Cospaia
(1441-1826): tra Toscana e Umbria una “Repubblica” nata per sbaglio e vissuta
sul...fumo
Tutto
nacque nel 1441 dalla risoluzione di un debito sembra di 25000 fiorini d’oro
(altri parlano di 14000 ducati) contratto
dal papa Eugenio IV, (Gabriele Condulmer Venezia, 1383 – Roma, 23 febbraio
1447) nei confronti Repubblica fiorentina, repubblica di nome, ma di fatto già
Signora sotto Cosimo di Giovanni de' Medici detto il Vecchio. Interessante la figura di Eugenio IV, proveniente
dall’ordine agostiniano, un papa austero, antinepotista, colto e raffinato
amante delle arti, protettore dei poveri, che ebbe un pontificato a dir poco
per varie importanti vicende, conciliari e di rapporti internazionali, perlomeno
“tormentato”, al punto che, essendosi, tra l’altro, messo in urto con l’aristocrazia
romana, ed in particolare i Colonna, dovette passare circa dieci anni in
esilio dall’Urbe, molti dei quali trascorsi proprio nell’amica Firenze. Fatto
sta che evidentemente i soldi papa Eugenio IV in quel momento non li aveva pronti
e per sdebitarsi con i Medici cedette ai fiorentini, prima in pegno e poi evidentemente
in modo definitivo, una piccola parte del territorio dello Stato della Chiesa ed
in particolare il borgo di Sansepolcro, oggi provincia di Arezzo, con i terreni
circostanti.
Si
dovettero quindi stabilire e misurare sul terreno i nuovi confini fra Stato
della Chiesa e Repubblica fiorentina, cioè fra il borgo di Sansepolcro, passato
ora a quest’ultima, e il borgo di San Giustino, comune oggi in provincia di
Perugia, rimasto nei territori pontifici.
Ogni
Stato, e qui sorse il problema, nominò una propria commissione che sul terreno,
evidentemente, non agirono di concerto
poiché come linea di demarcazione venne scelto un ruscello chiamato “Rio”, ma
non fu considerato che originati dalla stessa sorgente, dal Monte Gurzole, si
diramano poi due torrentelli chiamati entrambi Rio, i quali, scendendo verso il
Tevere, avvolgono la collinetta di Cospaia fino a una distanza massima di circa
500 metri l’uno dall’altro circoscrivendo una piccola “isola” di 330 ettari con
al centro il borgo di Cospaia. I tecnici Medicei scelsero come punto di riferimento
il Rio che scorre nei pressi di Sansepolcro, mentre quelli pontifici presero
come riferimento il torrente Rio che passa fra San Giustino e Cospaia.
Fu così che il
piccolo borgo di Cospaia, “terra di nessuno” stretta tra i due territori, si ritrovò libero sia dal governo mediceo che
da quello papalino. I due Stati in seguito si resero abbastanza presto conto
dell’errore, ma non ebbero alcun
interesse a rimediarvi: tutto sommato quel piccolo territorio si candidava
a “porto franco” per lo scambio di mercanzie
senza obbligo di pedaggi e dogane, insomma uno sfogo fisiologico che conveniva
all’economia di entrambi. Di tutto ciò ne approfittarono i cospaiesi che liberi da sovranità, leggi, tasse,
spese, dazi e balzelli di alcun tipo si proclamarono subito indipendenti e tali
rimasero per quattro secoli. Ebbero una loro repubblica, ufficialmente non
riconosciuta da nessuno stato, visto che essi erano…”terra di nessuno” ed anche una bandiera nera e bianca su striscia
diagonale, ma non ebbero capi, soldati e imposte, mentre l’unica legge
scritta che comparve nel paese, fu l’emblematica e significativa iscrizione che
si trovava, e si trova ancora, sull’architrave della Chiesa della
Confraternita: “Perpetua et Firma Libertas”. Inizialmente il territorio divenne
sede per l'esercizio del contrabbando favorendo da subito il
benessere economico dei cospaiesi rispetto alle popolazioni vicine, ma la svolta economica del paese venne intorno
al 1574 quando il cardinale Niccolò Tornabuoni, tornato da una
missione in Spagna, inviò da Parigi al nipote
Alfonso, vescovo di Sansepolcro, alcuni semi della pianta del tabacco (dal suo cognome poi detta "erba tornabuona") e nella
terra libera di Cospaia ebbe inizio la produzione del tabacco. Infatti a
Cospaia non entrarono mai in vigore quelle misure prese inizialmente da molti
governi contro il nuovo vizio del fumo e del fiuto del tabacco che portarono a
proibirne la coltivazione. Anche i papi arrivarono a scomunicare chi ne faceva
uso di tabacco e solo nel 1724 papa Benedetto XIII revocò la scomunica contro i
fumatori, quando già vari governi s’erano accorti che gli ostacoli alla
coltivazione della pianta erano controproducenti per le rispettive economie
poiché fumare significava alimentare le entrate statali tramite i dazi.
Cospaia nel
frattempo aveva ovviamente eluso tutte le proibizioni ed il tabacco, produzione
lì predominante e più che mai redditizia, aveva fatto del paese praticamente la capitale
del tabacco italiano.
Tuttavia
col passare del tempo la piccola “repubblica”, oltre che per questa attività,
era fatalmente divenuta nota come ricettacolo e rifugio di contrabbandieri e
malfattori di ogni specie e come tale non serviva più, anzi era divenuta
ingombrante, sia per il Granducato di Toscana che per lo Stato Pontificio che, dopo
alterne vicissitudini, il 25 maggio 1826, raggiunsero un accordo per
sopprimerne l’indipendenza de facto e per incorporare quasi interamente il
territorio nello Stato della Chiesa con tutto il borgo aggregato al Comune umbro
di San Giustino. Ci fu un atto di sottomissione al Pontefice da parte di
quattordici rappresentanti del paese di Cospaia che ebbe come compenso per la
libertà ceduta il privilegio di coltivare mezzo milione di piante di tabacco, coltivazione
che, sebbene da allora in poi sottoposta a forti tassazioni prima del governo
pontificio poi di quello italiano, rimase una delle principali attività di
Cospaia, mentre con il 1860 quando l'intera regione umbra venne incorporata nel
nascente Regno d'Italia la coltivazione venne allargata anche ai comuni di San
Giustino, Sansepolcro e Citerna.
Ancora
oggi nelle feste popolari del borgo vengono rievocati i tempi della “Repubblica”
di Cospaia e della sua "libera" coltivazione del tabacco.
Carlo Onofrio Gori
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