Questa è la cartina [cliccare per ingrandire] della parte Nord-Ovest del Granducato di Toscana nel 1843
(più al centro è colorata per rendere meglio l’idea, mentre nella parte di destra
troviamo l'intera cartina del Granducato) come stabilita dal Congresso di
Vienna (1814-1815) che sostanzialmente (salvo alcune temporanee e transitorie variazioni)
aveva riportato l’Europa alla status quo ante la “tempesta” napoleonica
rimettendo i sovrani sui loro troni.
Come
vediamo un territorio, anche per ragioni antiche e storiche locali (feudi, vescovadi,
comuni) frastagliatissimo ricco di enclaves ed exclaves (...secondo il punto di
vista...).
Seguendo
la cartina a sinistra, mettiamoci quindi nei panni di un cittadino del Granducato di
Toscana che avesse voluto andare, magari per affari, ovviamente in diligenza, da
Firenze a Parma passando per la via più
agevole e cioè la Costa e poi la Lunigiana. Ebbene, il nostro viaggiatore parte
da Firenze e passa per Prato e Pistoia ed alla Dogana del Cardino nei pressi di
Pescia tira fuori il passaporto per entrare nel Ducato di Lucca, dove magari,
visti i tempi dei viaggi d'allora
(vd. http://goriblogstoria.blogspot.it/search/label/Benedetti%20Francesco), si ferma con gli altri viaggiatori a rifocillarsi e dormire in una stazione di posta mentre il fiaccheraio che faceva anche da procaccia, cambia i cavalli.
(vd. http://goriblogstoria.blogspot.it/search/label/Benedetti%20Francesco), si ferma con gli altri viaggiatori a rifocillarsi e dormire in una stazione di posta mentre il fiaccheraio che faceva anche da procaccia, cambia i cavalli.
Il
mattino seguente si prosegue, e nei pressi di Camaiore, il "nostro" lascia il territorio lucchese e rientra nella "Patria Granducale", e cioè
nell'exclave toscana di Pietrasanta-Stazzema-Serravezza, ma per pochissimi
chilometri perché a Montignoso, exclave del Ducato di Lucca, deve un'altra
volta passar dogana e mostrare il passaporto ai doganieri lucchesi.
E' questo per lui un tratto di breve tregua burocratica perché arrivato nei pressi di Massa, che fa parte, come previsto al Congresso di Vienna, dal 1829 (cioè da quando con la morte di Beatrice d'Este si estinse il Ducato di Massa-Carrara) del Ducato di Modena e Reggio, il nostro ormai affaticato viaggiatore si deve nuovamente e pazientemente sottomettere alla pratiche di frontiera gestite dai doganieri e gendarmi lucchesi da una parte e modenesi dall'altra. Prosegue e arrivato nei pressi di Sarzana entra nei territori liguri del piemontese Regno di Sardegna e, ovviamente deve nuovamente scendere e mostrare agli addetti sabaudi il suo passaporto granducale e sottoporsi al controllo dei bagagli. Ma anche può respirare solo per un breve tratto perché ben presto, dirigendosi verso Aulla, rientra nel territorio del Ducato modenese... e anche qui…nuovi controlli...dopo Aulla arrivando a Terra rossa ritorna, quasi senza accorgersene, in una nuova exclave della "Patria Granducale" toscana. Fuggevole aria di Patria che dura pochissimi chilometri, quando trova una nuova frontiera al momento che la diligenza entra in una piccola exclave territoriale modenese, passata la quale, dirigendosi verso Pontremoli (più grande exclave del Granducato di Toscana) rientra nuovamente...in Patria. Lì magari si ferma con gli altri viaggiatori in una locanda a mangiare e dormire e finalmente la mattina dopo può tirar fuori finalmente, per l'ultima volta nel viaggio d'andata, il passaporto al vicino confine col Ducato di Parma e Piacenza e Guastalla e dirigersi verso la capitale di quest'ultimo Ducato padano.
E' questo per lui un tratto di breve tregua burocratica perché arrivato nei pressi di Massa, che fa parte, come previsto al Congresso di Vienna, dal 1829 (cioè da quando con la morte di Beatrice d'Este si estinse il Ducato di Massa-Carrara) del Ducato di Modena e Reggio, il nostro ormai affaticato viaggiatore si deve nuovamente e pazientemente sottomettere alla pratiche di frontiera gestite dai doganieri e gendarmi lucchesi da una parte e modenesi dall'altra. Prosegue e arrivato nei pressi di Sarzana entra nei territori liguri del piemontese Regno di Sardegna e, ovviamente deve nuovamente scendere e mostrare agli addetti sabaudi il suo passaporto granducale e sottoporsi al controllo dei bagagli. Ma anche può respirare solo per un breve tratto perché ben presto, dirigendosi verso Aulla, rientra nel territorio del Ducato modenese... e anche qui…nuovi controlli...dopo Aulla arrivando a Terra rossa ritorna, quasi senza accorgersene, in una nuova exclave della "Patria Granducale" toscana. Fuggevole aria di Patria che dura pochissimi chilometri, quando trova una nuova frontiera al momento che la diligenza entra in una piccola exclave territoriale modenese, passata la quale, dirigendosi verso Pontremoli (più grande exclave del Granducato di Toscana) rientra nuovamente...in Patria. Lì magari si ferma con gli altri viaggiatori in una locanda a mangiare e dormire e finalmente la mattina dopo può tirar fuori finalmente, per l'ultima volta nel viaggio d'andata, il passaporto al vicino confine col Ducato di Parma e Piacenza e Guastalla e dirigersi verso la capitale di quest'ultimo Ducato padano.
Questo
oggi breve, ma allora lungo, dato i tempi dovuti ai mezzi, alle strade ed agli
incomodi, e per molti versi, col metro d'oggi, "allucinante" viaggio del
“nostro” ipotetico uomo d’affari fiorentino, contribuisce a farci capire la necessità
economica (pensando ad esempio anche ai balzelli gravanti sulle merci che dovevano in tratto tutto sommato breve superare quella pletora di confini) ancor
prima che politica ed ideale, dell'Unità nazionale e del Risorgimento.
La
cartina che qui mostriamo, s'è detto, è del 1843, ma pochi sanno che proprio in
questo e per questo confine frastagliatissimo, che il Granducato di Toscana ed
il Ducato di Modena, ambedue retti
da due principi di Casa d'Asburgo
(come vediamo anche dalle bandiere del tempo, ambedue di chiara di foggia austriaca, che abbiamo mostrato nella
cartina di mezzo) Francesco V d'Este di Modena e Leopoldo II di Toscana, pochi anni dopo ,nel 1847, cioè alle soglie
di quel fatidico 1848 che avrebbe portato l'Europa e l' Italia a grandi
sommovimenti, non andarono, fra loro, molto lontano dal conflitto armato.
Ma vediamo
come andò questa “curiosa” faccenda partendo dagli antefatti e cercando, vista
anche l’implicazione di complesse questioni dinastiche, di riassumere il più
possibile. C’è stato in tal senso, utilissimo e prezioso, anche il libro curato
e pubblicato dall’amico prof. Renato Risaliti dell’Università di Firenze e
cioè: Augusto Marescotti, Diario inedito
1847-1848 (Torino, CIRVI, 2011). Per la cronaca storica Augusto Marescotti
era un patrizio lucchese originario dei territori pontifici (diverrà poi il suocero
di Ferdinando Martini) ed un patriota italiano e nel suo Diario ci descrive da Lucca e dalla Toscana (grazie anche ai suoi viaggi
ed suoi ai contatti con patrioti pisani, livornesi fiorentini ecc.) i cruciali
momenti del passaggio del Ducato di Lucca al Granducato di Toscana e il
processo di “costruzione” del 1848 in quella zona.
Dunque, il
Congresso di Vienna ( 1814-1815 ) aveva attribuito a Maria Luisa
d'Asburgo-Lorena, già moglie di Napoleone e Imperatrice dei Francesi, il Ducato
di Parma. Era previsto che alla sua morte il trono parmense sarebbe tornato ai
Borbone-Parma che in epoca napoleonica avevano regnato in Toscana come Re
d'Etruria e che poi avevano ricevuto la sovranità di Lucca, antica Repubblica oligarchica, cancellata da Napoleone
ed ora eretta a Ducato: alla morte della ex-Imperatrice dei Francesi quando il
Duca di Lucca nella persona del suo sovrano Carlo I (Carlo Lodovico di
Borbone-Parma), fosse tornato sul trono di Parma, il Ducato di Lucca sarebbe
stato annesso al Granducato di Toscana.
Dal
Congresso di Vienna la Toscana, tornata ai Lorena nella persona del
sovrano Ferdinando III, usciva, oltre
con queste promesse, anche con alcuni non vasti, ma immediati e significativi
ingrandimenti territoriali, infatti acquisiva il Principato di Piombino, in
passato Signoria degli Appiani e lo Stato dei Presidi Spagnoli, estendendo
quindi la propria sovranità su tutta l'Isola d'Elba sulla quale possedeva, fin
dall'epoca del Principato mediceo, solo Cosmopoli, successivamente e fino ad
oggi denominata e nota come Portoferraio.
In seguito
a ciò venne stabilito che la Toscana, al momento dell'annessione di Lucca, cedesse
a Modena i Vicariati di Pietrasanta, con la Versilia, e di Barga, con la
Garfagnana: da notare che le città di Pietrasanta e Barga, pur geograficamente poste in mezzo al territorio lucchese erano antiche exclaves di storica, e ben accetta da quelle
popolazioni, sudditanza fiorentina, e quindi, per il Granducato, terre
"toscanissime".
Ma il
dettato del Congresso di Vienna non escludeva, nel caso che gli Stati coinvolti
nello "scambio territoriale” lo considerassero reciprocamente conveniente,
di trovare anche diversi accomodamenti con reciproca soddisfazione. Ed in
effetti, dopo estenuanti e complicati negoziati, il 28 novembre 1844, avvenne proprio così,
quando con il "Trattato di Firenze" venne siglato un accordo segreto
dal Granducato di Toscana, dal Ducato di Modena e dal Ducato di Parma, alla presenza
degli ambasciatori dell'Impero d'Austria e del Regno Sardegna. Questo accordo sanciva
uno scambio di territori, sulla rive del fiume Enza, tra il Ducato di Parma e
quello di Modena, mentre la Toscana avrebbe conservato Pietrasanta e Barga, ma
contemporaneamente avrebbe dovuto disfarsi della Lunigiana con la cessione di Fivizzano a Modena e di Pontremoli a Parma.
Dunque il Granducato avrebbe alla fine perso Fivizzano e Pontremoli: anche in questa circostanza si trattava di città e territori circostanti di antica tradizione toscana perché già dal 1400 quelle popolazioni lunensi spontaneamente si erano messe sotto la protezione della Repubblica di Firenze.
Dunque il Granducato avrebbe alla fine perso Fivizzano e Pontremoli: anche in questa circostanza si trattava di città e territori circostanti di antica tradizione toscana perché già dal 1400 quelle popolazioni lunensi spontaneamente si erano messe sotto la protezione della Repubblica di Firenze.
Lo
scambio suddetto doveva scattare nel momento in cui Carlo Lodovico Duca di
Lucca rientrasse a Parma ed il Ducato di Lucca sparisse entrando a far parte
del Granducato di Toscana.
Ma arriva
una complicazione: nel settembre 1847 anche nel Ducato di Lucca, come nelle altri
parti d'Italia e d'Europa, si ebbero manifestazioni di piazza e tumulti per
chiedere quelle riforme e concessioni che Leopoldo II nel vicino Granducato aveva già
in gran parte elargito.
Il 1
settembre 1847, Carlo Lodovico, spaventato dalle manifestazioni popolari promosse
dai “riformatori” costituzionalisti lucchesi, firmò una serie di concessioni e scappò subito dalla città, ma dopo tre giorni, questa volta sotto la pressione di illustri e esponenti del notabilato ducale, tornò a Lucca, dove quest’ultimi fecero in modo che venisse accolto
trionfalmente da funzionari, impiegati, servitori e contadini materialmente legati alle sorti della "conservazione".
Tuttavia, Carlo I non era in grado di far fronte alla rinnovata pressione popolare dei
“riformatori” lucchesi e il 9 settembre fuggì definitivamente nel Ducato di Modena. Qui, Francesco
V, lo esortò a invocare l'intervento austriaco.
Leopoldo II di Toscana, ormai avviato sulla strada delle riforme, informato e allarmato da questa eventualità, operò affinché Carlo Lodovico anticipasse la reversione del ducato di Lucca a favore della Toscana, togliendo così ogni pretesto per un intervento dei suoi “retrivi” parenti austriaci e così in effetti andò.
Leopoldo II di Toscana, ormai avviato sulla strada delle riforme, informato e allarmato da questa eventualità, operò affinché Carlo Lodovico anticipasse la reversione del ducato di Lucca a favore della Toscana, togliendo così ogni pretesto per un intervento dei suoi “retrivi” parenti austriaci e così in effetti andò.
Il 4
ottobre 1847 Carlo Lodovico abdicò in favore del Granduca di Toscana, e in
cambio della sua immediata rinuncia alla sovranità su Lucca ricevetta dal
Granduca toscano una rendita annua di L. 1.200.000 sino alla reversione del
Ducato di Parma. Questo esborso sarebbe risultato oltremodo oneroso per le
finanze toscane se, il 17 dicembre dello stesso anno, la Duchessa Maria Luisa
non fosse spirata permettendo così il 31 dicembre 1847, a Carlo Lodovico di insediarsi
a Parma sul trono dei suoi antenati con il nome di Carlo II.
Dunque l'
11 ottobre 1847 il marchese Pier Francesco Rinuccini prende possesso, in nome di Leopoldo II, del
Ducato di Lucca.
A questo punto viene denunciato il "Trattato di Firenze" del 1844: il Ducato di Parma perde l’exclave di Guastalla (Comuni di Guastalla, Luzzara e Reggiolo) a favore del Duca di Modena, ma acquista alcuni territori della Lunigiana e prima fra tutti la città di Pontremoli, mentre il Duca di Modena, in virtù della stessa transazione diplomatica, si annette a sua volta i territori garfagnini e lunensi di Minucciano, Castiglione di Garfagnana (de facto occupato e governato da Modena fin dal 1820), Gallicano e Montignoso, già appartenenti al Ducato di Lucca.
A questo punto viene denunciato il "Trattato di Firenze" del 1844: il Ducato di Parma perde l’exclave di Guastalla (Comuni di Guastalla, Luzzara e Reggiolo) a favore del Duca di Modena, ma acquista alcuni territori della Lunigiana e prima fra tutti la città di Pontremoli, mentre il Duca di Modena, in virtù della stessa transazione diplomatica, si annette a sua volta i territori garfagnini e lunensi di Minucciano, Castiglione di Garfagnana (de facto occupato e governato da Modena fin dal 1820), Gallicano e Montignoso, già appartenenti al Ducato di Lucca.
Per
prendere possesso dei nuovi territori dell’ex-Ducato, Leopoldo II, sovrano
riformatore all'apice della popolarità, partì 14 ottobre 1847 da Firenze alla
volta di Lucca accompagnato dalla Granduchessa Maria Antonia e dal figlio
Ferdinando, Gran Principe di Toscana.
Il
viaggio del Lorena fu più che trionfale: già a Pescia, poco prima di varcare il
vecchio confine, venne accolto da una pioggia di fiori, e arrivato nei
territori dell’ex-ducato il popolo lucchese lo acclamò al grido di viva il “Liberator
d'Italia! Principe Riformatore!”. Ma nei pressi delle mura di Lucca, qualcuno pose il
problema della cessione dei territori a Nord-Ovest del Granducato, infatti una
voce prevalse sulle altre: “La gioia non è completa. La Lunigiana piange, i
fratelli…venduti al traditore!!!”[leggi: il Duca di Modena, n.d.A].
Il
Sovrano toscano ne dovette tener conto e il giorno dopo ricevette in Lucca una
delegazione di esuli pontremolesi e lunensi, ormai quasi neo-sudditi, alcuni del Ducato di
Modena, altri del Ducato di Parma, che “colle grida, coi pianti, colle disperazioni” chiesero al
Granduca il ritorno sotto la sovranità toscana: Leopoldo II, commosso dalla
manifestazione d’affetto, ma sempre attento a non suscitare l’ira dei parenti
austriaci, consigliò loro calma e prudenza politica.
Ma per la
faccenda delle terre di Lunigiana in procinto di divenire per i toscani “irredente”,
non solo nella neo-acquisita Lucca, ma anche in Livorno, Pisa e Firenze ecc., si
fanno sottoscrizioni per i Lunensi, si promuovano manifestazioni e si invoca
guerra contro il Duca di Modena e molti volontari vogliono arruolarsi
nell’esercito granducale.
Leopoldo
II si attiva subito: scrive al Re di Sardegna, al Duca di Modena e,
soprattutto, all’"ottimo Zio" Arciduca Ranieri, Viceré del Lombardo-Veneto.
A quest’ultimo, che nella crisi rappresentava ovviamente “l’uomo forte”, il
Granduca rappresenta la profonda avversione da parte delle popolazioni, lunensi-toscane
a passare sotto il dominio estense, offre la disponibilità a risolvere la
questione mediante cospicua offerta di denaro ed si dice disposto ad offrire in
cambio anche alcuni suoi antichi e personali possedimenti feudali in Boemia, ed
infine rispettosamente sollecita lo “zio d’Austria” ad intercedere in tal senso
presso il Duca di Modena Francesco V .
Ma il
reazionario "parente" modenese, sordo ad ogni accomodamento, stringendo i tempi, bellicosamente
“rilancia” ed il 5 novembre 1847 invia
le sue truppe ad occupare l’exclave toscana di Fivizzano, la cui popolazione
resiste ai 400 soldati estensi guidati da un capitano che di cognome faceva …Guerra...(anche in questo caso di può dire a buon ragione…habent sua fata
nomina…oppure…nomina sunt consequentia rerum…).
In Fivizzano
occupata si ebbero scontri a fuoco con feriti e caduti, e la ripercussione a
Firenze ed in tutto Granducato fu enorme e venne, da ardenti manifestazioni popolari, nuovamente richiesta la guerra
contro Modena.
Questa
volta il Granduca si rivolse anche all'Arciduca Luigi d’Austria, anch'egli suo
zio, membro del Consiglio della Corona che governava per l'Imperatore
Ferdinando I, accusando il “cugino” estense Francesco V e le sue truppe
modenesi occupanti, di aver iniziato le ostilità sparando “sul popolo inerme e
non tumultuante” della ancora granducale Fivizzano.
La
situazione stava paurosamente precipitando: i Modenesi da Massa inviarono dei
cannoni al confine toscano, Carlo Alberto re di Sardegna, inviò truppe a Sarzana
la città “piemontese” più vicina al confine col Ducato di Modena, mentre Leopoldo
II fece altrettanto rafforzando la guarnigione dell’exclave granducale (non ancora ceduta)
di Pontremoli, inoltre la sera del 13 novembre da Firenze, con gran tripudio di
folla, mandò truppe a presidiare il confine toscano verso Massa alla Torre di
Porta (l'attuale Forte dei Marmi) ed il Cinquale, fino a Pietrasanta e
Montignoso.
Ma Leopoldo
II, uomo mite e timoroso, informato che il maresciallo Radetsky aveva
rassicurato Francesco V che, in caso di conflitto con la Toscana, il Ducato di
Modena avrebbe potuto contare sull'appoggio militare dell'Austria, si preoccupò e contemporaneamente
chiese la mediazione di Pio IX e del Re di Sardegna Carlo Alberto, orientato in
senso costituzionale (vd. Statuto albertino) e pronto in caso di guerra a
schierare il Piemonte a fianco della Toscana.
Grazie
anche all'intervento del Papa e del Re di Sardegna si giunse quindi ad un
accomodamento del tutto formale che scongiurò la prosecuzione delle ostilità, ma che fu nella sostanza sfavorevole al Granducato di
Toscana: Modena disconobbe l'operato del
suo capitano Guerra, le truppe Estensi lasciarono Fivizzano, dove fece il suo
ingresso il Commissario Toscano, questi il giorno seguente, esplicate le formalità
diplomatiche di rito, consegnò ufficialmente in nome del Granduca la città lunensi
alle autorità modenesi, che prontamente ritornarono in quelle terre con le loro truppe.
Dal canto suo Leopoldo II elargì un donativo ai “sacrificati” Fivizzanesi e particolare alle famiglie che avevano pianto sofferenze e lutti.
Dal canto suo Leopoldo II elargì un donativo ai “sacrificati” Fivizzanesi e particolare alle famiglie che avevano pianto sofferenze e lutti.
Ma qualcosa di storicamente più importante di queste "provinciali" dispute e scaramucce di confine (...spesso le guerre, nei disegni dei "capi", servono per distogliere le popolazioni dai problemi "veri"...) stava accadendo in giro: il “rivoluzionario”
1848 rimetteva in gioco tutte le carte e il 21 marzo, in seguito ai tumulti popolari di Vienna ed alla rivolta di Milano, Francesco V fuggiva da Modena ed altrettanto
faceva da Parma il Duca Carlo Lodovico. Conseguentemente Modena e Parma votarono
per l'annessione al Regno Sabaudo sardo-piemontese, mentre Leopoldo II poteva tranquillamente accingersi a riannettere al Granducato di Toscana i
comuni della Lunigiana da poco ceduti, ma ad annettere ex-novo anche l'Alta Garfagnana estense e l'ex ducato di Massa e
Carrara, le cui popolazioni avevano ora chiesto di essere toscane.
Leopoldo
II, inizialmente accettò quei territori solo "in custodia", ma poi, vi inviò reggimenti toscani di linea con
la scusa che in caso di vacatio legis lì potessero nascere “anarchici” focolai repubblicani
e così, di fatto li incorporò nel Granducato estendendovi ordinamenti e leggi, costituzionali,
toscane.
Il 21
marzo 1848 il Granduca suscitava l'entusiasmo popolare decidendo di inviare le
truppe regolari toscane, affiancate da volontari ed agli universitari (vd. http://goriblogstoria.blogspot.it/2011/04/carlo-onofrio-gori-risorgimento-i_30.html ), a combattere in Alta Italia a fianco dei
Sardo-Piemontesi di Carlo Alberto contro gli Austriaci. Mentre le truppe granducali
da Pietrasanta e da San Marcello Pistoiese si dirigevano al Nord, Leopoldo II
sostituiva la bandiera lorenese con il tricolore italiano con sovrapposto lo
stemma granducale e personalmente aderiva al prestito di guerra piemontese.
L'atteggiamento
“italiano” del Granduca mutò dalla metà dell'anno, quando emersero gli atteggiamenti
espansionistici del Regno di Sardegna e nell'agosto, quando in seguito a dei
violentissimi tumulti avvenuti a Livorno, Leopoldo II fu costretto a licenziare
il governo moderato di Gino Capponi per affidare l'incarico di governo agli “ultrademocratici”
Francesco Domenico Guerrazzi e Giuseppe Montanelli.
Il 30
gennaio 1849, l’impaurito Leopoldo II abbandonava Firenze per rifugiarsi prima
a Siena e poi, giunto a Porto Santo Stefano, al confine Sud del Granducato,
dopo qualche giorno vissuto nel dubbio, rifiutava l'appoggio piemontese e riparava, su consiglio dei “parenti”
d’Austria, a Gaeta affidandosi alla protezione di Ferdinando II delle Due
Sicilie.
Ma ad
aprile, dopo la disfatta di Carlo Alberto a Novara, i moderati toscani per
evitare un'invasione austriaca, rovesciarono il governo Guerrazzi e
richiamarono Leopoldo II, sperando e credendo che il sovrano non avrebbe rinnegato
le sue riforme.
La
speranza fu vana ed il ferocemente reazionario Francesco V, Duca di Modena, si prese una sua particolare rivincita nei confronti
di Leopoldo II: l’austriaco tenente-feldmaresciallo Barone Konstantin d'Aspre
scese da Parma con 18.000 uomini, l' 11 maggio 1849, dopo un giorno di assedio
e feroci bombardamenti, prese e saccheggiò e fece stragi nella fiera e ribelle Livorno
e poi da lì marciò a est (il poeta Giuseppe Giusti a Pescia vide sfilare i
soldati asburgici rimanendo nel frangente impressionato dalla loro teutonica
correttezza e disciplina...forse ancora non sapeva dalla strage di Livorno…) per
occupare l’ormai “prona” Firenze, riportando tutto il Granducato alla
“normalità” imperiale.
Leopoldo
II tornò in Toscana dall’esilio solo nel luglio 1949, sbarcando a Viareggio scortato
da truppe asburgiche ed indossando la divisa di generale austriaco, e tutto ciò
segnò la fine della simpatia che i toscani avevano avuto per il mite e, fino ad
un certo punto, considerate le sue “parentele”, già “volonteroso”, loro sovrano.
Seguiranno
circa quattro anni di pesante occupazione austriaca e poi, stancamente, quasi sei
anni di non feroce, ma occhiuta “normalizzazione” asburgico-lorenese, ben
descritti anche nelle memorie di Ferdinando Martini, successivamente, nel 1859, le
note conseguenze della II Guerra d’Indipendenza, determineranno definitivamente
l’assetto dei territori oggetto di questa nostra nota, in senso… “nazionale”
italiano.
Carlo Onofrio Gori
E' possibile la riproduzione parziale e/o integrale di questo articolo previo consenso dell'autore o comunque citando lo stesso Carlo O. Gori
Carlo Onofrio Gori
E' possibile la riproduzione parziale e/o integrale di questo articolo previo consenso dell'autore o comunque citando lo stesso Carlo O. Gori
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