È USCITO “IL METATO”
PISTOIA. “Il Metato” di ottobre, cioè il numero 78, si può ancora trovare in distribuzione presso l’edicola “La Civetta” in via Salvo d’Acquisto, la libreria “Il Globo” in via Buozzi, l’edicola “Meglio a Sapersi” di Pontelungo (via Provinciale Lucchese) e l’edicola Ospedale San Jacopo, presso l’ecomostro-gommone del campo di volo.
In quest’ultima uscita del periodico dell’associazione culturale Amici di Pupigliana e della Valle del Brandeglio trova spazio, tra i vari articoli, un ritratto inedito dell’artista Alberto Fremura, “il maestro del pennello”, durante la visita al campionato della bugia de Le Piastre.
Viene restituito anche un ricordo dell’epopea garibaldina a Pistoia, con il passaggio e soggiorno, ricordato ancora oggi da alcune lapidi dislocate in città, dell’eroe dei due mondi. Una tappa contraddistinta del clamoroso furto del poncho rosso, un furto subito dal Generale durante il viaggio a Gavinana per lanciare la sottoscrizione pubblica per la statua al Ferrucci.
C’è inoltre spazio per un aspetto minore della storia sportiva locale: l’attività dei cronometristi, che offrivano il servizio di cronometraggio durante le gare di velocità. Celebri quelle che, alla metà degli anni Trenta, si svolgevano sulla Firenze-Mare, e videro Giuseppe Furmanik e Tazio Nuvolari sfrecciare a velocità da record. Un’esclusiva intervista al pistoiese Luigi Canepuzzi – già presidente dell’Associazione Cronometristi Pistoiesi, che il prossimo anni festeggia il 75° compleanno – esperto del settore con ruoli di prestigio nella Federazione Italiana Cronometristi, organo del Coni dal 1921, permette di conoscere da vicino una realtà sostanzialmente fondamentale per molte discipline sportive, non solo per il motorismo.
Infine una menzione al libro fotografico recentemente pubblicato, curato da Dorando Baldi, “Pupigliana, immagini fotografiche 1890-1990”, con prefazione di Andrea Ottanelli che paragona l’opera ad una sorta di antologia Spoon River dei paesi montani.
Il Metato di ottobre ha visto la collaborazione di: Luigi Pulcini, Calogero Armato, Carlo Bartolini, Carlo Onofrio Gori, Silvana Agostini, Sauro Corsini, Antonio Frintino, Rodolfo Cocchi, Vanni Melani, Raffaele Accarino, Andrea Bolognesi, Associazione OltrePistoia e Alfio Signorini.
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Il mio articolo in questo numero:
Metato Storia
Storie di seguaci pistoiesi del condottiero nizzardo e del furto che lo fece
Storie di seguaci pistoiesi del condottiero nizzardo e del furto che lo fece
quasi piangere
di CARLO ONOFRIO GORI
A Pistoia una lapide posta all’altezza del n. 40 di via della Madonna ci rammenta che il: “XIV Luglio MDCCCLXVII Giuseppe Garibaldi qui fu ospitato, di qui parlò al popolo plaudente fatidiche ed amorose parole mallevando prossima la liberazione di Roma. Sciogliendo il voto del popolo pistoiese, a perfetta memoria del fatto, la famiglia dell’avv. Giuseppe Gargini QLP II Luglio MDCCCLXXXII”. Tuttavia i rapporti fra Pistoia (che già aveva dato il suo tributo di volontari alla prima ed alla seconda guerra d’indipendenza) e Garibaldi risalivano a ben prima: ad esempio c’è fra i “Mille” un pistoiese, Pietro Beccarelli. Com’è noto la nave garibaldina “Piemonte”, nel viaggio verso Marsala, sostò per rifornimenti al largo del forte di Talamone e Beccarelli, uno dei tanti pistoiesi che stagionalmente si recavano in Maremma a far carbone, colse l’occasione per unirsi ai temerari. Il noto garibaldino Giuseppe Bandi, di Gavorrano, fondatore de “Il Telegrafo” di Livorno, nel suo I Mille, racconta che mentre aspettava di tornare a bordo gli si avvicinò il Beccarelli chiedendo aiuto perché era senza lavoro ed affamato, quasi al punto di morire, al che il tenente Bandi affermò: “Come! Chiedi la carità a me che ho già fatto testamento e mi son fatto ungere ... Hai moglie, hai figlioli ? - Né figlioli, né moglie. - Allora, caro mio, morire per morire, l’è meglio morir da bravo con noi, che crepar di fame. Almeno ti metteranno in musica. Hai tu paura delle palle? Il Maremmano fe’ cenno che no. - Allora - soggiunsi - monta meco su questa barca, e da ora in poi sarai soldato di Garibaldi. - Viva Garibaldi sempre! - esclamò il disgraziato, non più disgraziato e mi seguì. Si chiamava Becarelli, da Saturnana nel pistoiese, ed era bracciante”. Successivamente ed in più riprese altri 250 pistoiesi avrebbero raggiunto Beccarelli.
Fra questi Giuseppe Civinini (1835-1871), poi noto politico e direttore de “La Nazione”, che si distinse per competenza e correttezza nell’intendenza dell’esercito garibaldino tanto che divenne segretario del Generale. Il giovane capitano pistoiese seguì poi l’Eroe nel ‘62 sull’Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano, l’esilio a Caprera, e nel ‘66 fu di nuovo vicino a lui a Bezzecca, nel pieno della mischia. Oltre ai due citati, altri pistoiesi tra i quali Giuseppe e Raffaello Becherucci, Olimpio Banci, Torello Orlandini, Luigi Gianni, Ettore Regoli, Giuseppe Tesi, Aristide Turi, Pilade Fabroni, si distingueranno nelle diverse fasi dell’ epopea garibaldina.
Infine un famoso ufficiale dell’Eroe, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di origine bulgara, diverrà cittadino pistoiese d’adozione dal 1872 ed oggi alcune epigrafi, poste all’altezza di quella che fu la sua abitazione in via Verdi n. 19, dal Comune e dai due Stati, ne commemorano le gesta. Ma torniamo a quel 1867 che resterà per lungo tempo vivo nel ricordo dei pistoiesi. In seguito alle elezioni del marzo di quell’anno, a Firenze (capitale italiana dal settembre ‘64) era stato rieletto il Parlamento ed il capo del governo, Rattazzi, subentrato a Ricasoli, sembrava obiettivamente incoraggiare Garibaldi ad una nuova spedizione per la presa di Roma, ultima meta agognata dei patrioti e dei democratici dopo che col 1866 anche il Veneto era riunito all’Italia. A Pistoia
nel 1867 la vita politico-amministrativa, complice anche un suffragio elettorale ancora appannaggio di pochi istruiti ed abbienti, sembrava ormai egemonizzata dai moderati tanto che lo stesso Civinini, faticosamente eletto al parlamento nel 1865 per la Sinistra, era stato ora rieletto nelle file della Destra ricasoliana. I democratici pistoiesi (garibaldini, mazziniani e qualche “anarchico”, tutti strettamente sorvegliati da sottoprefetto e polizia) vedevano nell’ambita visita del Generale alla città anche un motivo d’orgoglio e di rivalsa, sia nei confronti dei “paolotti” filopapalini, sia verso i liberalmoderati, i cosiddetti “malvoni” (dagli effetti emollienti della malva), patriottici ed anticlericali, ma sempre e comunque filogovernativi. L’occasione sembrò presentarsi quando Garibaldi giunse a fine giugno alla Grotta Giusti di Monsummano, ufficialmente per curare una vecchia artrite, ma probabilmente, data la vicinanza di Firenze capitale, anche per una serie di contatti politico-organizzativi in vista della progettata spedizione romana. Pochi giorni dopo 150 garibaldini guidati da Francesco Franchini e Giuseppe Gargini, con banda musicale al seguito, si mosse da Pistoia per rendere omaggio al Generale che parlò di una sua imminente visita alla città. Terminate le cure, il 1 luglio Garibaldi venne ospitato in quel di Vinci dai suoi amici fratelli Martelli e dal borgo leonardiano avvertì il Gargini che, avendo l’intenzione di rendere omaggio alla tomba di Francesco Ferrucci a Gavinana, sarebbe stato suo ospite a Pistoia il 14 e il 15 luglio.
L’ 8 luglio il Generale interruppe il suo soggiorno a Vinci per una visita a Pescia e fu salutato dal fatidico grido “o Roma o morte”. Il 14 luglio, una calda domenica, mantenne la promessa, festeggiato al suo arrivo alle 11,30 alla stazione di Pistoia, da una moltitudine entusiasta che, fra le vie della città imbandierata a festa, lo accompagnò a casa dell’avvocato Gargini. Qui Garibaldi da una finestra rivolse un breve, ma appassionato indirizzo dfestato con la vostra dimostrazione di oggi. - Se il patriottismo di Pistoia avrà seguito come spero anche nelle altra Città d’Italia, compiremo l’Unità della Patria. - Con uomini come voi, ogni impresa diventa facile - L’Italia la vogliamo, e la vogliamo a dispetto dei nemici interni, e di qualunque despota straniero - L’impeto di una Popolazione trionfa di tutto (Una voce grida Roma o morte) Si, a Marsala io lo ho detto per primo: o Roma o morte, ora dobbiamo dire Roma e vita, si dobbiamo dire Roma e vita, perché l’Italiani devono andare a Roma come a casa loro (Una chiesa in vicinanza suona le campane, e delle voci della folla gridano che sono i Paolotti che fanno suonare.) Di campane ne va lasciata una per segnare le ore, e del resto ne faremo tanti soldi, e se occorrerà tanti cannoni (Una voce della folla grida Viva il Martire d’Aspromonte) Io non sono Martire, il poco che ho fatto e sofferto non lo cambierei con qualunque Impero - però la palla che mi colpì al piede, non mi poteva uccidere, perché quella che mi ucciderà dovrà colpirmi a cuore. - Sebbene vecchio, spero che sarò con voi a Roma - Addio”. La giornata si chiuse all’Arena Matteini, strapiena per l’occasione, dove Garibaldi assistette ad una rappresentazione teatrale, mentre negli intervalli l’attore Lollio declamò alcuni versi, composti per l’Eroe da Giulia Civinini Arrighi, sorella del suo ex-segretario on. Civinini, la cui assenza fu notata. Alle 21, erano quelli allora i ritmi della vita, tutto finì ed una banda musicale scortò il Generale fino a casa Gargini, sorvegliata tutta la notte da una guardia d’onore di 20 garibaldini. Prima di addormentarsi l’Eroe ricevette l’omaggio floreale di alcune signore che ricambiò col dono di una foto con dedica.
Lunedì alle 5 Garibaldi, col Gargini e altri amici, salì verso Gavinana ed in ogni paese incontrato nel viaggio ricevette doni e calorosi festeggiamenti. Al termine del patriottico pellegrinaggio il Generale lanciò una sottoscrizione affinché venisse eretto un monumento a Ferrucci. La bella e significativa giornata fu però inopinatamente rovinata perché qualcuno, durante il ritorno, rubò il poncho al quale Garibaldi, fin dalle sue imprese americane aveva quotidianamente indossato, tanto che, “quasi ne pianse”. Il 16, alle 5,30, salutato da una banda musicale e da fedelissimi inneggianti alla presa di Roma, il Generale, raggiunta Porta Lucchese, ripartì, senza poncho, per Vinci. Garibaldi non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre, avrebbe di nuovo, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell’allora importante stazione ferroviaria, mentre veniva tradotto prigioniero ad Alessandria dopo esser stato “scaricato” dal governo ed arrestato a Sinalunga nei pressi del confine pontificio. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi tentavano inutilmente di liberare il Generale dando poi vita a tumulti protrattisi in città fino al giorno 26. Nemmeno un mese dopo, il 20 ottobre, altri 66 pistoiesi sarebbero stati di nuovo accanto a Garibaldi nella sfortunata impresa di Mentana.
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