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sabato 29 giugno 2013

C.O. Gori. Margherita Hack

Ciao Margherita! Un amore vero per la vita e l'umanità, sparso tutto intorno...

Non mi piacciono i necrologi, e qui su questo blog rarissimamente ne pubblico, anche se ci sono tanti che ammiro e che lo avrebbero meritato e che da parte mia, con grande “cariño” (questa cosa che voglio significare la esprime, con questo termine, meglio il castigliano dell’italiano…) sempre ricordo.
Ma oggi faccio eccezione per Margherita Hack  (Firenze, 12 giugno 1922 – Trieste, 29 giugno 2013). Non sto qui a ripercorrere puntualmente tutta la sua biografia, era conosciuta.
Fiorentina e “nostra” toscana dalla parlata inconfondibile; astrofisica e grande scienziata; donna intelligente arguta e scherzosa, franca e geniale; in gioventù atleta degli "Assi Giglio Rosso Firenze" (per inciso in gioventù e da "esterno", dopo ci ho gareggiato anch'io nel loro campo, sito a metà strada verso il Piazzale Michelangelo); libera e femminista e insieme fedele al suo uomo che giovanissima aveva conosciuto; politicamente di sinistra e compagna "vera", sempre accanto agli "ultimi", con vigore utopico ma anche realista, senza fanatismi, a volte con sue verità "scomode" anche per  la sinistra (tanto che qualcuno negli ultimi tempi le ha dato anche della "rincoglionita"!); sensibile, vegetariana e animalista convinta; ciclista instancabile e naturista ; anticonformista e diffidente, addirittura "spigolosa" e a volte quasi teoricamente "strafottente" (ma sempre rispettosa verso le persone che, cristianamente - o per altri percorsi - "credono") e contro tutte le “verità rivelate” e le religioni divenute "potere" - "delle religioni che nelle vita stanno, /ipoteca di morte, istituite /a ingannare la luce, a dar luce all’inganno… (da P.P. Pasolini "Le ceneri di Gramsci") - e per questo classificata(si) “atea”, ma piuttosto e invece “panteista” e “bruniana” (come me).
Dio siamo noi ed è in noi, ed è dappertutto: nella natura, nell’infinitamente piccolo e nell’infinitamente grande, nel nostro nascere fisico così come nel nostro dissolversi ed è per questo che in vita dobbiamo rispettare tutti, la natura, gli umani, gli animali… insomma un amore vero, sparso tutto intorno... 
Come Giordano Bruno, lei, da seria scienziata d'oggi, era certa che esistessero "infiniti mondi" e qualcuno di loro, proprio come il nostro, "abitato" (anche se per noi ancora troppo, troppo, lontano....) e
su iniziativa di un gruppo di astronomi pistoiesi le era stata intitolata una nuova stella da loro appena scoperta. Ecco, qui in Italia la conoscevamo tutti, e tantissimi, anche chi non ne condivideva le idee (salvo qualche cretino che appena morta l'ha ingiuriata proprio qui e ora sul web...ma anche questo - avrebbe detto lei - rientra nel conto), per la sua simpatica e toscana schiettezza, non poteva guardarla che con simpatia.

Cara e grande Margherita!

                                                           
     

                        

                               Carlo Onofrio Gori





 A Sergio Pacini, Margherita Semplici, Teresa Monna Lisa, Angela Bonadies, Emiliano Nappini, Maria Paola Vannucchi, Filomena Pavese, Anna Ferrei, Andrea Sartiani, Francesco Paolo Lidestri, Claudevan Melo Melo, Anna Capecchi, Francesco Paolo Lidresti piace questo elemento.

 Emiliano Nappini Sono queste le donne che mi affascinano. Ce ne sono rimaste davvero poche così. Una donna d'altri tempi che sapeva benissimo stare al mondo d'oggi, tra l'altro. Amava interagire via internet, corrispondeva via mail, che preferiva rispetto a tutte le altre forme di comunicazione. Ciao, Margherita, simpatica fiorentina d'altri tempi, amante del progresso e del futuro. Il tuo nome per noi sarà sempre indice di positività, la stessa che ti ha accompagnato per tutta la tua vita. Riposa in pace, la tua stella sarà sempre tra quelle più luminose, come luminosa sei sempre stata tu in vita.


mercoledì 26 giugno 2013

C.O. Gori. Resistenza fiorentina: Angiolo Gracci "Gracco" e la donazione di un suo archivio al Centro di Documentazione di Pistoia negli anni '80

Angiolo Gracci "Gracco", un ricordo...

Resistenza e.... Sessantotto e ...memoria. No questa non è una biografia, ma solo un piccolo aneddoto, un ricordo personale. Abbiamo promosso insieme a vecchi amici un gruppo FB (per ora solo su Prato e con la speranza di allargarlo poi alla Toscana) per discutere e ricordare gli anni del "Sessantotto e dintorni" postando foto di persone, documenti riviste ecc.  
Insomma a un certo punto mi capita di vedere  questa foto da un sito FB fiorentino, foto che poi ho ripreso su FB e ora riprendo qui.
Quello sulla destra nella foto, con la barba, è Angiolo Gracci "Gracco", capo nella Resistenza fiorentina della famosa Brigata Sinigaglia.
Uno dei "liberatori" di Firenze nell'estate '44: davvero, l'ho anch'io conosciuto, ovviamente "dopo" la Resistenza, dopo la sua militanza nel PCI e anche dopo le sue successive esperienze politiche "maoiste" come dirigente del Partito Comunista d'Italia (m-l), frazione "Il Partito", la nota "linea rossa" degli anni '60-'70.
Gracci, donò il suo archivio a Centro di Documentazione di Pistoia, del quale, per conto della Biblioteca Comunale Forteguerriana, allora tecnicamente mi occupavo.
Appena lo vidi entrare per venire a parlare da me lo riconobbi, e lo "associai" subito alla Resistenza fiorentina sulla quale avevo letto - guardando anche molte foto - e d'acchito mi venne fatto di esclamare: ..."Gracco!!!"
Lui, l'avvocato Gracci, già vecchio (si era mi pare già "in là" lungo il corso degli anni Ottanta), ma simpatico e gran signore, fu molto contento...quasi commosso, del mio inaspettato "riconoscimento" e degli archivi che gli erano rimasti ci donò ....tutto....o quasi!!!


                                              COG








Maria LorelloFabio Panerai e altri 2 piace questo elemento.
·    Anna Capecchi bello questo ricordo
18 ore fa tramite cellulare · Non mi piace più · 1
                                                         

lunedì 17 giugno 2013

Carlo O. Gori. Frammenti di Storia: memorie di pietra nelle vie di Pistoia

Frammenti di Storia: memorie di pietra nelle vie di Pistoia

Camminando per le strade del centro cittadino spesso ci capita, alzando lo sguardo su case e palazzi, di notare lapidi e targhe commemorative: una presenza discreta che accompagna gli itinerari della nostra vita. Entriamo qui nei panni del passante per soffermarci ad osservare questi “frammenti di storia” posti su edifici che, a differenza di cippi e monumenti,  hanno una stretta relazione col personaggio o con il fatto a cui si riferiscono.
Con l’Unità d’Italia,  a Pistoia, come in altre città, le lapidi commemorative si moltiplicano al fine di celebrare i personaggi del Risorgimento, patrioti e politici, ma anche uomini di cultura che con l’arte, la letteratura, la musica o la scienza hanno concorso alla costruzione di un patrimonio culturale comune nel quale identificarsi ed  in cui riconoscere le radici della nazione.
In tal senso due ampie epigrafi poste ai lati della porta del Palazzo comunale ricordano date significative: una, posta nel 1860, riferisce sul risultato del Plebiscito di annessione  e l’altra, del 1870, plaude a “Roma restituita all’Italia”; curiosamente, sul lato opposto della piazza, una lapide dedicata a Leopoldo II ricorda il ruolo avuto dal sovrano lorenese nel favorire il restauro del Palazzo del Tribunale.
Un’altra ampia lapide posta in P.za dello Spirito Santo, sul palazzo retrostante la statua del Card. Forteguerri, ci parla del Plebiscito relativamente ai Comuni di Tizzana, Montale, Serravalle, Lamporecchio, Marliana, Sambuca. 
Ma chi può rappresentare lo spirito del Risorgimento meglio di Garibaldi? Il 14 luglio 1867 il Generale fu a Pistoia, ospite dell’avv. Giuseppe Gargini in via della Madonna n. 40, e da qui, come rammenta un’epigrafe posta nel 1882, “parlò al popolo plaudente fatidiche ed amorose parole mallevando prossima la liberazione di Roma.”
Fra i personaggi risorgimentali pistoiesi, Niccolò Puccini (1799-1852), intellettuale, mecenate, filantropo, amico di letterati, artisti e patrioti, viene ricordato da una lapide collocata nel 1889 sul palazzo di famiglia in via del Can Bianco 13. A non molta distanza, in C.so Amendola 39, un’altra epigrafe posta nel 1905 da “i garibaldini pistoiesi” indica la casa dove morì Francesco Franchini (1805-1875), combattente a Curtatone, fatto prigioniero dagli austriaci, poi ministro dell'istruzione nel Governo Guerrazzi, infine preside del Liceo Forteguerri dopo l’Unità.
Due iscrizioni poste nel 1908 e nel 1909 in via Ripa della Comunità 8 e  in via Verdi 52 (già via della Pillotta) commemorano, indicandone le dimore, i due giovani martiri dell’occupazione austriaca del 1849, Sergio Sacconi (1830- 1849) e Attilio Frosini (1833-1849). Sempre in via Verdi due lapidi, collocate all’altezza del n. 19, sono dedicate al colonnello garibaldino ungherese Stefano Dunyov e segnalano che dal 1871 qui visse per diversi anni fino alla morte.
L’antica e prestigiosa Scuola medica pistoiese, ricordata dall’iscrizione collocata sotto il loggiato dell’Ospedale in P.za Giovanni XXIII, ed un’altra epigrafe posta nel 1906 sulla casa del medico e scienziato dell’agricoltura Antonio Matani (1730-1779) in C.so Fedi 53, introducono ad una doverosa considerazione sulla straordinaria fioritura che in campo medico-scientifico si avrà poi a Pistoia nell’arco del XIX secolo: gli illustri medici Filippo Civinini (1805-1844), Filippo Pacini (1812-1883), Atto Tigri (1813-1875), sono celebrati da lapidi poste sulle proprie dimore, rispettivamente in via della Madonna 46, in via P. Bozzi 10 ed in via S. Andrea 17.
In C.so Gramsci al n. 25 una lapide di epoca fascista, indica la casa natale del fisico Luigi Pacinotti (1807-1891) menzionandone anche il figlio, il pisano Antonio Pacinotti (1841-1912), inventore della dinamo. Sempre nella stessa via, all’altezza del n. 82, una targa apposta nel 2000 mostra la casa natale di Giovanni Michelucci (1891-1990), famoso architetto che ha molto prodotto nella sua lunga vita: fra le opere più conosciute è la stazione di Firenze. Nel campo delle lettere, delle arti e dello spettacolo notiamo innanzitutto che ben due lapidi sono dedicate alla breve (gennaio-agosto 1860), ma significativa, permanenza pistoiese di Giosuè Carducci, una collocata a lato dell'ingresso del Palazzo della Sapienza (oggi sede della Biblioteca Forteguerriana) dove il poeta insegnò, e l'altra all'altezza del n. 23 dell'omonima via (a suo tempo via dell'Amore) dove abitò con la famiglia.  Anche la scrittrice pistoiese Gianna Manzini (1896-1974) "che amò la sua città e la ritrasse nelle sue opere con squisita sensibilità artistica" è ricordata da una recente memoria fissata dal Comune sulla casa di via Vitoni 15 "ove visse dal 1909 al 1921".
Una lapide posta nel 1899 in via Cavour 10 rievoca Teodulo Mabellini (1817-1897), autore di “opere pregiate di musica sacra e teatrale”, mentre in via di Porta S. Marco 145 una targa del 1882 segnala il luogo della morte del commediografo pisano, notissimo nell’Ottocentro, Tommaso Gherardi del Testa, già combattente a Curtatone, avvenuta l’anno precedente presso la casa “della cara sorella”.
In via Abbi Pazienza 1 viene ricordato un altro illustre “straniero”, Carlo Lodovico di Borbone (1789-1883), già giovanissimo re d’Etruria, poi duca di Lucca (1815-1847) e infine duca di Parma fino al 1848, che erede del “palazzo che fu di Niccolò Sozzifanti…donava… al Comune di Pistoia l’anno 1863 perché vi si accogliessero gli istituti di beneficenza.”
Vengono menzionati anche alcuni personaggi “minori” del periodo post-risorgimentale: fra questi,  in via Verdi 48, il notaio e politico Cino Michelozzi, mentre un’altra lapide, collocata in C.so Gramsci, angolo P.za S. Francesco a fronte della vecchia fontana e di lato al Monumento ad Aldo Moro, rammenta che: “auspice Piero Bozzi sindaco…pure e fresche acque a Pistoia recavano incremento di salute e di decoro”,
Fra tante memorie “laiche” una lapide in via Abbi Pazienza 18 segnala l'Oratorio di San Filippo Neri, mentre un' altra,  collocata dai fratelli della Misericordia nel 1905, indica, in via della Madonna 58, un luogo dove si presume sostasse S. Francesco.
La casa natale di un illustre ecclesiastico, l’intellettuale Ippolito Desideri (1684-1733), missionario in Tibet dal 1715 al 1721, “primo in Europa a conoscere ed apprezzare la lingua, la religione e la civiltà del Tibet”, è indicata in via P. Bozzi 8 da un’ epigrafe posta dal Comune nel 1984.
Cinque lapidi ricordano poi episodi della II Guerra Mondiale e della Resistenza: in P.za S. Lorenzo si leggono i nomi dei popolani fucilati dai tedeschi il 12 settembre 1943, nella Piazzetta degli Umiliati si commemorano le vittime del terribile bombardamento aereo alleato del 24 ottobre 1943, una lapide posta sui muri della Stazione ricorda la partenza dei deportati nei lager nazisti, nella Piazzetta dell’Ortaggio, adiacente alla Sala, una memoria collocata sulle mura del vecchio ghetto il 27 gennaio 2010 ha ricordato la “profuga ebrea Regina Fiser, arrestata a Pistoia il 30 novembre 1943, deportata e uccisa ad Auschwitz”, mentre in P.za del Duomo, nel 2005,  sono stati onorati gli ex-partigiani pistoiesi che nel febbraio 1945 da lì partirono  per arruolarsi nel ricostituito esercito italiano e  combattere a fianco degli Alleati sulla Linea Gotica.
Vicende drammatiche del dopoguerra e di anni più recenti ci vengono infine rievocati dalle targhe dedicate all’operaio Ugo Schiano, ucciso in via Cavour durante una manifestazione il 16 ottobre 1948, ed al poliziotto Oreste Bertoneri che, nel corso di una rapina, cadde in via Orafi il 12 marzo 1987  “per la sicurezza di tutti i cittadini”.
                                                                                                         
       
                                                                             


                                         Carlo Onofrio Gori              





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domenica 16 giugno 2013

C.O. Gori. Resistenza e Liberazione sulla Montagna Pistoiese. La piccola-grande storia di Pulvio Gargini "Ciccio": un comunista qualunque.

La storia di "Ciccio"

Un dattiloscritto intitolato Memorie di un antifascista 1920-1945, recentemente consegnato alla Biblioteca comunale Forteguerriana di Pistoia dal figlio Masinello [successivamente, da, 2010, pubblicate in  libro col titolo Rallentare. N.d.A] , ci racconta la ricca ed appassionante esperienza umana di Pulvio Gargini, operaio della Smi di Campotizzoro e comunista. Diciamo subito che Gargini non fu uno dei più noti comandanti della Resistenza, né un capopartito, ma fu una di quelle figure fondamentali, che troviamo nella storia del movimento operaio italiano, cioè uno di quei dirigenti espressi dalla base e che con la base vollero sempre rimanere a contatto divenendo così punti di riferimento per tutta una comunità, in questo caso la Montagna pistoiese: uomini senza la cui disinteressata ed appassionata dedizione, la lotta antifascista per la democrazia e per la ricostruzione del Paese non avrebbero avuto successo. “Uno degli ultimi pezzi di un mondo finito da tempo”, come poi ricordò ai suoi funerali l’altro figlio Sergio. Il dattiloscritto si legge d'un fiato, tanto sono avvincenti le vicende del periodo, e netta la convinzione che meriti, seppur sinteticamente, ripercorrere la fasi di questa significativa  esperienza di vita.
Figlio di un ferroviere socialista, Pulvio è testimone a Livorno della impari resistenza operaia nei confronti di un movimento fascista potentemente sostenuto da settori del mondo economico e dell’apparato statale. Torna con la famiglia a Pistoia, originaria della frazione di Bonelle, ed al licenziamento politico del padre, è costretto, ancora molto giovane, a cercarsi un lavoro  in una delle tante piccole officine meccaniche di Porta Lucchese che allora circondavano la S. Giorgio (oggi Breda).
Sono anni della crisi economica mondiale seguita al crollo di Wall Street ed anche il lavoro nella piccola officina pistoiese diventa saltuario: per avere un po’ più di sicurezza basterebbe piegarsi ad accettare la tessera del fascio, ma Gargini non ne vuole sapere. Abile operaio meccanico specializzato Pulvio supera poi la prova per essere assunto in una importante fabbrica, la Società Metallurgica Italiana di Campotizzoro, proprietà della famiglia Orlando, nel comune di San Marcello Pistoiese, ma la chiamata al lavoro per lui non arriva…manca la tessera! Gargini riesce abilmente ad aggirare l’ostacolo ed a farsi assumere senza accettare la iscriversi al partito perché è noto come ottimo giocatore di calcio: una pedina insostituibile della squadra aziendale a cui il fascio di fabbrica tiene in modo particolare.  D’ora in poi la storia personale di Pulvio, conosciuto in tutta la montagna con il soprannome di “Ciccio”, sarà sempre strettamente intrecciata a quella di questo stabilimento che diverrà poi strategico nello sforzo bellico italiano.
Siamo ora gli anni Trenta, il controllo del Regime è occhiuto e totalizzante, ma sullo sfondo della guerra d’Etiopia e della Guerra di Spagna, sia in fabbrica, sia durante gite domenicali in montagna, apparentemente spensierate, iniziano i primi prudenti contatti politici di Pulvio e dei suoi amici con l'opposizione clandestina rappresentata soprattutto dai comunisti. Nello stabilimento, animata da “Ciccio”, si forma una commissione parallela che spesso riesce a scavalcare il sindacato fascista nelle trattative con la proprietà, circolano anche copie del Manifesto del Partito comunista e compaiono le prime scritte antifasciste.
Inizia la guerra e le maestranze della SMI seguono con stupita apprensione i primi successi del blitzkrieg tedesco, ma poi, preoccupate per l’entrata in guerra dell’Italia, iniziano a riflettere sulle disfatte delle truppe fasciste in Africa ed in Grecia: molti rifiutano l’abbonamento promosso dal fascio di fabbrica al “Ferruccio”, organo della federazione pistoiese. “Questo episodio -  nota Pulvio - ci fa riflettere: quanti operai sono contrari alla politica fascista. Quasi la totalità in officina, crediamo. Si cerca di avvicinare più lavoratori” .
L’aggressione nazista all’URSS spinge Pulvio e gli altri oppositori vicini al partito comunista a dar vita ad una vera e propria organizzazione clandestina fra i ben 6000 dipendenti della SMI, si crea così un importante nucleo antifascista che territorialmente darà poi i suoi frutti in molte zone poiché i lavoratori della “Metallurgica” non provenivano solo dalla Montagna pistoiese, ma anche dal Bolognese, dal Lucchese, dalla Valdinievole  e dalla piana di Pistoia. Si raccolgono anche sottoscrizioni per creare un fondo cassa in caso di necessità:  Pulvio fa da collettore versando poi a Maresca i soldi al segretario del nucleo Carlo Petrolini ed al cassiere Giuseppe Vivarelli (Peppone).
L’ iniziale disfatta russa semina lo scoramento fra gli operai e mette a terra l’attività del nucleo antifascista, ma alle prime vittorie sovietiche tutto riprende: si allargano i contatti anche con la città e si susseguono le riunioni anche col gruppo comunista libertario di Silvano Fedi e Tiziano Palandri, infaticabili nell’opera di propaganda e proselitismo. I ritmi in fabbrica, totalmente dedita alla produzione bellica, si fanno spossanti mentre l’alimentazione è scarsa e solo pochi possono permettersi di rifornirsi al mercato nero; un giorno su un carrello compare una grande scritta: RALLENTARE.
Il 25 luglio 1943 crolla il fascismo ed ora l’attività del nucleo SMI esce dalla clandestinità ed è inizialmente indirizzata a far pressioni presso la Direzione per epurare lo stabilimento dagli elementi fascisti, viene poi indetto uno sciopero per l’uscita dall’Italia dalla guerra, ma le autorità badogliane non tollerano disordini e Gargini insieme ad altri compagni, arrestato e portato a Pistoia e viene poi trasferito nel carcere a Bologna che, ironia della sorte, deve condividere anche con accesi esponenti fascisti.
Arriva l’8 settembre, ma Gargini tarda ad esser liberato e finisce sotto la custodia dei militi della appena costituita RSI: paradossalmente la cosa favorisce Pulvio perché i repubblichini decidono la liberazione di tutti gli arrestati durante il periodo badogliano. Gargini torna in fabbrica e svolge una decisiva attività nel Comitato clandestino di Liberazione della Montagna che a assicura un sostegno logistico con  informazioni, armi e vettovagliamenti a quei compagni della zona, come “Peppone”, Baldi, Venturi, Filoni ed altri, che combattono nelle file della Brigata garibaldina “Bozzi”. Pulvio nel suo memoriale rammenta innumerevoli episodi, alcuni noti, come l’episodio della sottrazione della Cassa Smi da parte della “Bozzi” al fine di finanziare l’attività della brigata, ed altri  meno noti nei quali ha avuto parte rilevante, se non decisiva.
Ma ecco due momenti cruciali della vicenda di Gargini. Correva voce, ed i fatti lo confermeranno, che per accordi sotterranei fra proprietà Orlando ed gli Alleati, quest'ultimi non avrebbero bombardato la “metallurgica” di Campo Tizzoro, ma lo stesso purtroppo non accadrà nella vicina Maresca perché, come racconta Pulvio: “aiutammo...due ufficiali inglesi...ad attraversare la linea del fronte...passarono da Maresca e videro un movimento insolito di truppe germaniche, capirono da molti particolari che qui si trovava il comando del feldmaresciallo Kesserling...e dopo pochi giorni arrivò la prima ondata di bombardieri e..e fu una strage...passarono due o tre giorni e riecco spuntare i bombardieri...ci furono nuovi morti e feriti”. L’impegno nel soccorso della popolazione da parte di Pulvio e del Cln clandestino sarà, da subito, efficace e decisivo.
Finalmente, con l’avanzare del fronte, i tedeschi stanno per ritirarsi, ma è il momento è estremamente delicato: il proprietario Salvatore Orlando, che fino ad allora è riuscito a salvare il suo stabilimento grazie ai buoni rapporti con l’amministratore tedesco Kaiser ed ai sotterranei contatti con gli Alleati, convoca “Ciccio” ed il Cln di fabbrica, conferma le rassicurazioni avute dagli inglesi, ma è preoccupato per eventuali estreme azioni di sabotaggio da parte dei tedeschi e fa appello agli operai ed ai partigiani perché difendano la fabbrica dicendo loro: “Vi prometto che se anche mi resterà solo una patata la dividerò con voi”.  Non ci fu bisogno dell'intervento attivo della Resistenza, racconta Pulvio, perché il compromesso con i guastatori tedeschi fu trovato dalla stessa Direzione che sborsò a quest'ultimi una certa quantità d'oro, ma sarà nel dopoguerra che la memoria del “discorso della patata” suonerà beffarda quando nel 1948 Orlando, dimentico dell'accorato appello del 1945 e della pronta disponibilità operaia, licenzierà in blocco Pulvio Gargini insieme ad i membri di sinistra di quel consiglio di fabbrica a cui lo aveva rivolto. La sorte di Pulvio, come di tanti altri compagni, sarà l’emigrazione in Svizzera. Un destino amaro per un uomo di profonda dirittura morale, che dopo la Liberazione si era subito efficacemente impegnato, come Presidente del Cln di San Marcello, nell’opera di ricostruzione della sua montagna, un uomo alieno da incarichi ben più prestigiosi pur di rimanere accanto ai suoi compaesani, coerente ed  inflessibile contro ingiustizie e favoritismi che a volte erano emersi dalle stesse fila di chi aveva fatto la Resistenza. Tornato dopo i lunghi anni di emigrazione Pulvio non fu riammesso alla Smi, ma non si scoraggiò, e mostrando le sue grandi doti organizzative, diede vita alla prima cooperativa metalmeccanica della zona. Morirà il 7 agosto 1998 e sarà sepolto a Maresca accompagnato nell’ultimo viaggio da una moltitudine di compaesani commossi nell’estremo saluto all’insostituibile amico e compagno “Ciccio”.

     
                               
                    Carlo Onofrio Gori











Articolo già pubblicato in: 

Carlo Onofrio Gori, "Ciccio", la grande storia di un comunista qualunque, in  "Microstoria", n. 49 (set.-ott- 2006)