venivano da lontano e sarebbero proseguite a lungo!

                                                                              Carlo O. Gori

Sintesi di articoli già pubblicati in:

Carlo O. Gori, Pistoia terra di garibaldini. Il rapporto tra l’Eroe dei Due Mondi e i pistoiesi dalla spedizione dei Mille al recente restauro del monumento equestre, in "Microstoria", n. 26 (nov.dic. 2002);






Carlo O. Gori, Pistoia e Garibaldi: storia di un "tormentato" monumento equestre, in "Camicia rossa", n..4 (nov. 2002-gen. 2003).




Carlo O. Gori, Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia, Ecop, 2005, pp. 42-50, 




                             

Attenzione: il post di questo blog e questi articoli sono riproducibili parzialmente o totalmente solo previo consenso o citazione esplicita dell'autore e del sito web e/o rivista.



vedi anche: http://historiablogori.splinder.com
ora: http://historiablogoriarchiviosplinder-cog.blogspot.com/



"carlo gori"

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sabato 26 marzo 2011

Carlo Onofrio Gori. Risorgimento. 1867: Garibaldi a Pistoia

O Roma o morte! 14 luglio 1867: Garibaldi a Pistoia

Dalla Spedizione dei Mille ai tentativi della liberazione di Roma, c'è sempre stato un passaggio di Garibaldi nella nostra terra toscana: tutto ciò è stato riproposto e ben documentato dal libro di Francesco Asso, Itinerari garibaldini in Toscana e dintorni 1848-1867 edito dalla Regione nella collana "Toscana Beni Culturali”, recentemente presentato con successo di pubblico a Prato ed a Pistoia. Il libro, sostenuto da intensa struttura narrativa, ricorda la partecipazione alle vicende risorgimentali di ben 117 luoghi,  ripercorsi in 8 itinerari punteggiati da ben 253 epigrafi. 
Anche a Pistoia una lapide posta  all’altezza del n. 40 nella centralissima via della Madonna ci rammenta che il: “XIV Luglio MDCCCLXVII Giuseppe Garibaldi qui fu ospitato, di qui parlò al popolo plaudente fatidiche ed amorose parole mallevando prossima la liberazione di Roma. Sciogliendo il voto del popolo pistoiese, a perfetta memoria del fatto, la famiglia dell’avv. Giuseppe Gargini  QLP II Luglio MDCCCLXXXII”. 
Tuttavia i rapporti fra Pistoia (che già aveva dato il suo tributo di volontari alla prima ed alla seconda guerra d’indipendenza) e Garibaldi risalivano a ben prima: ad esempio c’è fra i “Mille” un pistoiese, Pietro Beccarelli. Com’è noto la nave garibaldina “Piemonte”, nel viaggio verso Marsala, sostò per rifornimenti al largo del forte di  Talamone e  Beccarelli, uno dei tanti pistoiesi che stagionalmente si recavano in Maremma a far carbone, colse l’occasione per unirsi ai temerari. Il noto garibaldino Giuseppe Bandi, di  Gavorrano, fondatore de “Il Telegrafo” di Livorno, nel suo I Mille, giudicato da  Croce il libro più riuscito nella folta memorialistica garibaldina, racconta  che mentre aspettava di tornare a bordo gli si avvicinò il Beccarelli chiedendo aiuto perchè era senza lavoro ed affamato, quasi al punto di morire, al che il tenente Bandi affermò: “ Come! Chiedi la carità a me che ho già fatto testamento e mi son fatto ungere ... Hai moglie, hai figlioli ? - Né figlioli, né moglie. - Allora, caro mio, morire per morire, l'è meglio morir da bravo con noi, che crepar di fame. Almeno ti metteranno in musica. Hai tu paura delle palle? Il Maremmano fe' cenno che no. - Allora - soggiunsi - monta meco su questa barca, e da ora in poi sarai soldato di Garibaldi. - Viva Garibaldi sempre ! - esclamò il disgraziato, non più disgraziato e mi seguì.  Si chiamava Becarelli, da Saturnana nel pistoiese, ed era bracciante”. (1)  
Successivamente ed in più riprese altri 250 pistoiesi avrebbero raggiunto Beccarelli. Fra questi Giuseppe Civinini (1835-1871), poi noto politico e direttore de “La Nazione”, che si distinse per competenza e correttezza nell'intendenza dell’esercito garibaldino tanto che divenne segretario del Generale. Il giovane pistoiese seguì poi l’Eroe nel '62 sull'Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano,  l'esilio a Caprera, e nel '66 fu di nuovo vicino a lui a Bezzecca, nel pieno della mischia. (2) 
Oltre ai due citati, altri pistoiesi tra i quali Giuseppe e  Raffaello Becherucci, Olimpio Banci, Torello Orlandini, Luigi Gianni, Ettore Regoli, Giuseppe Tesi, Aristide Turi, Pilade Fabroni, si distingueranno nelle diverse fasi dell’ epopea garibaldina. (3)  
Infine un famoso ufficiale dell’Eroe, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di origine bulgara, diverrà cittadino pistoiese d'adozione dal 1872 ed oggi alcune epigrafi, poste all'altezza di quella che fu la sua abitazione in via Verdi n. 19, dal Comune e dai due Stati, ne commemorano le gesta. 
Ma torniamo a quel 1867 che resterà per lungo tempo vivo nel ricordo dei pistoiesi. In seguito alle elezioni del marzo di quell’anno, a Firenze (capitale dal settembre '64) era stato rieletto il parlamento ed il capo del governo, Rattazzi, subentrato a Ricasoli, sembrava obiettivamente incoraggiare Garibaldi ad una nuova spedizione per la presa di Roma, ultima meta agognata dei patrioti e dei democratici dopo che col 1866 anche il Veneto era riunito all’Italia. 
A Pistoia nel 1867 la vita politico-amministrativa, complice anche un  suffragio elettorale ancora appannaggio di pochi istruiti ed abbienti, sembrava ormai egemonizzata dai moderati tanto che lo stesso Civinini, faticosamente eletto al parlamento nel 1865 per  la Sinistra,  era stato ora rieletto nelle file della Destra ricasoliana. 
I democratici pistoiesi (garibaldini, mazziniani e qualche “anarchico”, tutti strettamente sorvegliati da sottoprefetto e polizia) vedevano nell’ambita visita del Generale alla città anche un motivo d’orgoglio e di rivalsa, sia nei confronti dei “paolotti” filopapalini,  sia verso i liberalmoderati, i cosiddetti “malvoni” (dagli effetti emollienti della malva), patriottici ed anticlericali, ma sempre e comunque filogovernativi. (4) 
L’occasione sembrò presentarsi quando  Garibaldi giunse a fine giugno alla Grotta Giusti di Monsummano, ufficialmente per curare una vecchia artrite, ma probabilmente, data la vicinanza della capitale, anche per una serie di contatti politico-organizzativi in vista della progettata spedizione romana. 
Pochi giorni dopo 150 garibaldini guidati da Francesco Franchini e Giuseppe Gargini,  con banda musicale al seguito, si mosse da Pistoia per rendere omaggio al Generale che parlò di una sua imminente visita alla città. Terminate le cure, il 1 luglio Garibaldi venne ospitato in quel di Vinci dai suoi amici fratelli Martelli e dal borgo leonardiano avvertì il Gargini che, avendo l’intenzione di rendere omaggio alla tomba di Francesco Ferrucci a Gavinana, sarebbe stato suo ospite a Pistoia il 14 e il 15 luglio. 
L' 8 luglio il Generale interruppe il suo soggiorno a Vinci per una visita a Pescia e fu salutato dal fatidico grido “o Roma o morte”. Il 14 luglio, una calda domenica, mantenne la promessa, festeggiato al suo arrivo alle 11,30 alla stazione di Pistoia, da una moltitudine entusiasta che, fra le vie della città imbandierata a festa, lo accompagnò a casa Gargini. 
Qui Garibaldi da una finestra rivolse un breve, ma appassionato indirizzo di saluto alla folla sottostante che poi sarà così riportato dalla stampa locale: “Cittadini! Queste manifestazioni so che voi non le dirigete all’individuo, ma al principio; esse mi fanno conoscere che la causa del nostro Paese va avanti. - Di prepotenze l’Italiani non ne vogliono; e voi me lo avete manifestato con la vostra dimostrazione di oggi. - Se il patriottismo di Pistoia avrà seguito come spero anche nelle altra Città d’Italia, compiremo l’Unità della Patria. - Con uomini come voi, ogni impresa diventa facile - L’Italia la vogliamo, e la vogliamo a dispetto dei nemici interni, e di qualunque despota straniero - L’impeto di una Popolazione trionfa di tutto (Una voce grida Roma o morte) Si, a Marsala io lo ho detto per primo: o Roma o morte, ora dobbiamo dire Roma e vita, si dobbiamo dire Roma e vita, perché l’Italiani devono andare a Roma come a casa loro (Una chiesa in vicinanza suona le campane, e delle voci della folla gridano che sono i Paolotti che fanno suonare.) Di campane ne va lasciata una per segnare le ore, e del resto ne faremo tanti soldi, e se occorrerà tanti cannoni (Una voce della folla grida Viva il Martire d’Aspromonte) Io non sono Martire, il poco che ho fatto e sofferto non lo cambierei con qualunque Impero - però la palla che mi colpì al piede, non mi poteva uccidere, perché quella che mi ucciderà dovrà colpirmi a cuore. - Sebbene vecchio, spero che sarò con voi a Roma - Addio”. (5)   
La giornata si chiuse all’Arena Matteini, strapiena per l'occasione, dove Garibaldi assistette ad una rappresentazione teatrale, mentre negli intervalli l'attore Lollio declamò alcuni versi, composti per l’Eroe da Giulia Civinini Arrighi, sorella del suo ex-segretario on. Civinini, la cui assenza fu notata. 
Alle 21, erano quelli allora i ritmi della vita, tutto finì ed una banda musicale scortò il Generale fino a casa Gargini, sorvegliata tutta la notte da una guardia d’onore di 20 garibaldini. Prima di addormentarsi  l’Eroe ricevette l’omaggio floreale di alcune signore che ricambiò col dono di una foto con dedica.  
Lunedì alle 5 Garibaldi, col Gargini e altri amici, salì verso Gavinana ed in ogni paese incontrato nel viaggio ricevette doni e calorosi festeggiamenti. Al termine del patriottico pellegrinaggio il Generale lanciò una sottoscrizione affinché venisse eretto un monumento a Ferrucci. La bella e significativa giornata fu però inopinatamente rovinata perché qualcuno, durante il ritorno, rubò il poncho al quale Garibaldi, fin dalle sue imprese americane, teneva così tanto che, “quasi ne pianse”. (6) 
Il 16, alle 5,30, salutato da una banda musicale e da fedelissimi inneggianti alla presa di Roma, il Generale, raggiunta Porta Lucchese, ripartì per Vinci.  Garibaldi non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre,  avrebbe di nuovo, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell'allora importante stazione ferroviaria, mentre veniva tradotto prigioniero ad Alessandria dopo esser stato “scaricato” dal governo ed arrestato a Sinalunga nei pressi del confine pontificio. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi tentavano inutilmente di liberare il Generale dando poi vita a tumulti protrattisi in città fino al giorno 26. (7)
Nemmeno un mese dopo, il 20 ottobre, altri 66 pistoiesi sarebbero stati di nuovo accanto a Garibaldi nella sfortunata impresa di Mentana. (8)
                                                                            
                                         
                                          
                                  
                                        Carlo O. Gori 
                                                                                                                                                     Carlo Onofrio Gori Carlo Gori





Carlo Gori - Carlo O. Gori - Carlo Onofrio Gori


1) Cit. in C. Paiotti, Due garibaldini pistoiesi fra i Mille, in “Guidanuova” , pp. 96-98. 
2) Cfr. C.O. Gori: Giuseppe Civinini. Profilo di un garibaldino pistoiese, in“Camicia rossa”, a. 22, n. 2 (mag./lug. 2002), pp.15-16
3) Cfr. Garibaldi a Pistoia. Mito, fortuna, realtà, Pistoia, Comune di Pistoia, 1982.
4) Cfr. G. Petracchi, Mito e realtà di Garibaldi in una città di Provincia. Pistoia 1859-1904, in Garibaldi a Pistoia...cit., pp. 12-53.
5) Cit. in E. Bartolini, Giuseppe Garibaldi e la sua visita a Pescia, in “Guidanuova” ,  pp. 105-109
6) Garibaldi a Pistoia. 14 luglio 1867,  in “Il Progresso”, a. 1, (11 giu. 1882).
7) Garibaldi e Pistoia, n.u., Pistoia (17 lug. 1904), p. 7.
8) Altri pistoiesi sarebbero poi  stati ancora col Generale con l'armata dei Vosgi a Digione nel 1871. Sulle vicende del monumento pistoiese a Garibaldi cfr.: C.O. Gori,  Pistoia e Garibaldi: storia di un “tormentato” monumento equestre, in “Camicia rossa”, a. 22, n. 4 (nov. 2002/gen. 2003), pp.28-29. Su un noto pistoiese ammiratore di Garibaldi, cfr.: C.O. Gori, Policarpo Petrocchi ammiratore di Garibaldi. Profilo di un letterato pistoiese autore del Novo dizionario universale della lingua italiana, in “Camicia rossa”, a. 23, n.2/3 (mag./ott. 2003), pp. 29-30



Sintesi degli articoli pubblicati sulla rivista: "Microstoria", n. 34 (2004) 




e sulla rivista: "Camicia rossa", n. 1 (2004).



Attenzione: il post di questo blog e questi articoli sono riproducibili parzialmente o totalmente solo previo consenso o citazione esplicita dell'autore e del sito web e/o rivista.


vedi anche a  pagg. 5-6 della rivista:
http://www.vibanca.it/pdf/viinforma_01_2011.pdf


vedi anche: http://historiablogori.splinder.com


 vedi anche:  "Rassegna storica del risorgimento": Volume 91,Edizioni 1-4



  1. books.google.itIstituto per la storia del Risorgimento italiano - 2004 - Visualizzazione snippet
    CARLO ONOFRIO GORI, O Roma o morte! Garibaldi e le giornate "pistoiesi" del 1867, in Camicia rossa, ... 

"carlo gori"





                                                                                                                                                                                                                 

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Carlo Onofrio Gori. Risorgimento. Un erudito pistoiese dell'800 arruolato...nel fascio! 2011 - 150th Anniversary of the Unification of Italy

Niccolò Puccini (1799-1852)

II cognome Puccini, appena fuori Pistoia, evoca oggi, ai più, il ricordo del grande musicista lucchese Giacomo, tuttavia il patrizio pistoiese Niccolò fu uomo di notevole spessore culturale e civile. 
Filantropo, letterato, patriota, ebbe corrispondenti illustri: dal Leopardi al Tommaseo, dal Giusti al Poerio, dal Vieusseux al Thouar, dal Gioberti al Guerrazzi, al Pepe, etc.
Come tanti altri illustri personaggi, non avendo incontrato in epoche successive il biografo, il romanziere o il regista "di grido", la sua fama è rimasta confinata in ambito di élites culturali locali. Quanti, ad esempio, dentro e fuori Lucca, conoscono la figura di Francesco Burlamacchi, congiurato antimediceo di nobili ideali, oppure dentro e fuori Prato, sanno chi era Giuseppe Mazzoni, patriota e triumviro toscano nel 1849, che pure nelle loro città sono onorati da centralissimi monumenti?
Il vero monumento pistoiese a Puccini è il suo magnifico parco di Scornio - da lui lasciato in testamento alla città - ricco di statue di italiani illustri, adornato da un laghetto artificiale e da edifici in stile neoclassico. Ma non vogliamo soffermarci oltre sulla figura di Niccolò, se non per unfatterello curioso occorsogli post-mortem, nel 1930.
Un suo biografo, Alfredo Chiti, storico allora noto in Pistoia, richiesto dal fascio cittadino di una premessa al volume sui monumenti del giardino di Scornio da donare al Duce in occasione della sua visita in città, ebbe la bella pensata di vedere nel Puccini, morto nel 1852, addirittura un precursore… del fascismo, fondato come'è noto nel 1919. Il Chiti portò a sostegno della sua azzardata ipotesi le varie benemerenze patriottiche del patrizio pistoiese e fin qui niente di strano, ben più celebri risorgimentali padri della patria furono "adottati" durante il ventennio, ma fa veramente sorridere la sua tesi che il Puccini nell' "...esaltazione della romanitàantica ... concretò questo concetto col sovrapporre il Fascio Littorio a parecchi edifici quasi a voler significare fino da allora che il Futuro Benefattore di Italia, pel quale lasciò il posto vuoto in mezzo ai busti ai Grandi Italiani nel Pantheon fatto erigere nelle vicinanze del lago, non dovesse ispirare l'azione sua ad altro che al concetto di Roma imperiale.'"
Evidentemente il Chiti, in preda ad eroici furori, si era dimenticato che il fascio, simbolo originariamente etrusco, oltre rappresentare l'autorità di Roma antica, divenne in epoche successive, con il berretto frigio, emblema della Rivoluzione francese, comparendo talvolta come icona di unità e libertà nel Risorgimento italiano - e forse per questo l'aveva adottato il Puccini - usato poi, fra Ottocento e Novecento, sia nella terminologia politica (es. Fasci siciliani), sia come insegna da organizzazioni socialiste, sindacaliste e repubblicane. Insomma un simbolo anche "di sinistra", ripreso poi dal fascismo nella sua accezione di romanità, ma forse ammiccando anche ad altri contenuti.
Del resto ci fu ambiguità nel fascismo e nel nazismo nel dare varie connotazioni ai simboli adottati: camice nere degli arditi, ma anche dei rurali padani; la croce uncinata nazista inserita nella bandiera rossa, etc.. In sostanza il Chiti incorse nell' infortunio che capitò, su altro versante politico, a coloro che a Pistoia, dopo la caduta del fascismo, in piena furia iconoclasta, volevano togliere la corona e il fascio in bronzo posto ai piedi del monumento equestre a Garibaldi. Fortunatamente allora qualcuno fece notare che la scritta sulla coccarda della corona posta sotto il fascio recitava: "Reduci garibaldini... giugno 1909"!
                                                                                    

                 Carlo O. Gori                           


                                                                                                                   






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Attenzione: questo articolo è riproducibile, del tutto o in parte, avendo però cura di citare chiaramente l'autore e le fonti.



vedi anche: http://historiablogori.splinder.com


"carlo gori"


Niccolò Puccini, noble of the City of Pistoia, in Tuscany,  was a philanthropist, writer, patriot during the Italian Risorgimento...
Niccolò Puccini noble de la ville de Pistoia, en Toscane, était un philanthrope, écrivain, patriote au cours du Risorgimento italien ...
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Carlo Onofrio Gori. Presentazione

Come certamente avrete intuito in  questo si parlerà principalmente di Storia. Non tanto di storia mia personale, che può interessare più o meno a chi vorrà leggermi, ma di storia e storie, cioè di fatti, monumenti e personaggi  relativi dove vivo, Pistoia,  alle città vicine, Firenze e Prato e più in generale alla Toscana e oltre, soprattutto nel periodo Otto/Novecento.
E’ evidente che sono un appassionato di Storia e pertanto, per facilitare ed ampliare, anche con questo mezzo, i contatti con miei lettori e corrispondenti da tempo felicemente attivati, editerò qui alcuni brani di libri che ho pubblicato e selezioni di miei articoli e scritti comparsi su varie riviste specializzate e sul Web. Ovviamente, senza alcuna presunzione, ma soltanto per discutere e scambiarsi pareri, non escludo di soffermarmi anche su avvenimenti storici, politici e di costume, sia di altri periodi, sia attuali, tanto a livello nazionale, che internazionale.
Non ci sentiremo tutti i giorni…vorrei, ma non ne ho il tempo! Intanto, per facilitare la conoscenza con auspicati eventuali nuovi amici, pubblico qui, come primo post, una mia biografia. Arrivederci a presto!

Carlo Onofrio Gori, pratese, laureato in Materie Letterarie all’Università di Firenze con una tesi di storia del movimento operaio italiano, è stato dal 1978 al 2007 Bibliotecario alla Forteguerriana di Pistoia, città nella quale abitualmente risiede.
Nel corso del suo trentennale impegno presso la biblioteca si è occupato, rispettivamente: della Sezione Ragazzi, dell’organizzazione della biblioteca-archivio del Centro di Documentazione di Pistoia, uno dei più importanti d’Italia, di informazione e documentazione e di altre attività con particolare riferimento alla storia locale, alla didattica della Resistenza, alle pubblicazioni periodiche ed a vari progetti: Jules Verne (storico-scientifico per ragazzi, Per la pace, Per l’ambiente, Leggere fa bene (anziani) Libro parlato (non/e/ipovedenti), Policarpo Petrocchi (linguistico-letterario-storico), Cinquantenario Resistenza, Sessantenario Resistenza..
Ha, tra l’altro, pubblicato, curato o collaborato ai volumi: Catalogo dei periodici della Biblioteca del Centro di Documentazione, Pistoia 1983, Per la pace, Pistoia 1986, Per l’ambiente, Pistoia 1987, Le riviste del Sessantotto: schede 1967-1969, Pistoia 1990, Politica e movimenti: 1966-1996, Pistoia 1997; Le riviste della contestazione 1967-1969, Pistoia 1989; Le culture del Sessantotto: gli anni sessanta, le riviste, il movimento, Brescia 1989; Il bombardamento aereo di Pistoia del 24 ottobre 1943, Pistoia 1995; Guida ai monumenti della memoria, Pistoia 1995; Le riviste degli anni Settanta: gruppi, movimenti e conflitti sociali, Bolsena 1998, Resistenza nazionale e locale: apologia o libera ricerca. Le Fonti ed i metodi della ricerca storica, Pistoia 2003; La CNA e gli imprenditori artigiani. Documenti e appunti per una storia pistoiese, Pistoia, 2003; Atti del convegno di studi In onore di Policarpo Petrocchi, Pistoia-Prato, 2005; Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia (2. ed.), Pistoia 2005, etc.
Alcuni suoi lavori catalografici, segnalati anche sul sito Internet di Railibro, sono annoverati fra i più accreditati repertori internazionali di storia delle pubblicazioni periodiche dei movimenti politici e sono stati acquisiti dalle più prestigiose biblioteche ed istituti di ricerca italiani ed esteri.
Interessandosi poi in particolare ai periodi del Risorgimento e della Resistenza, ha collaborato e collabora a varie riviste, tra cui attualmente a: “Camicia Rossa”, periodico nazionale delle associazioni garibaldine; a “Patria indipendente”, organo nazionale dell’ANPI , a“Storialocale”, dell’associazione culturale pistoiese Storiaecittà, a “QF-Quaderni di Farestoria”, dell’ Istituto storico provinciale della Resistenza, a “Slavia”, rivista trimestrale di cultura dei popoli slavi, al “Notiziario del Circolo Fotografico il Tempio” e soprattutto alla rivista di storia toscana “Microstoria”, pubblicata a Firenze da Nuova Toscana Editrice.
Su queste riviste e su alcuni siti web (ha pubblicato tra l’altro vari articoli di storia toscana, ed a personaggi come Niccolò Puccini, Giuseppe Civinini, Policarpo Petrocchi, Ferdinando Martini, Berto Ricci, Bruno Fanciullacci, Leda Rafanelli, Fortunato Picchi, Silvano Fedi, Manrico Ducceschi, Pulvio Gargini, Giovan Battista Lulli, i Macchiaoli, ecc. e di avvenimenti quali la presenza francese in Toscana, i rapporti di Garibaldi con Pistoia, il “Biennio rosso”, la marcia su Roma ed altri episodi del fascismo pistoiese, le vicende dei pistoiesi nella “Divisione partigiana Garibaldi” in Jugoslavia, la storia corpo di spedizione brasiliano FEB, la Resistenza pistoiese e la presenza di partigiani toscani nell’Esercito di Liberazione alla Battaglia del Senio, la storia della CNA pistoiese in occasione del suo Cinquantenario, etc.
Ha tenuto e promosso, anche in ambito nazionale, con successo di pubblico e di critica, presentazioni di libri, mostre e varie Conferenze su fatti e personaggi oggetto delle sue ricerche, come, tra l’altro: Le riviste del Sessantotto (Pistoia 1990); Alle origini del trasformismo: politica e società in Italia nel Secondo Ottocento. Il caso di Giuseppe Civinini (Pistoia 2000); Celebrazioni nazionali per il Centenario della nascita e il 150° della morte del lessicografo e letterato pistoiese Policarpo Petrocchi (e cura e pubblicazione degli Atti con Andrea Ottanelli, Prato-Pistoia, Gli Ori, 2005); preparazione e svolgimento del Convegno toscano Resistenza nazionale e locale: apologia o libera ricerca? Le fonti e i metodi della ricerca storica (e cura e pubblicazione degli Atti, Pistoia, Proteo, 2003); Ferdinando Martini (Monsummano T., 2003); Manrico Ducceschi “Pippo” (commemorazione ufficiale, Pian di Novello, 2005); Resistenza e Liberazione. Diciotto percorsi di lettura e fruizione multimediale (Pistoia, 2004-2005); Ungheria 1956-2006 (Pistoia, 2006); La guerra civile spagnola (Pistoia, 2006); Petrocchi digitale (Pistoia, 2007); Intellettuali pistoiesi nell’Impero russo (Pistoia, 2009); La piccola storia, la grande storia. I casati Magnani e Bellini delle Stelle tra Massa e Cozzile, la Valdinievole e l’Italia (Massa C., 2009); Gli autori raccontano. Giuseppe Giusti: e trassi dallo sdegno il mesto riso (Massa C., 2010), Il demonio in Valdinievole, (Pistoia, 2010), etc.
Ha recentemente curato la pubblicazione sul Web e la presentazione della versione “digitale” di documenti ed opere di Policarpo Petrocchi, progetto finanziato dall’Unione Europea.
E’ socio di varie associazioni storiche e culturali, dell’ AVNRG, dell’Istituto storico della Resistenza, ed è tra i fondatori della pistoiese “Associazione Culturale Proteo” e dell’ “Associazione Culturale Prometeo Pistoia”.
Dal luglio 2007, dopo aver partecipato alle fasi dell’allestimento, dell’inaugurazione e dell’avvio della nuova Biblioteca comunale San Giorgio, ha lasciato per pensionamento il lavoro.

Per informazioni e contatti puoi usare anche:

cog@interfree.it

http://historiablogori.splinder.com

ora (dopo la chiusura di Splinder):

http://historiablogoriarchiviosplinder-cog.blogspot.com/



Carlo Onofrio Gori has worked at Biblioteca Forteguerriana e Biblioteca San Giorgio, studied at University of Florence, lives in Pistoia, Italy and is from Prato. He writes for various historical journals.

http://xoomer.alice.it/pistoiainrete/index.htm

http://xoomer.alice.it/carlo_onofrio_gori

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