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sabato 18 luglio 2015

"Repubblica" di Cospaia (1441-1826)

Cospaia (1441-1826): tra Toscana e Umbria una “Repubblica” nata per sbaglio e vissuta sul...fumo

Tutto nacque nel 1441 dalla risoluzione di un debito sembra di 25000 fiorini d’oro (altri parlano di  14000 ducati) contratto dal papa Eugenio IV, (Gabriele Condulmer Venezia, 1383 – Roma, 23 febbraio 1447) nei confronti Repubblica fiorentina, repubblica di nome, ma di fatto già Signora sotto Cosimo di Giovanni de' Medici detto il Vecchio.  Interessante la figura di Eugenio IV, proveniente dall’ordine agostiniano, un papa austero, antinepotista, colto e raffinato amante delle arti, protettore dei poveri, che ebbe un pontificato a dir poco per varie importanti vicende, conciliari e di rapporti internazionali, perlomeno “tormentato”, al punto che, essendosi, tra l’altro, messo in urto con l’aristocrazia romana, ed in particolare i Colonna, dovette passare circa dieci anni in esilio dall’Urbe, molti dei quali trascorsi proprio nell’amica Firenze. Fatto sta che evidentemente i soldi papa Eugenio IV in quel momento non li aveva pronti e per sdebitarsi con i Medici cedette ai fiorentini, prima in pegno e poi evidentemente in modo definitivo, una piccola parte del territorio dello Stato della Chiesa ed in particolare il borgo di Sansepolcro, oggi provincia di Arezzo, con i terreni circostanti.    
Si dovettero quindi stabilire e misurare sul terreno i nuovi confini fra Stato della Chiesa e Repubblica fiorentina, cioè fra il borgo di Sansepolcro, passato ora a quest’ultima, e il borgo di San Giustino, comune oggi in provincia di Perugia, rimasto nei territori pontifici.
Ogni Stato, e qui sorse il problema, nominò una propria commissione che sul terreno, evidentemente,  non agirono di concerto poiché come linea di demarcazione venne scelto un ruscello chiamato “Rio”, ma non fu considerato che originati dalla stessa sorgente, dal Monte Gurzole, si diramano poi due torrentelli chiamati entrambi Rio, i quali, scendendo verso il Tevere, avvolgono la collinetta di Cospaia fino a una distanza massima di circa 500 metri l’uno dall’altro circoscrivendo una piccola “isola” di 330 ettari con al centro il borgo di Cospaia. I tecnici Medicei scelsero come punto di riferimento il Rio che scorre nei pressi di Sansepolcro, mentre quelli pontifici presero come riferimento il torrente Rio che passa fra San Giustino e Cospaia.
Fu così che il piccolo borgo di Cospaia, “terra di nessuno” stretta tra i due territori,  si ritrovò libero sia dal governo mediceo che da quello papalino. I due Stati in seguito si resero abbastanza presto conto dell’errore, ma non  ebbero alcun interesse a rimediarvi: tutto sommato quel piccolo territorio si candidava a  “porto franco” per lo scambio di mercanzie senza obbligo di pedaggi e dogane, insomma uno sfogo fisiologico che conveniva all’economia di entrambi. Di tutto ciò ne approfittarono  i cospaiesi che liberi da sovranità, leggi, tasse, spese, dazi e balzelli di alcun tipo si proclamarono subito indipendenti e tali rimasero per quattro secoli. Ebbero una loro repubblica, ufficialmente non riconosciuta da nessuno stato, visto che essi erano…”terra di nessuno” ed  anche una bandiera nera e bianca su striscia diagonale, ma non ebbero capi, soldati e imposte, mentre l’unica legge scritta che comparve nel paese, fu l’emblematica e significativa iscrizione che si trovava, e si trova ancora, sull’architrave della Chiesa della Confraternita: “Perpetua et Firma Libertas”. Inizialmente il territorio divenne sede per l'esercizio del contrabbando favorendo da subito  il  benessere economico dei cospaiesi rispetto alle popolazioni vicine, ma la svolta economica del paese venne intorno al 1574 quando il cardinale Niccolò Tornabuoni, tornato da una missione in Spagna, inviò da Parigi al nipote Alfonso, vescovo di Sansepolcro, alcuni semi della pianta del tabacco (dal suo cognome poi detta "erba tornabuona") e nella terra libera di Cospaia ebbe inizio la produzione del tabacco. Infatti a Cospaia non entrarono mai in vigore quelle misure prese inizialmente da molti governi contro il nuovo vizio del fumo e del fiuto del tabacco che portarono a proibirne la coltivazione. Anche i papi arrivarono a scomunicare chi ne faceva uso di tabacco e solo nel 1724 papa Benedetto XIII revocò la scomunica contro i fumatori, quando già vari governi s’erano accorti che gli ostacoli alla coltivazione della pianta erano controproducenti per le rispettive economie poiché fumare significava alimentare le entrate statali tramite i dazi.
Cospaia nel frattempo aveva ovviamente eluso tutte le proibizioni ed il tabacco, produzione lì predominante e più che mai redditizia,  aveva fatto del paese praticamente la capitale del tabacco italiano.
Tuttavia col passare del tempo la piccola “repubblica”, oltre che per questa attività, era fatalmente divenuta nota come ricettacolo e rifugio di contrabbandieri e malfattori di ogni specie e come tale non serviva più, anzi era divenuta ingombrante, sia per il Granducato di Toscana che per lo Stato Pontificio che, dopo alterne vicissitudini, il 25 maggio 1826, raggiunsero un accordo per sopprimerne l’indipendenza de facto e per incorporare quasi interamente il territorio nello Stato della Chiesa con tutto il borgo aggregato al Comune umbro di San Giustino. Ci fu un atto di sottomissione al Pontefice da parte di quattordici rappresentanti del paese di Cospaia che ebbe come compenso per la libertà ceduta il privilegio di coltivare mezzo milione di piante di tabacco, coltivazione che, sebbene da allora in poi sottoposta a forti tassazioni prima del governo pontificio poi di quello italiano, rimase una delle principali attività di Cospaia, mentre con il 1860 quando l'intera regione umbra venne incorporata nel nascente Regno d'Italia la coltivazione venne allargata anche ai comuni di San Giustino, Sansepolcro e Citerna.
Ancora oggi nelle feste popolari del borgo vengono rievocati i tempi della “Repubblica” di Cospaia e della sua "libera" coltivazione del tabacco.


    
                                 

                                Carlo Onofrio Gori
















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