Zibaldone Moscovita. Introduzione
Questo volume è il diario nudo e crudo di una catastrofe annunciata, «la più grande tragedia del XX secolo», con un bilancio minimo di morti di fame, inedia, disperati suicidi, di almeno venti milioni
di
persone, scomparsi per risuscitare il cadavere del capitalismo russo fra gli evviva entusiasti dell' Occidente
trionfante.
L'Occidente
pensava di aver sotterrato «il comunismo» o quello che si credeva tale e invece
contribuiva alla (ri)nascita di un "mostro", quello russo, che lo
aveva tormentato per almeno due secoli nel vecchio mondo ...
Ma
si sa che le vie del Signore sono imperscrutabili ... Nel 1991, nel mese di
giugno, fui invitato a Carrara a tenere una conferenza sull'Unione Sovietica dalla
locale associazione Italia-URSS.
Quando
entrai nella sala, la trovai piena di gente e in prima fila sedeva un gruppo di
operai in tuta. Il presidente dell' Associazione mi invitò a parlare. lo
esordii con queste parole: «Amici e cittadini,
quando
si parla di URSS tutti pensano che sia un monolite. Niente di più falso! Esistono più differenze fra un
estone e un azerbajgiano che fra uno svedese e un siciliano!» Non l'avessi mai
detto. Subito un operaio in tuta alzò la mano e disse: «Mozione d'ordine». «Bene
- fece la presidente - di che si tratta?». «Vorrei sapere, incalzò l'operaio in
tuta, chi è che ha chiamato a parlare dell'URSS quest'elemento antisovietico?».
Un vero fulmine a ciel sereno. Parapiglia in sala, poi prevalse la tesi che mi
lasciassero proseguire, bontà loro!
Quell'
operaio, in buona fede, ma disinformato, non immaginava che l'URSS, nel giugno
1991, stava per crollare sotto il peso delle proprie contraddizioni e di un
contrasto politico che era impersonato da due dirigenti statali, che si chiamavano
Gorbacev (presidente dell'URSS) e El'cin (presidente della Russia).
In
verità si trattava di una falsa alternativa, nel senso che ambedue, forse senza
rendersi conto di tutte le implicazioni vicine e lontane, volevano la fine
dell'Unità dell'Unione Sovietica.
A
dire la verità, chi teorizzò per primo la fine dell'URSS fu Gorbačëv, quando
inopinatamente inventò la favola della «casa comune europea» che era uno
schiaffo a tutta la tradizione storico-culturale della Russia, per non parlare
dei popoli di tradizione islamista dell'Asia Centrale e in parte del Caucaso.
El'cin,
da bravo speculatore, si gettò con foga nella breccia ideale e culturale aperta
dal suo avversario politico e rincarò la dose secessionista invitando tutte le
repubbliche a prendersi tanta indipendenza quanto pareva loro necessario. A questo
punto l'URSS si era trasformata in una specie di torre di Babele. E non solo
l'URSS, ma anche la Russia e molte altre repubbliche sovietiche. Gli errori
politici economici di Gorbačëv resero la fine dell'URSS un processo quasi scontato,
l'unico a non capirlo fu proprio lui, il primo e ultimo presidente dell'URSS.
Gorbačëv
l'ultimo depositario del potere giacobino dei bolscevichi, non ebbe mai il coraggio
di fare quello che il “democratico” un po' canagliesco El'cin ebbe il coraggio
di fare col Parlamento: l'uso della forza!
El'cin,
quando ritenne giunto il momento, usò la forza più brutale contro i suoi
avversari politici in modo oculato con l'uso dei corpi speciali dell' esercito
e dei civili volontari preparati nel più segreto, con l'uso di granate
perforanti multiple dotate di gas. Migliaia a furono i difensori del parlamento
il 4 ottobre 1993. Solo il corrispondente del “Corriere della sera”, Valentino,
ebbe il coraggio parlarne un po'! .. Ma poi fu trasferito in ... Germania!
Perché imparasse la lezione!
La
permanenza nella Russia in trasformazione è avvenuta in due diversi momenti del
1993, in un periodo di grandi trasformazioni economiche, sociali, culturali non
sempre positive. Nel corso di poco tempo cadde tutta la struttura economica sovietica creata nel corso dei decenni
precedenti. Il piano dei 500 giorni si trasformò in un arraffa-arraffa fra più
proprietà e più beni che si poteva da parte della cosiddetta
"nomenclatura" che di punto in bianco cambiò pelle e si scoprì dedita
al business più sfrenato e sfrontato.
Fu
inventato il sistema dei voucher che valevano 10.000 rubli essendo stato
"calcolato" che la ricchezza complessiva della Russia era di 150
miliardi di rubli. Ogni persona aveva diritto ad un voucher di 10.000 rubli. I
voucher furono snobbati dalla massa della popolazione e quindi il loro corso
cadde fino a circa il 40% del loro valore. I grandi commis di stato ne fecero
incetta senza spendere molto perché avevano in mano le casse delle fabbriche e
le banche. Una volta che questa incetta fu realizzata fu attuato l' adeguamento
dei prezzi delle merci a quelli occidentali, cioè una rivalutazione di mille volte,
mentre i salari rimanevano gli stessi. Di punto in bianco milioni di persone
guadagnavano mille volte meno. Non solo! Ma le fabbriche e gli uffici non
pagarono più per alcuni anni i loro dipendenti.
Le
case di cura e riposo, gli ospedali, le scuole, gli asili nido non ricevettero
più i finanziamenti. In questa condizione di disastro generale furono
annunciate le privatizzazioni, da cui furono esclusi gli stranieri e i
cittadini russi senza vaucher.
La
svendita di tutto l'apparato industriale e commerciale divenne un gioco da
ragazzi per la nomenclatura sovietica. Alla gente comune furono date le
briciole, cioè le case, spesso obsolete e fatiscenti, in cui abitavano a
condizione che ne facessero richiesta scritta. Molti si rifiutarono di farlo e
non pochi si videro gettati fuori dalla casa in cui avevano sempre abitato.
Il
dramma sociale provocò una crisi demografica senza precedenti nel mondo moderno. Milioni di persone videro
distrutte le aspettative di vita e morirono silenziosamente di fame, inedia o
si suicidarono.
Molti
bambini furono venduti all'estero, pardon, adottati. Trecentomila scienziati
emigrarono nei paesi capitalistici, dove si sono rifatti una vita.
La
popolazione russa, malgrado tutta l'immigrazione, dall' Asia centrale, di 15 milioni
di persone, è scesa da 150 a 142 milioni. Una perdita secca di circa 20 milioni
di persone. Neanche le purghe di Stalin avevano provocato tanto sfacelo.
Nel
mio diario registro l'andamento dei prezzi e l'ondata dei cambiamenti. Nel
frattempo, lavoro all'Archivio del Komintern per studiare il lascito di Gramsci
e Togliatti.
Quel
ritorno a Mosca nel 1993, anzi quei ritorni, perché sono diverse permanenze
nella capitale russa ex sovietica all'indomani della disgregazione dell'impero
sovietico e della stessa URSS, mi
proiettarono
in una esperienza nuova, ma in un certo senso fu una esperienza di ritorno,
perché nel 1943 avevo già assistito alla caduta di un regime, quello fascista,
che voleva essere millenario, e di uno stato, quello italiano, che non aveva
che 80 anni.
L'avevo
vista e vissuta - quella - con i miei occhi di bambino ora invece vedevo
concretamente con sguardo adulto la rovina di un regime, quello sovietico, che
voleva essere eterno, e di uno stato che
aveva
poco più di 70 anni.
I
due regimi erano caduti per due ragioni diverse: il regime fascista a causa di
una sconfitta militare, quello sovietico per implosione interna. I suoi
dirigenti, alla prova dei fatti, non erano riusciti a riformarlo, vittime
consapevoli e sacrificali di infinite
contraddizioni. Nel mio diario giornaliero documento i conflitti finanziari,
miei, sociali, nazionali, culturali che lo avevano portato alla rovina. Il mio
diario lo chiamo, non a caso, Zibaldone,
perché nelle mie analisi tengo ben presente la crisi che negli stessi anni
viveva L ‘Italia era una crisi che aveva molte analogie con la coeva crisi
sovietica e russa E se le mie giornate
spesso trascorrevano nell'archivio del Comintern non era un caso, ma una scelta
precisa: perché dopo il crollo del regime sovietico gli archivi del partito
comunista sovietico e dell'Internazionale comunista potevano essere visti senza
alcun filtro o censura, a differenza di quanto mi era capitato negli anni di studio
all'Università Statale Lomonosov di Mosca. Era improvvisamente la manna dal
cielo, la situazione che avevo sempre sognato. Purtroppo se avevo le «aperture»
per accedervi, non avevo soldi per acquistare i documenti, come hanno fatto
altri, compresi certi italiani che . questi denari li avevano. Costoro hanno
acquistato pezzi d'archivio a caro prezzo da alcuni archivisti che poi si sono
fatti una solida posizione sociale negli USA.
Questi
documenti potrebbero rivelare, se conosciuti, alcuni lati inconcepibili per non
pochi dirigenti politici italiani, ma anche di tanti altri paesi, nel secondo
dopoguerra. Forse questi documenti, che ho potuto vedere, compariranno fra
qualche decennio, quando diventeranno simili ai reperti di Hammurabi per noi
uomini del XXI secolo.
Non
si può escludere, però, che altre catastrofi sociali non li distruggano. Una
parte dei documenti che rinvenni a Mosca, nell'archivio del Komintren, li ho
già pubblicati diciassette anni fa nel mio Togliatti
fra Gramsci e Nečaev anticipo di tutti i documenti di varia natura che
avevo copiato a Mosca senza aver chiesto di fotocopiarli per mantenere il
segreto di quello che avevo trovato.
Infatti,
via via che guardavo le varie filze, venivano a chiedermi se avevo trovato
qualcosa di interessante; io mi schermivo dicendo: «sono le solite cose».
Poi
fui preso da tutta una serie di altre ricerche, che mi allontanarono dalla
realizzazione del programma originario. I nuovi progetti furono inframezzati da momenti di difficoltà
con la mia salute e da altre questioni. Solo oggi, dopo quasi vent'anni dalle
ricerche (e dalle scoperte), posso pubblicare interamente i documenti rinvenuti
nel 1993. Questi documenti provengono, in larga misura, dal fondo Ercoli (Palmiro
Togliatti). Si tratta anche di documenti curiosi che riguardano lettere di
Pietro Nenni, Oddino Morgari o Rugginenti, durante il periodo della guerra
civile di Spagna, ma anche dei processi di Mosca.
Un
altro blocco di documenti proviene dal fondo Gramsci, fondo che ancora oggi,
come dimostra l'inventario che pubblico per la prima volta, non è stato affatto
esplorato fino in fondo, a causa delle timidezze, doppiezze e incongruenze dei
dirigenti del PCI, che hanno costantemente inviato a Mosca uomini e studiosi
non sufficientemente preparati alla bisogna e che sono all'origine di tante
polemiche attuali e roventi - lasciatemelo dire - spesso inutili e dannose per
coloro che volevano essere i continuatori della causa di Gramsci ...
Il
principale continuatore di Gramsci è stato proprio Palmiro Togliatti.
Nell'archivio Ercoli si trovano non pochi documenti che riguardano il suo
antico compagno di lotta. Poi ce ne sono diversi.
diverse
"scalette" che pubblichiamo; che riguardano le sue avventurose
vicende rivoluzionarie.
In
particolare c'è la "scaletta" che riguarda la sua fuoriuscita dalla Francia
con tutti i "passaggi" di coloro che lo hanno aiutato a rientrare in
URSS fra il 1940 (dopo che era stato arrestato dalla polizia francese e tenuto
in carcere sei mesi sotto le mentite spoglie di un ingegnere sud -americano) e
il 1941, pochi mesi prima che iniziasse l'aggressione
nazista alla Russia e che egli scrivesse la famigerata lettera sulle necessità
di «rielaborare» gli scritti di Gramsci.
Gli
altri documenti che ho rinvenuto in quel periodo a Mosca riguardano alcuni
partiti politici italiani, a cominciare dal PCI. Fra questi la memorabile
corrispondenza fra Togliatti e Bianco (allora rappresentante del PCI nel Komintern)
sulle sorti dei prigionieri di guerra italiani.
Alcuni
di questi documenti suscitarono una forte polemica di stampa e toccò proprio a
noi ristabilire il testo originale al di là e al di sopra di ogni polemica
contingente e strumentale.
Negli
ultimi mesi siamo stati accusati in modo gratuito da Chiara Daniele, direttrice
della Fondazione Feltrinelli, di alcuni “misfatti” in forma gratuita. Parlando
del mio Togliatti fra Gramsci e Nečaev
scrive: «La nota introduttiva contiene una serie di affermazioni e interpretazioni
che non è questa la sede per discutere!» (sic). E, di grazia, quale sarebbe la
sede? Forse quella della Santa Inquisizione in quanto sarei reo di eresia? Sì,
non faccio fatica ad ammetterlo, eretico da sempre [perché non ho mai avuto Dei
da venerare o da rispettare, ma solo una Dea che si chiama Ragione da seguire] e poi Chiara Daniele prosegue - con un
rapporto fra causa ed effetto veramente'
demenziale - «ma che rivelano una sorprendente ignoranza delle vicende
gramsciane”'.
E
così, il silenzio durato diciassette anni è finito dopo che si cercò, senza
successo, di incriminarmi per il «furto» di documenti. Ma chi era di fatto l'erede del Comintern, dal
momento che il PCI si era sciolto? Nessuno. Comunque, venne da me un collega e
compagno dell'Università di Firenze che curava l'ultimo volume della Storia del PCI e mi disse: «Non ti
citeremo mai!» e io risposi: «E chi se ne frega!». Andò via arrabbiato.
Se
a pubblicare documenti inediti di Antonio Gramsci si rivela la propria
ignoranza, nelle vicende gramsciane mi riconosco colpevole.
Anzi,
sono anche colpevole di un nuovo e più orrendo delitto, che suona eresia
lontano mille miglia. Pubblico per la prima volta l'inventario delle carte di
Antonio Gramsci, così come sono state deposi
tate
e catalogate a Mosca, e rimaste lì nascoste per decenni fino al 1993.
Questo,
a mio giudizio, piuttosto che una colpa è un grande merito, perché si chiude
definitivamente il periodo delle manipolazioni dei documenti della vita di
Gramsci e di tanti altri dirigenti comunisti
e
antifascisti, passando, che so, attraverso Nerio Nesi, Leo Valiani alias
Weissen, fino a Gian Giacomo Feltrinelli. Anzi, sarei molto curioso di sapere
da Chiara Daniele, direttrice della Fondazione Feltrinelli, visto che lei è
bene informata, come è morto Gian Giacomo Feltrinelli. Non posso polemizzare
ulteriormente con Chiara Daniele per la semplice ragione che non ha sollevato
nessuna argomentazione contro di me, ma mi ha «solo» accusato di «ignoranza»
senza specificarne la natura. .
lo
invece devo accusarla di sfrenata ritrosia perché lei, sapendo tutto, comprese
le morti misteriose del XX secolo - a partire da quella di Gian Giacomo
Feltrinelli - tiene segrete questa ed altre verità, che invece sarebbero
utilissime per ristabilire la storia.
Nel
1993 sono stato all'archivio dell'ex Cornintern per due mesi.
Delle
ricerche e dei ritrovamenti effettuati fra fine maggio e fine giugno ho già
parlato. Rimane ora da chiarire di cosa mi sono interessato nella seconda
permanenza, tra fine agosto e fine settembre.
Si
tratta di tre filoni di ricerca: 1) L'atteggiamento dei comunisti durante la
Resistenza; 2) La nascita, la
formazione e l'autoscioglimento del partito dei cattolici comunisti (Franco
Rodano); 3) La genesi, l'affermazione e
l'esaurimento del P.d.A. anche attraverso l'evoluzione dei suoi gruppi
dirigenti.
Queste
analisi appartengono ai funzionari dell' Ambasciata sovietica a Roma. Le loro
missive erano dovute alle ricerche dei funzionari sovietici in Italia ed erano
frutto di un lavoro collettivo. Queste analisi venivano inviate a Mosca contemporaneamente
al Ministero degli Esteri e all'apparato del CC del PCUS, dai corrispondenti
gangli dello stato sovietico.
A
volte, anzi spesso, c'era la sovrapposizione degli organismi che per questioni
personali, come nel caso della ex nuora di Luigi Longo. Sovrapposizione che, in
questo caso, viene a configura quasi come un contrasto fra Palmiro Togliatti e
il suo vice Luigi Longo.
Quelli
che qui si leggono sono i primi giudizi storico-politici su questi
raggruppamenti politici di parte sovietica e in questo consiste il loro valore.
La
storiografia su questi aspetti storico-politici ha fatto passi da gigante.
Basti pensare alla ormai classica Storia
del PCI in diversi volumi, di Paolo Spriano, alla Storia del Partito d'Azione di Giovanni De Luna e a La sinistra cristiana di Francesco Malgeri.
Le
note su questi (e altri) partiti dei funzionari dell' Ambasciata sovietica sono
i primi tentativi compiuti. Sono quindi basate su informazioni riservate o
articoli giornalistici e per di più sono viziate da visioni della scolastica
marxista che essi avevano studiato a Mosca.
Nel
caso del P.d.A. esse sono viziate da una incipiente guerra fredda o addirittura
da informazioni faziose, come nel caso di Leo Valiani definito tout court
«trotskista».
Immagino
quante risate devono essersi fatti a Mosca i dirigenti del KGB su queste
definizioni, assolutamente infondate. Infatti, uomini come Parri, Valiani,
Lussu, La Malfa erano davvero navigatori di lungo corso che per esperienza e
intelligenza surclassavano nettamente i
loro indagatori sovietici, i quali non erano altro che modesti burocrati.
E
comunque questi giudizi ci restituiscono il pathos del momento storico, le
concezioni che animavano i loro estensori, il clima della messaggistica che
inviavano ai loro superiori di Mosca. Oggi, tante ricerche e riflessioni,
possiamo anche sorridere di molti giudizi ma all'epoca c'erano milioni di
persone che erano morte e continuavano a morire in omaggio a certi ideali ...
Era
appunto questo quello che mi attraeva in questi documenti che mi faceva
riflettere quando uscivo in strada dopo una giornata trascorsa in archivio e
notavo lo scompiglio dei prezzi e dell'ordine pubblico.
E
poi sentivo ogni giorno di più il maturare di una crisi risolutiva fra le forze
del parlamento di tipo sovietico e le forze oscure che stavano dietro a El'cin.
Lo scontro finale avvenne una settimana dopo la mia partenza. El'cin mise in
campo le forze speciali dotate di granate perforanti multiple e a gas, che fecero strage dei
difensori della «Casa bianca».
Parteciparono
a questi scontri anche milizie popolari, armate segretamente, come quella
guidata da K.K. che ho ricordato nel corso dei miei incontri.
Quante
furono le vittime non è mai stato detto. Ma posso affermare che furono
parecchie migliaia.
Con
il 4 ottobre 1993 finiva una fase della storia russa: finiva con una tragedia. C'ero
anch'io.
Renato Risaliti
Data: 28/05/2013 20.51
A: "rrisaliti@libero.it"<rrisalit i@libero.it>
Ogg: Re: I: foto in allegato
Tanti, tanti auguri! L'Associazione culturale Prometeo Pistoia ci ha fatto veramente
un bel regalo.
Tuo
Anatoly Krasikov
----Messaggio originale----
Da: ankrasikov@gmail.comData: 28/05/2013 20.51
A: "rrisaliti@libero.it"<rrisalit
Ogg: Re: I: foto in allegato
Carissimo Renato,
con tutti i miei pensieri e con una grande gioia saro' accanto a te` alla presentazione del "Zibaldone moscovita". Nemmeno migliaia di chilometri possono impedire di sentirci vicini. Tanti, tanti auguri! L'Associazione culturale Prometeo Pistoia ci ha fatto veramente
un bel regalo.
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