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venerdì 16 novembre 2012

Carlo O. Gori. Anarchismo. Leda Rafanelli: pistoiese, anarchica individualista, scrittrice, femminista, musulmana sufita, antifascista...


Leda Rafanelli, pistoiese, anarchica...e tanto altro...

Leda Rafanelli fu una delle figure più importanti del movimento anarchico italiano del primo ventennio del secolo. Scrittrice autodidatta, riuscì a conciliare in una originale sintesi di vita le sue idee politiche ed il suo femminismo con la convinta adesione alla fede musulmana sufita, tuttavia si è scritto di lei soprattutto come “amante” di Benito Mussolini, giovane direttore dell’ “Avanti!”. 
Nasce a Pistoia da genitori livornesi, il 4 luglio del 1880, ancora adolescente mostra già una  precoce vena poetica e una notevole sensibilità sociale tanto che Filippo Turati che farà pubblicare su un giornale del partito socialista una sua poesia, “Le gomene”. 
A fine secolo, per difficoltà economiche emigra con la famiglia ad Alessandria d’Egitto (الأسكندرية) dove opera una consistente comunità italiana. Qui Leda ventenne si avvicina ben presto agli ambienti anarchici della Baracca Rossa, frequentati anche da Giuseppe Ungaretti e da Enrico Pea, e collabora a “Il Domani” (Cairo, 1903). Giunge ad Alessandria predisposta anche a lasciarsi sedurre da antichi miti egizi, scriverà infatti: «Fin da bambina ho sempre detto, con ferma convinzione, che ero nata millenaria. Tutti i miei personali ricordi, i sogni, le aspirazioni, i desideri erano basati, sistemati, orientati verso l'antico Egitto, mia patria d'elezione» (Memorie di una chiromante, inedito). 
Nel contempo si innamora profondamente del mondo mediorientale, impara l’arabo ed aderisce all’islamismo sufita: «Nessuno, che non sia un bruto, può sfuggire alla malia del deserto, al fascino delle oasi …Chi ha vissuto qualche anno fra gli arabi ne sentirà l'influenza per sempre» (L'oasi).
L’Egitto è dunque l’ unico punto di partenza delle sue due grandi fedi, anarchismo ed islamismo. Come potranno convivere in lei  tendenze di pensiero così diverse? Forse la chiave di interpretazione, considerando la sua complessa personalità, va trovata più negli aggettivi  che nei sostantivi.
Il suo anarchismo era individualistico, quello della frangia più intellettuale del movimento anarchico che spesso si contrapponeva all’ala collettivistico-organizzativa.
Gli individualisti affermavano in sostanza che i soli cambiamenti strutturali non sarebbero bastati per far avanzare l'umanità, se non accompagnati da profondi mutamenti delle idee. Leda mutuerà dal pensiero anarchico-individualista, il tema della centralità dell’individuo contro i meccanismi alienanti e il falso umanesimo della società capitalistica, ma socialista libertaria,  prenderà sempre le distanze sia da certe forme di individualismo vicine al terrorismo e sia dalla possibile degenerazione borghese delle teorie di Max Stirner che: “mentre possono avere un gran valore come potenzialità intellettuale e originale di un individuo, adattate alle lotte sociali … verrebbero ad essere una nuova tirannia e una nuova imposizione esercitata dall'individuo forte, a danno dell'individuo debole». In quanto al suo islamismo Leda era sufita.
Il  Sufismo, conosciuto oggi nel mondo occidentale soprattutto per le suggestive immagini dei balli di una sua confraternita, i dervisci tourneurs della nota canzone di Franco Battiato, è corrente dell’islamismo sunnita,  mistica e tollerante, non priva di suggestioni esoteriche. Considerato che la Rafanelli interpreta la sua fede anche come alternativa al mondo occidentale industrializzato, disumanizzato e schiavo del denaro, il suo anarchismo e il suo islamismo possono anche sembrare  l’uno il completamento dell’altro.
Torniamo però ad Alessandria ai primi del secolo: Leda, sempre portata alla ricerca del simbolo e del mistero, vede uno scarabeo di terracotta esposto in mezzo ai libri nella vetrina di un negozio, desidera l’oggetto per la sua forza di suggestione ed è così che fa momentanea conoscenza del librario, l’anarchico Ugo Polli. Rientrati poi in Italia casualmente si incontrano di nuovo alla Camera del Lavoro di Firenze. Si innamorano, si sposano e ben presto fondano, con l’aiuto di Olimpio Ballerini, figlio della nota anarchica fiorentina Teresa Ballerini, la Casa Editrice Rafanelli-Polli. Leda, che già al suo rientro aveva pubblicato presso l’editore Nerbini novelle popolari a sfondo sociale o anticlericale quali ad es. La bastarda del principe (1904) o Le memorie di un prete (1906), appreso ora il mestiere di tipografo-compositore, può stampare, oltre che per il movimento,  anche propri saggi come Valide braccia (contro il sistema carcerario), Contro la scuola, ecc.  Qualche tempo dopo entra in contatto col ventenne tipografo anarchico aretino Giuseppe Monanni che a Firenze pubblica, fra il 1907 e il 1908, la rivista individualista d’idee e d’arte “Vir” sulla quale compare tra l’altro anche una poesia del pratese Sem Benelli, poi noto drammaturgo, dal significativo titolo Il rifiuto.  
Leda, ventisettenne, si innamora di Monanni, si separa dal marito (col quale rimarrà in buoni rapporti) e ben presto si trasferisce col nuovo compagno a Milano, su invito degli esponenti anarchici Ettore Molinari e Nella Giacomelli, per mandare avanti  la nota rivista “La Protesta umana”.  
La coppia Rafanelli-Monanni pubblica anche riviste in proprio come ad es. “Sciarpa nera”  e nel 1910 fonda la Libreria Editrice Sociale che diverrà la più importante impresa editoriale libertaria italiana. Il pittore Carlo Carrà, per breve tempo amante di Leda, ne disegnerà il logo dove si vede un volto demoniaco e sullo sfondo il motto “che solo amore e luce ha per confine”.  
Leda in questo periodo pubblica suoi vari romanzi e saggi  tra i quali Bozzetti socialiSeme nuovo, Verso la Siberia. Scene della rivoluzione russa  e, insieme a Monanni, da cui nel frattempo ha avuto un figlio, fonda le riviste “La Rivolta” (1910) e “La Libertà” (1913-14).  
Su quest’ultima firma, nel marzo 1913, un entusiastico resoconto di una commemorazione della Comune di Parigi tenuta da Benito Mussolini. Il direttore dell’”Avanti!” legge e, lusingato, risponde subito: fra i due nasce una profonda amicizia che durerà fino a quando Leda, pacifista convinta, si scontrerà duramente con Benito divenuto ormai interventista. Leda, al contrario di Mussolini, negherà sempre di esser stata sua amante.  
Scriveranno in molti su questa vicenda, ad esempio Arrigo Petacco inL'archivio segreto di Mussolini, sosterrà la tesi di quest’ultimo, altri invece saranno di diverso parere, ma lo stesso libro di Leda, Una donna e Mussolini, in fondo non farà che alimentare i dubbi. Quel che è certo è che il giovane socialista rivoluzionario, allora diviso fra la Balabanoff e la Sarfatti,  si sente intellettualmente stimolato dalla sofisticata Leda, mentre quest’ultima sembra a volte scoraggiare il suo spasimante:”Ti ho già detto siamo due mondi in contrasto …è come se tu fossi l’Europa ed io l’Affrica. L’Europa… la vuole per opprimerla sfruttarla, adattarla al suo modo di vivere …L’Affrica barbara vive la sua vita pura, istintiva”.  
Un appunto scritto da Leda sulla prima pagina di un proprio opuscolo,  Abbasso la guerra! (1915),  ritrovato successivamente fra le sue carte, ci rivela quale sarà la sua  successiva considerazione per Mussolini: «Opuscolo letto e approvato, in tutto, dal mio amico d'allora BM che divenne poi guerrista e poi fascista, capo del governo per 25 anni e poi ucciso dai gloriosi partigiani». 
A proposito della guerra, sebbene anche in campo anarchico si fossero verificate alcune defezioni, l'impegno pacifista di Leda fu costante, mentre nel dopoguerra svolse, tra l’altro, un'attenta analisi critica del mutamento avvenuto nel ruolo sociale e economico delle italiane: «Mentre il capo di casa, l'uomo giovane e forte ( ... ) si faceva ammazzare, la donna, emancipatissima, invadeva le officine, produceva per la guerra. Quale progresso!...». 
L’avvento del fascismo e la distruzione della Società Editrice Sociale nel 1923 sancisce il suo definitivo silenzio politico. 
Leda pubblica ancora qualche opera narrativa di atmosfera “orientale” (Incantamento, (192l), Donne e femmine, (1922); L'oasi, (1926).  
Successivamente  vive tra Milano e Genova e, costretta da ristrettezze economiche, fa la chiromante. Non smette però di scrivere e ricostruisce mediante memorie autobiografiche in forma di romanzo (Nada, La signora mia nonna, Le memorie di una chiromante) momenti sovente amari dell’ultima parte della sua vita, come la burrascosa fine della convivenza con Monanni e la morte del loro figlio Aini. 
Leda muore a Genova nel 1971. Alcuni suoi scritti saranno raccolti da Aurelio Chessa, che con il suo Archivio Famiglia Berneri, vera memoria storica dell’anarchismo, operò per vari anni a Pistoia e che per motivi di lavoro ebbi il privilegio di conoscere. 
L’Archivio, oggi intitolato “Berneri-Chessa”  e diretto a Reggio Emilia con diligente passione dalla figlia Fiamma Chessa, ha recentemente acquisito in deposito conservativo la raccolta di tutti i suoi documenti autobiografici e delle opere edite ed inedite che costituiscono attualmente il Fondo Leda Rafanelli.
                                                                                      
                                   Carlo Onofrio Gori





كارلو غوري

Originale dell’articolo:

Carlo Onofrio Gori, Un'anarchia innamorata dell'Islam. L'affascinante figura della pistoiese Leda Rafanelli, in “Microstoria”, n. 29 (mag./giu. 2003), ripubblicato in: 


Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.


كان يدا Rafanelli، بستويا، فوضوي ... وأكثر من ذلك بكثير ... يدا Rafanelli واحدا من الشخصيات الأكثر أهمية في الحركة الأناركية الإيطالية في العقدين الأولين من هذا القرن. الكاتب، العصاميين، تمكن من الجمع بين التوليف الأصلي في حياته السياسية والتزامه الراسخ النسوية مع الصوفية مسلم، ولكن هو مكتوب في المقام الأول من حيث لها "عاشق" من بنيتو موسوليني، مدير الشباب "القادم ". انه ولد في ليفورنو بستويا الآباء، 4 يوليو 1880، في سن المراهقة يظهر بالفعل الوعي الاجتماعي الشعرية في وقت مبكر وكبير بحيث أن توراتي فيليبو سوف تنشر في صحيفة الحزب الاشتراكي واحدة من قصائده، "الحبال." في نهاية القرن، وذلك بسبب الصعوبات المالية هاجر مع عائلته إلى الإسكندرية (الأسكندرية) التي تعمل فيها مجموعة كبيرة الايطالية. هنا يدا 20 تقترب قريبا بيئات الفوضويين شاك الأحمر يرتادها Ungaretti جوزيبي البازلاء وانريكو، وتعمل على "غدا" (القاهرة، 1903). يصل في الإسكندرية أيضا جاهزة للاغراء من قبل الأساطير المصرية القديمة، في الواقع، كتب: "عندما كنت طفلا وأنا أقول دائما، مع الاقتناع، أن ولدت ألف سنة. جميع استندت ذكرياتي الشخصية، والأحلام والطموحات والرغبات، ترتيب، مصر القديمة المنحى، بلدي المفضل "(مذكرات عراف، غير منشور). في الوقت نفسه يقع في حب عميق في العالم في منطقة الشرق الأوسط والعربية تعلم وتلتزم الإسلام الصوفي: "لا، هذا ليس الغاشمة، لا يمكن الهروب من سحر الصحراء، واحة من السحر ... كل من عاش بضع سنوات بين العرب من يشعر تأثير الأبد "(واحة). مصر وبالتالي نقطة" واحدة من رحيل الديانتين الكبير والإسلام والفوضوية. كيف كنت تعيش في اتجاهات مختلفة مثل الفكر؟ ولعل المفتاح لتفسير، معتبرا شخصيته المعقدة، التي يمكن العثور عليها في أكثر الصفات في sostantivi.Il الفوضوية كان له الاستقلالية الفردية، وأكثر من هامش الفكرية للحركة الأناركية التي غالبا ما يتناقض الجناح جمعي-organizzativa.Gli الفردية المنصوص عليها في مادة التغييرات الهيكلية فقط لن يكون كافيا لدفع الإنسانية، إن لم يكن مصحوبا بتغيرات عميقة في الأفكار. يدا mutuerà الفكر الفردي، فوضوية، موضوع مركزية الفرد ضد آليات تنفير والإنسانية الكاذبة للمجتمع الرأسمالي، ولكن الاشتراكية التحررية، ودائما تأخذ من كل من أشكال معينة من النزعة الفردية على مقربة من كل من الإرهاب وانحطاط ممكن من البرجوازية نظريات ماكس شتيرنر أن "لأنها قد يكون لها قيمة كبيرة المحتملة والفكرية والأصلية للفرد، سيتم تكييفها مع النضالات الاجتماعية ... ليكون الاستبداد الجديد وإعادة فرض-تمارسها قوي الفردية، وذلك على حساب الضعفاء الفردية ". كما أن له يدا sufita.Il كان الإسلام الصوفية، التي تعرف الآن في العالم الغربي وخاصة الصور مذكر من الرقصات من الأخوة له، والدراويش Tourneurs الأغنية الشهيرة التي كتبها Battiato فرانكو، هو الإسلام السني الحالي، باطني ومتسامح لا يخلو من سحر باطني. بالنظر إلى أن Rafanelli يفسر إيمانه حتى كبديل للعبد العالم الغربي الصناعية وإنسانيتهم ​​إلى المال، والفوضوية له في الإسلام يمكن أن ننظر أيضا مثل واحد لإكمال الآخر ولكن دعونا نعود إلى الإسكندرية في القرن الأول: يدا، التي لديها دائما البحث عن الرمز والغموض، ويرى الطين خنفساء يتعرض في خضم الكتب في نافذة متجر، يرغب الكائن بسبب قوتها من الاقتراح وهذا أن كيف هو معرفة لحظة من الكتاب، و ' الأناركية الدجاج أوغو. ثم عاد إلى إيطاليا تلبية عشوائيا مرة أخرى في العمل في فلورنسا. يقعون في الحب، والزواج، والتي تأسست في وقت قريب، وذلك بمساعدة من الراقصين الأولمبية، نجل الراقصين الفوضوي الشهير تيريزا فلورنسا، الناشر Rafanelli-الدجاج. يدا، الذي كان قد نشر بالفعل لدى عودته من حكايات القوم الناشر Nerbini مع اجتماعية أو المعادية لرجال الدين على هذا النحو. ولي النذل (1904) أو مذكرات كاهن (1906)، علم الآن تجارة الطابعة والملحن، فإنه يمكن طباعتها، فضلا عن الحركة، وكذلك مقالاته الأسلحة صالحة (ضد نظام السجون)، ضد المدرسة، وما إلى ذلك. بعض الوقت بعد ذلك يأتي في اتصال مع الأناركية العشرينات أرزو الطابعة Monanni جوزيبي العامة وفلورنسا بين عامي 1907 و 1908، والأفكار الفردية ومجلة الفن "فير" يظهر، من بين أمور أخرى، قصيدة براتو SEM بينيلى، الكاتب المسرحي المعروف آنذاك، بعنوان كبير والرفض. يدا، سبعة وعشرون، يقع في حب Monanni، انفصلت عن زوجها (الذين لا تزال على علاقة جيدة) وسرعان ما انتقل مع شريك جديد في ميلانو، بناء على دعوة من القادة في الأناركية إيتور موليناري وجياكومللي، للمضي قدما في مجلة معروفة " احتجاجا الإنسان. " الزوجين Rafanelli-Monanni كما تنشر مجلات مثل على سبيل المثال. "وشاح أسود" في عام 1910 وأسس دار النشر الاجتماعي، والتي سوف تصبح أهم شركة النشر الإيطالية التحررية. وكارلو كارا الرسام، لمحبي وقت قصير من يدا، فإنه سيتم رسم الشعار حيث ترى وجها الشيطانية في الخلفية وشعار "الحب والضوء فقط أن الحدود." ضارة للجمهور خلال هذه الفترة رواياته المختلفة والمقالات بما في ذلك ملامح الاجتماعية، بذور مرة أخرى، نحو سيبيريا. أسس مسرح الثورة الروسية و، جنبا إلى جنب مع Monanni، والتي في الوقت نفسه كان ابنا، ومجلة "انتفاضة" (1910) و "الحرية" (1913-1914). عقد دليل متحمسة لذكرى كومونة باريس هذا الأخير كان توقيعه في مارس 1913، من قبل بينيتو موسوليني. مدير "القادم!" القانون و، بالاطراء، ويستجيب بسرعة ينمو بينهما صداقة عميقة والتي تستمر حتى يدا، اقتناعا السلمي، سيقاتل بشدة مع بينيتو أصبح الآن التدخل. يدا، على عكس موسوليني، ونفى أي وقت مضى بعد أن كان عشيقته. كتابة العديد من هذه المسألة، على سبيل المثال أريجو Petacco inL'archivio سر موسوليني، ودعم فرضية من هذه الأخيرة، في حين أن آخرين سوف يكون من له رأي آخر، ولكن من نفس الكتاب يدا وامرأة وموسوليني، في أسفل سوف فقط الغذاء الشكوك. ما هو مؤكد هو أن الشباب الثوري الاشتراكي، ثم قسمت بين Balabanoff وSarfatti، يشعر حفز فكريا لك من قبل يدا متطورة، في حين يبدو في بعض الأحيان إلى عدم تشجيع حبيبها: "لقد قلت مسبقا نحن عالمين في الصراع هو ... كما لو كنت أوروبا وأفريقيا I. أوروبا ... يريد لقمع استغلال، والتكيف مع طريقته في الحياة ... وأفريقيا يعيش حياته الوحشية نقية، غريزية ". مذكرة مكتوبة من قبل يدا على الصفحة الأولى من الكتيب الخاص بها، لتسقط الحرب! (1915)، وجدت في وقت لاحق بين أوراقه، ويكشف ما سيكون نظره المقبل لموسوليني: "كتيب قراءة والموافقة عليها، في كل شيء، من صديقي الذي أصبح guerrista ثم BM ومن ثم رئيس الحكومة الفاشية 25 عاما وقتل بعد ذلك بواسطة أنصار المجيدة ". عن الحرب، على الرغم من المخيم الفوضوي كان بعض الانشقاقات، وكان الالتزام السلميه من يدا ثابتة، في حين عقدت الحرب، من بين أمور أخرى، تحليلا دقيقا لتغيير حاسم وقعت في الدور الاجتماعي والاقتصادي للالإيطالية "وبما أن رئيس مجلس النواب، غزت شاب وقوي (...) وقد قتل، والمرأة، emancipatissima، وحلقات العمل، وأنتجت للحرب. ما هو التقدم! ... ". ظهور الفاشية وتدمير شركة النشر الاجتماعي في عام 1923 يؤكد صمته السياسية النهائية. يدا لا تزال تنشر بعض جو العمل السردي "شرقية" (سحر، (192l)، المرأة والفتيات (1922)، والواحة، (1926). حياة وفي وقت لاحق بين ميلان وجنوى، واجبروا من قبل المصاعب الاقتصادية، هو عراف ولكن، لا تتوقف على الكتابة واعادة بناء من خلال ذكريات السيرة الذاتية في شكل رواية (ندى، والسيدة جدتي ذكريات عراف) في كثير من الأحيان لحظات مريرة من الجزء الأخير من حياته، ونهاية عاصفة من العيش مع Monanni و توفي وفاة ابنهما يدا. العيني في جنوة في عام 1971. يتم جمع بعض كتاباته من قبل Chessa أوريليو، منظمة الصحة العالمية، مع عائلته Berneri الأرشيف، ذاكرة التاريخية الحقيقية للفوضوية، كان يعمل لعدة سنوات في بستويا وللعمل كان لي شرف للمعرفة. لأرشيف، واسمه الآن "Berneri-Chessa" المباشرة والاجتهاد في ريجيو اميليا مع العاطفة من قبل ابنتها فياما Chessa، حصلت مؤخرا التخزين المحافظة في جمع وثائقها والسيرة الذاتية جميع الأعمال المنشورة وغير المنشورة يوجد حاليا في صندوق يدا Rafanelli. "كارلو غوري"
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martedì 13 novembre 2012

Carlo O. Gori. Fascismo. La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana.


La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana.

Il fascismo pistoiese pur non riuscendo ad esprimere nel tempo, per varie ragioni, un "uomo forte" (1) ebbe probabilmente, più di quanto si sia pensato finora, un ruolo rilevante durante gli avvenimenti della "marcia su Roma" acquisendo meriti che in seguito pesarono forse nella decisione di Mussolini di elevare il Circondario pistoiese a Provincia.  Sarebbe utile in tal senso un approfondimento in sede storica,  risulta comunque evidente che Pistoia,  terminale  toscano della ferrovia Porrettana (la "Direttissima" Firenze-Bologna verrà costruita solo più tardi negli anni Trenta),  aveva  nel 1922 una posizione strategica nelle comunicazioni tra il Nord e il Centro Italia  e che il controllo della stazione ferroviaria da parte degli squadristi pistoiesi nelle giornate tra il 26 ed il 29 ottobre 1922, permise di coprire le spalle alle colonne fasciste che marciavano su Roma, mettendole  al sicuro da possibili sgradite sorprese soprattutto nei primi incerti momenti della proclamazione stato d'assedio. 
Il fascismo pistoiese giunse all’appuntamento della “marcia su Roma” dopo un percorso iniziato ufficialmente solo il 22 gennaio 1921 sotto la guida di Nereo Nesi.  Tuttavia già durante le agitazioni operaie e contadine del "biennio rosso"  1919-1920, un liberale, Dino Philipson, giovane e ricco proprietario terriero, aveva avuto parte decisiva nella genesi del fascismo locale (2). 
Philipson, pur finanziando il movimento e rivendicando poi esperienze squadristiche, non fu tuttavia un fascista in senso vero e proprio (successivamente passerà addirittura all’antifascismo).  Il suo vero scopo era quello di servirsi delle squadre fasciste per stroncare il movimento operaio e contadino per poi, in un secondo tempo, ricondurre il fascismo nell’alveo della legalità. A tal fine nel marzo-aprile 1922 ispirò la nascita dell’Unione Democratica Pistoiese privando così il fascio pistoiese dell’apporto diretto di quegli esponenti del notabilato agrario e conservatore che in varie altre parti d’Italia avevano finito per snaturare in senso reazionario le confuse tendenze sinistreggianti (sindacalismo, futurismo, repubblicanesimo) espresse dal movimento fascista nazionale al suo sorgere nel 1919. 
La svolta di Philipson aprì quindi la strada in sede locale all'affermazione della componente della media e piccola borghesia urbana che ebbe l'esponente di punta nella figura di Enrico Spinelli, studente universitario di farmacia, ex-combattente; violento nelle imprese squadristiche non sarà tuttavia privo di una parte propositiva riassumibile in alcune teorie espressione del cosiddetto "fascismo di sinistra": primato dell'industria, collaborazione fra un capitale "controllato" e il lavoro, lotta alla rendita parassitaria, un partito di "duri e puri". 
A Spinelli,  il fascismo agrario pistoiese contrapporrà poi il commerciante Ilio Lensi, capo delle squadre d'azione nel 1922, uomo rozzo e violento, ma ambizioso al punto di prestarsi a qualsiasi ruolo. 
Gli anni dal 1919 al 1922 vedono dunque il movimento fascista, finanziato dagli industriali e dagli agrari e spesso tollerato e sostenuto da apparati centrali e periferici dello Stato, crescere ed affermarsi nel Paese grazie alla violenza squadristica. E’ quest’ultima che stronca, in Italia ed anche nel Pistoiese, nell’agosto del 1922, al culmine di un biennio di sangue, lo "sciopero legalitario" antifascista indetto dalle organizzazioni operaie il 31 luglio. 
Proprio in questi frangenti, il 5 agosto 1922,  usciva in città il settimanale "L'Azione fascista”. 
Il foglio segnava un significativo successo dell'ala intransigente permetteva ai fascisti di non dover più elemosinare spazio sul settimanale liberale "II Popolo pistoiese" e che sentiva di essere ormai forte a sufficienza per scrollarsi di dosso il peso della mal sopportata alleanza nel patto del Blocco nazionale con i liberali dell'onorevole Philipson.  Su questo giornale troveremo  la cronaca del ruolo svolto dagli squadristi pistoiesi durante le giornate dell’ottobre 1922, preannunciate già il 19 agosto da un fondo redazionale dal titolo "La marcia su Roma". 
Nel settembre il giornale, in vista delle elezioni comunali, sviluppa una forte polemica con i liberali di Philipson, rifiutando qualsiasi apparentamento e nel contempo attacca il mondo cattolico con lo scopo di ridurre alla sottomissione quegli esponenti del popolarismo, che seppur in concorrenza e spesso in contrapposizione ai "rossi", continuavano a rappresentare con le loro organizzazioni nelle campagne  un serio pericolo per gli interessi dei ceti agrari dominanti. 
Intanto mentre il governo del giolittiano Facta mostra tutta la sua inconcludenza e  varie amministrazioni comunali di sinistra, in Italia come nel Pistoiese, sono obbligate a dimettersi dalla violenza fascista, il consiglio nazionale del movimento si riunisce per stabilire i tempi della "marcia". 
Mussolini,  che aveva intanto rinunciato alla pregiudiziale repubblicana e riallacciato i rapporti con D'Annunzio, sembrava inizialmente accontentarsi  di una partecipazione fascista ad un Governo Giolitti, ma dopo la manifestazione di Napoli del 24 ottobre (sorta di “prova generale” alla quale prendono parte 40.000 camice nere) alza il prezzo e pretende la Presidenza del Consiglio. Si sposta così da Napoli a Milano, iniziando varie e complesse trattative politiche con Roma che vedono coinvolti numerosi personaggi, tra i quali , sembra, anche lo stesso Philipson (3),  mentre a Perugia un "quadrumvirato" formato da  Bianchi, De Vecchi, De Bono e Balbo si occupa del coordinamento operativo della “marcia”. Tra l’altro, alcuni storici , attribuiscono proprio al “quadrumviro” Balbo la decisione di forzare la mano al titubante Mussolini dando il via alla dimostrazione di forza che, per quanto riguarda Pistoia, comincia già dal 26 ottobre. Un manifesto convoca in sede gli iscritti e gli squadristi dichiarando disertore chi manca alle disposizioni,  mentre: "Gli onesti lavoratori, i cittadini tutti sono pregati di continuare la loro attività …gli scioperi…vengono …considerati… azioni delittuose"( 4 ). 
Il 27 ottobre, dopo le 10 del mattino, su camion e automobili parte il primo gruppo di circa 200 squadristi salutati "da una numerosa folla di simpatizzanti fascisti…che cantano inni patriottici" ( 5).  
Enrico Spinelli comanda la colonna formata di quattro squadre.  Ai suoi ordini sono: Dino Orlandini,  capo della "Disperata", Nello Paolini, comandante della " Pacino Pacini", Dino Lensi, alla guida della "Cesare Battisti" e  Giuseppe Costa, leader della "Randaccio".  La colonna si dirige verso Empoli dove è stabilito un punto di raccolta e dove giunge in serata dopo aver sostato alcune ore al passo di San Baronto. 
Intanto in città  sotto la guida di Lensi si formano 12 squadre di 25 uomini ciascuna che il giorno dopo occupano gli edifici statali, mentre Leopoldo Bozzi, di estrazione liberale, futuro podestà di Pistoia ed artefice dell'operazione "Pistoia-Provincia", occupa con gli ex-combattenti ai suoi ordini la sede dei telefoni e dei telegrafi e, soprattutto, l'importante stazione ferroviaria (6).  
Quindi quella numerosa presenza di fascisti in città  che a prima vista  appare  come una disobbedienza gli ordini dei quadrumviri che invitavano a tralasciare il controllo delle città "sicure” per portarsi a Roma (7) , diventa invece determinante nel quadro generale della "marcia". 
Curzio Malarparte asserì che fascisti pistoiesi avessero avuto precisi ordini in tal senso . Lo scrittore-giornalista pratese scrisse infatti di un treno di carabinieri respinto da alcune fucilate fasciste al ponte di Vaioni e di un camion di guardie regie provenienti da Lucca fermato a Serravalle dal fuoco di alcune mitragliatrici (8) . 
Di ciò non si hanno prove, si ha comunque fondata notizia che a Pistoia il 28 ottobre  venne bloccato in stazione un treno che portava a Roma un battaglione di alpini, carabinieri e guardie regie (9). 
Intanto la colonna guidata da Spinelli aveva proseguito in treno per Chiusi e Orte dove trovava la linea interrotta da alcuni carri rovesciati. Dopo aver aggirato l'ostacolo pretendendo posto in un altro convoglio si era diretta per Monterotondo dove giungeva nelle prime ore del pomeriggio del 29. Poco dopo la mezzanotte del 30,  i fascisti pistoiesi ripresero la marcia per Roma fermandosi in attesa di ordini, come tutte le altre colonne, alle porte della città.  In questi momenti domina in loro l'incertezza. 
Un partecipante, Giulio Innocenti, scrive: "... non sappiamo ancora quale piega hanno preso gli avvenimenti. La piazzaforte di Roma dispone, si dice, di cinquantamila uomini, "se sparassero?". Questa è la domanda muta". (10 )  
Infatti se lo stato d'assedio avesse avuto il suo corso e fossero intervenute le truppe, per gli squadristi non ci sarebbe stata partita, ma nella Corona e nei ceti dominanti prevale la tesi, ora che il movimento operaio è stato praticamente stroncato, di non sbarazzarsi del fascismo, ma di inserirlo, condizionandolo, nel sistema. Quindi il re respinge la  firma dello stato d'assedio dichiarato da Facta  (che si dimette) e il 30 ottobre affida il governo a Mussolini. Quest’ultimo giunge a Roma in treno e presenta subito il suo ministero nel quale figurano anche esponenti liberali e cattolici.  A questo punto gli squadristi possono entrare in città come fa anche la "colonna Spinelli", raggiunta nel frattempo a Roma dagli altri duecento fascisti pistoiesi  della "colonna Lensi". 
Il pistoiese Martino Moscardi  annota : "La nostra entrata è stata trionfale. Tutti i militari indistintamente, tutti i picchetti delle caserme ci accoglievano con l'onore delle armi, fraternizzando entusiasticamente con noi"(11). 
Le due colonne dopo essersi unite alla squadre di Bottai in una sanguinosa "spedizione punitiva" nei quartieri "rossi" del Trionfale e di S. Lorenzo marciarono poi, insieme alle altre, nella parata della vittoria che ebbe luogo nel pomeriggio  del 31 davanti al Re al Quirinale. Poco dopo la sfilata vennero devastate le sedi di vari giornali,  la Direzione nazionale del Partito Socialista e la Casa del Popolo di Roma. Si contarono molti morti e feriti. 
I primi atti del governo Mussolini, saranno l'abolizione della nominatività dei titoli, più volte auspicata dagli industriali, il ritiro di un precedente progetto di riforma agraria, già passato alla Camera e l'istituzione della Milizia: primi passi di un “regime” ventennale e liberticida, con buona pace di coloro, non ultimi i giornalisti del liberale "Popolo pistoiese" e del cattolico "La Bandiera del popolo",  che avevano salutato l'avvento di quel ministero con fiduciosa speranza o con inerte rassegnazione (12).  

                                          

    


                             Carlo Onofrio Gori







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1) Cfr. A. Cipriani, Il fascismo pistoiese. Genesi, sviluppo, affermazione, in "Microstoria", n. 16 (mar./apr. 2001); C.O.Gori, Figure del fascismo pistoiese. Una città che non seppe esprimere figure forti, in "Microstoria", n. 16 (mar./apr. 2001).
2) Cfr. C.O. Gori, Il "calmiere Lavarini" durante il Biennio rosso. Le giornate pistoiesi ripercorse attraverso i giornali di allora,  in "Microstoria", n. 11 (mag. 2000). Su questi aspetti cfr. anche: R. Risaliti, Nascita e affermazione del fascismo a Pistoia, in Farestoria, n. 1 (1983);  G. Petracchi, La genesi del fascismo a Pistoia, in 28 ottobre e dintorni, Firenze, Polistampa, 1994
3) Cfr. M. Francini, Primo dopoguerra e origini del fascismo a Pistoia, Firenze, Libreria Feltrinelli, 1976, pag. 133,  n.21
4) "L'Azione fascista" (28 ott. 1922).
5) G. Innocenti, Ave Roma!... Diario della marcia su Roma..., Pistoia, Arte della stampa, 21 aprile 1923, pag. 7
6) ivi, pag. 6
7) E' questa la tesi dello storico Marco Francini in Primo dopoguerra ...cit., pagg. 132-133
8) Cfr. C. Malaparte, Tecnica del colpo di stato, in Opere scelte, Milano, Mondadori, 1997, pagg. 264-265 
9) Cfr. M. Francini, Primo dopoguerra...cit., pag. 134
10)  G. Innocenti, Echi di guerra, in  "L'Azione fascista", (4 nov. 1922) 
11)  cfr. Innocenti, Ave Roma! ...cit. pag. 18
12) Cfr. "Il Popolo pistoiese" e "La Bandiera del popolo" del 4 novembre 1922. 


Mio articolo già pubblicato con lo stesso titolo su: "Microstoria",  n. 25 (set.-ott. 2002)





e successivamente su: 

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e su: 


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Scocciante, ma necessario e doveroso "avviso ai naviganti": anonimi estensori della voce "Storia di Pistoia" su Wikipedia, hanno dal 2007 in poi ampiamente "saccheggiato", inserendoli pari-pari e senza virgolette in quella pagina (ed in particolare nei capitoli "La genesi", "La marcia su Roma" e "Gli irriducibili della Valtellina"), questi miei articoli sul fascismo pistoiese precedentemente comparsi sulla rivista "Microstoria": Carlo O. Gori, Figure del fascismo pistoiese. Una città che non seppe esprimere figure forti in "Microstoria", n. 16 (mar.-apr. 2001); Carlo O. Gori, La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana, in "Microstoria",  n. 25 (set.-ott. 2002); Carlo O. Gori, Gli irriducibili fascisti pistoiesi della Valtellina. Le vicende di Giorgio Pisanò e degli altri fedelissimi del regime, in "Microstoria", n. 33 (gen.-feb. 2004) e successivamente riprodotti da me stesso sui miei siti web (marivan xoomer virgilio) e blog (historiablogori.splinder.it e goriblogstoria.blogspot.com). Li ringrazio per la fiducia, ma l'hanno fatto senza citare le fonti:  il sottoscritto, la rivista o i blog da cui essi li hanno tratti  

Carlo O. Gori. Fascismo. Figure del fascimo pistoiese


Figure del fascismo pistoiese. Una città che non seppe esprimere figure forti

Quasi tutto il fascismo toscano delle origini, anche quello pistoiese, fu tributario del suo sviluppo al violento e fazioso squadrismo fiorentino del “granduca” Dino Perrone Compagni, dei Dumini, dei Tamburini, dei Barlesi, ecc., tuttavia durante l’arco del ventennio, il fascismo pistoiese non espresse in sede locale figure “forti” capaci poi di affermarsi anche a livello nazionale come, ad esempio, uno Scorza a Lucca, un Ricci a Massa Carrara, un Chiurco a Siena, i Ciano a Livorno, un Pavolini nella stessa Firenze. A Pistoia parte decisiva nella genesi del fascismo locale la ebbe Dino Philipson: ricco proprietario terriero fiorentino con possedimenti nel pistoiese, di origine ebraica, massone, avvocato, ex-combattente, deputato liberale nel 1919 che, pur rivendicando poi esperienze squadristiche, non fu mai un fascista in senso vero e proprio e che, in anni successivi, troveremo nelle file dell’antifascismo. 
La paura suscitata dal “biennio rosso” 1919-20, determinò il vero scopo.di Philipson, quello di servirsi delle squadre fasciste per distruggere le organizzazioni operaie e contadine ed in un secondo tempo ricondurre il fascismo nell’alveo della legalità. A tal fine nel marzo-aprile 1922 ispirò la nascita dell’Unione Democratica Pistoiese privando così il fascio locale (nato ufficialmente il 22 gennaio 1921 sotto la guida di Nereo Nesi) dell’apporto diretto di vari esponenti del notabilato agrario e conservatore. Ciò aprì la strada all’affermazione della componente della media e piccola borghesia urbana che ebbe l’esponente di punta nella figura di Enrico Spinelli, studente universitario di farmacia, ex-combattente. Violento nelle imprese squadristiche lo Spinelli, che partecipò alla marcia su Roma guidando una colonna pistoiese (l’altra colonna era guidata da Ilio Lensi), non era tuttavia privo di una parte propositiva riassumibile in alcune teorie, più volte espresse sul foglio “Azione fascista”, riconducibili al cosiddetto “fascismo di sinistra”: primato dell’industria, collaborazione fra un capitale “controllato” e il lavoro, lotta alla rendita parassitaria, un partito di “duri e puri”. Si circondò inizialmente di collaboratori provenienti dall’ interventismo repubblicano, ex-socialista, sindacalista, quali Filippo Civinini, Giovanni Martini, Ildebrando Targioni. 
Il fascismo agrario pistoiese, mai definitivamente battuto, individuò il suo uomo di punta nel commerciante Ilio Lensi, squadrista rozzo, violento ed ambizioso. Spinelli tuttavia resse con forza il partito riuscendo, dopo clamorose faide interne, a far espellere quest’ultimo ed i suoi seguaci ed epurando poi la componente massonica dei Civinini, dei Martini, dei Lavarini. L’esigenza mussoliniana di “normalizzazione” determinò il tramonto di Farinacci e dell’ala intransigente a livello nazionale ed anche le fortune dello “spinellismo” cessarono nel 1926 quando il gruppo fu espulso dal partito. 
L’uomo che condusse il PNF pistoiese sui binari dell’equilibrio imposti dal “fascismo-stato” fu il federale e podestà avvocato Leopoldo Bozzi. Enfatizzando i valori risorgimentali pistoiesi e raccordandoli a quelli fascisti condusse, mobilitando l’establishment culturale cittadino, felicemente in porto l’ “operazione-Provincia”, creata nel 1927 ed ampliata con la Valdinievole nel 1928. Allargò la base del partito cercando di sviluppare il consenso al regime anche con lo sviluppo delle organizzazioni socio-politiche “collaterali” e con l’avvio di opere pubbliche, orientò l’economia della provincia in senso agricolo e artigiano. La sua prematura morte, in seguito ad incidente, privò Pistoia di una importante figura di raccordo e di mediazione, sia con Roma, sia all’interno del fascio pistoiese dove ripresero le lotte fra le varie fazioni e l’instabilità. 
Da allora non ci pare emergano nomi significativi (a parte quello di Armando Barlesi, ma solo perché fondatore nel ’32 de “Il Ferruccio”), infatti in seguito ad una ispezione effettuata nel 1941 dal “centro” sulla federazione fascista si rileva tra l’altro che a quella data si erano avvicendati alla sua guida “ben 14 federali” alcuni dei quali non pistoiesi. 
Le esigenze belliche ridiedero il primato all’industria e fiato, specie con i federali Alzona e Pigli, all’ala intransigente del partito che ebbe poi modo di affermarsi soprattutto nel periodo della repubblica di Salò con i federali del PFR Giorgetti e Lorenzoni. 
Emergono in quest’ultimo periodo, raccolte attorno al periodico “Tempo nostro” le figure di giovani irriducibili combattenti repubblichini: Valerio Cappelli (GNR) e il “parà” Rolando Chelucci caddero in combattimento, Ruy Blas Biagi  (“NP” Decima Mas) fu fucilato a Firenze dopo un’azione di sabotaggio oltre le linee nemiche ed al suo nome venne poi intitolata la Brigata Nera di Pistoia alla quale appartennero Giorgio Pisanò e Agostino Danesi, arresisi in Valtellina solo dopo la morte di Mussolini, Mafilas Manini morì in clandestinità a Milano nel ’45. Alcuni, come Pisanò,  avranno un ruolo nel neo-fascismo del dopoguerra. 
Si segnala infine, soprattutto per la sua ambiguità politica, la figura di un altro giovane fascista, Licio Gelli, ma questa è un’altra storia.
                                                                    
                                    
                                    
                                 Carlo Onofrio Gori                        





Mio articolo già pubblicato con lo stesso titolo su:  "Microstoria", n. 16 (mar.-apr. 2001) vd. qui sotto


carlo onofrio gori microstoria


Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.

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Carlo O. Gori. Attualità e storia: riassetto amministrativo province toscane




1923-2013...Toscana: cartine e…riassetti amministrativi

(Una riflessione da post pubblicati sul mio diario Facebook) .
Qui di fianco la cartina della Toscana con le Province del 1923 ed accanto quella ipotizzata dal 2013.
1923: Firenze, Arezzo, Grosseto, Siena, Massa, Lucca, Pisa (grandissima), Livorno (piccolissima). In alto a destra., in rosso, quella parte di "Romagna Toscana" (prov. FI) che quell'anno venne deciso di passare alla prov. di Forlì in Emilia-Romagna.
Sotto la Provincia di Firenze nel 1924 (da cartina conservata nella Biblioteca Marucelliana di Firenze)
Le zone in colore diverso sono i Circondari all'interno della Provincia di Firenze che erano 3, quelli di: Pistoia, San Miniato, e Rocca San Casciano (quest'ultimo ceduto alla Prov. di Forlì).
Fabio Pacini: Successivamente,nel 1928, fu eretta ,come sappiamo,la provincia di Pistoia,includendo anche la Valdinievole da Lucca,venne annessa a Forlì la zona di Rocca san casciano e venne annessa a Pisa la parte delk territorio di san Miniato,ma non quella di Empoli. Una soluzione, al tempo,molto rispetttosa della storia e delle tendenze geoeconomiche delle varie parti: la cosidetta " Romagna granducale,già da sempre abitata da romagnoli gravitava su Forlì,la zona di San Miniato era da sempre pisana in quanto " naturalmente" ghibellina ( San Miniato era detta " al tedesco " in quanto sede del vicario imperiale in Toscana) e Pistoia meritava per vari motivi la sua provincia, già eretta dal Granduca negli stessi confini ( più Altopascio)
Carlo Onofrio Gori: Esatto, Fabio, non ho niente da aggiungere a quello che hai scritto, salvo, guardando la cartina della Toscana che ho postato un precedenza (o quella nella carta qui sotto piccola in basso a destra), che venne allargata, a spese di quella di Pisa, la Prov. di Livorno, già punita dal Granduca per la rivolta del 1848-49...
Fabio Pacini: E' verissimo, Carlo. La provincia di Livorno era piccolissima e mi sembra che giustamente il vasto territorio, storicamente pisano,venne suddiviso fra le due province. In quegli anni venne anche istituita la provincia di la Spezia,scorporandola da Genova.

                                                                        
                                



                                           (Carlo O. Gori)















Carlo O. Gori. Politica. 1967-69: “repubblica conciliare” pistoiese, prematura e discussa anticipazione del “compromesso storico"



Una Repubblica Conciliare nella Pistoia del 1967-'69


Il Presidente della Provincia di Pistoia, il socialista Vincenzo Nardi fino ad allora a capo di una giunta minoritaria di centrosinistra, aprì seduta del 17 dicembre 1968, con questa affermazione: “la dichiarazione programmatica che ho l'onore di fare è frutto della elaborazione di una commissione della DC, del PSU e del PCI”. Nasceva così ufficialmente la cosiddetta “repubblica conciliare” la cui portata, forse anche al di là delle stesse intenzioni dei protagonisti che indubbiamente ne intuivano l'eccezionalità, ebbe subito rilievo nazionale. Un esperimento politico, di lunga  gestazione e breve vita, clamoroso ed inconsueto per periodo in cui si svolse perché per la prima volta in Italia dal 1947, seppur a livello di governo locale, cadeva la pregiudiziale anticomunista e democristiani, comunisti e socialisti, tornavano a collaborare nella gestione della cosa pubblica. Si era nel clima della contestazione studentesca del ’68 ed alla vigilia dell’ “autunno caldo” operaio del ’69, ma tutti i maggiori quotidiani e periodici italiani, spesso con le loro migliori firme, come ad es. quella di Vittorio Gorresio su «La Stampa» di Torino, dovettero occuparsi anche di Pistoia che, come gran parte della “provincia” italiana, aveva fino ad allora vissuto in modo un po’ attutito gli echi delle grandi svolte che si andavano profilando in seguito ad eccezionali eventi di portata internazionale, non ultime le “aperture” giovannee del Concilio Vaticano II. In sostanza la città si trovò, forse suo malgrado, proiettata nel ruolo per lei inconsueto di “laboratorio politico”.
Infatti il discusso e singolare accordo pistoiese fu trovato soprattutto perché, nel pur positivo trend dell’economia locale negli anni che avevano fatto seguito al “miracolo” industriale italiano, incombevano due gravissimi problemi pratici: il più grave riguardava la SACA, cooperativa di trasporti pubblici nata a Pistoia nell'immediato dopoguerra e operante anche nelle province di Lucca, Massa e Firenze, dichiarata in procedura fallimentare per un forte dissesto finanziario dovuto ad un lungo e sfortunato contenzioso con la Lazzi; l’altro problema concerneva la più importante industria pistoiese, la Breda, il cui continuo stillicidio di personale faceva paventare la liquidazione, malgrado le Partecipazioni Statali ne avessero più volte promesso il rilancio. La positiva soluzione di questi problemi, visto il quadro politico locale, non poteva prescindere dalla governabilità di Comune e Provincia che poteva essere assicurata solo dall' impegno di un ampio arco di forze politiche.
Ma vediamo per sommi capi di riassumere la lunga e complessa vicenda. L'avvento dei governi di centrosinistra (DC-PSI-PSDI-PRI) ed il conseguente processo di unificazione socialista (PSI+PSDI) finì per mettere in crisi nel 1967, sotto la spinta dell' “uomo forte” della socialdemocrazia pistoiese, il potente on. Antonio Cariglia,  la tradizionale collaborazione fra PCI e PSI a livello locale. Caddero le giunte monocolori PCI (fino ad allora sostenute dall'esterno dal PSI) al comune (sindaco Corrado Gelli) ed alla provincia (presidente Luigi Nanni), ma mentre la prima venne poi salvata in extremis dagli stessi socialisti,  la giunta provinciale fu definitivamente affossata (11.9.67) e sostituita (25.9.67) da una giunta minoritaria di centro-sinistra capeggiata da Vincenzo Nardi. Il socialista Nardi, figura prestigiosa della Resistenza pistoiese ed integerrimo democratico, si rese ben presto conto di non poter governare se non facendo appello alla collaborazione del PCI, e dopo alterne vicende di scontri e lunghi mesi di trattative, il capogruppo Beragnoli, rispose (30.12.67) annunciando in consiglio il voto favorevole dei comunisti, vista la necessità di evitare la gestione commissariale,  avvertendo, però, che si aspettava in un futuro ravvicinato la costituzione di una “nuova maggioranza” di cui doveva far parte il suo partito. Ormai la giunta comunale comunista era condizionata dall'approvazione socialista, mentre la giunta provinciale di centro-sinistra era condizionata dall'approvazione comunista.
L'inedita intesa tra DC, PCI e PSU era praticamente avviata, anche se ufficialmente il patto non sarà sottoscritto che nel dicembre dell'anno successivo.
Una nuova crisi tuttavia sopravvenne nel corso del 1968, soprattutto in seguito agli effetti locali del cattivo esito elettorale del neonato Partito Socialista Unificato alle politiche di quell'anno, e dopo lunghe e complesse trattive si arrivò finalmente e ufficialmente alla  soluzione “conciliare” che vide il comune sostenuto dall'esterno dal PSU e dalla benevola astensione DC e la provincia di centrosinistra sostenuta dall'esterno dal PCI mediante il famoso “accordo programmatico” che impegnava i tre partiti a permanenti consultazioni ed ad una collaborazione qualificante volta alla difesa delle autonomie locali, dell'occupazione ed allo sviluppo economico provinciale. I principali effetti pratici di tali trattative ed accordi avevano nel frattempo già visto la felice conclusione della “questione SACA”, con il Consiglio provinciale promotore del Consorzio Pistoiese Trasporti-COPIT (costituito, inizialmente, da rappresentanti della Provincia e del Comune capoluogo) e successivamente vedranno l'avvio a definitiva soluzione della “vicenda Breda” con un nuovo stabilimento ed un ampio piano di sviluppo progettati e garantiti dalle Partecipazioni statali. Principali protagonisti dell'intesa e di questi suoi positivi risultati furono uomini di sincera fede democratica e di buona volontà come i DC Alberto Turco, Luciano Stanghellini, Vittorio Brachi, Florio Colomeiciuc, Angiolo Bianchi, Delio Chiti e Giovan Carlo Iozzelli, i comunisti Spartaco Beragnoli, Franco Monti, Vasco Mati, Luigi Filippini e Sergio Tesi, i socialisti Nardi e Luigi Franconi. La “repubblica conciliare” fu soprattutto un accordo politico-amministrativo e contingente, tuttavia si caricò strada facendo (o fu caricato principalmente a livello nazionale) di significati politici ben più ampi. In sede locale trovò il sostegno soprattutto dalla composita corrente dorotea della DC, ma venne fieramente avversato dalla destra di quel partito e dai fanfaniani. Anche l'ala carigliana del PSU, come, ovviamente, i liberali e le destre  ne furono strenui avversari paventandone il “contagio” a livello nazionale, mentre nelle ACLI e nell'area del dissenso cattolico (“Cineforum pistoiese”) ed a sinistra, nel PSIUP,  e perfino in parte della stessa base del PCI,  si vide nell'operazione  semplicemente un incontro di potere fra comunisti e cattolici.
Il direttore de “La Nazione” Enrico Mattei attaccò subito e con pervicacia  l' esperimento definendolo spregiativamente “repubblichetta conciliare”, appoggiato nella sua azione dalla stampa nazionale benpensante,  conservatrice e dal neofascista “Lo Specchio”. Anche il settimanale diocesano “La Vita”, criticando fermamente l'accordo e mortificando i cattolici che lo avevano voluto, non  brillò certo per spirito lungimirante, all'altezza delle “aperture” giovannee.
Si mossero invece a sostegno dell'iniziativa alcuni esponenti nazionali dei partiti coinvolti e giunsero a Pistoia i democristiani della corrente di “base” Galloni e Donat Cattin, i comunisti Modica e Napolitano ed il socialista Giolitti. Ben presto però l'avvento alla segreteria nazionale DC di Flaminio Piccoli (ossessionato da una possibile “spaccatura” della DC) e del fanfaniano Otello Verreschi a quella locale, determinarono la fine dell'esperienza “conciliare” pistoiese: i democristiani presenti in giunta furono via via isolati e sconfessati dal loro stesso partito e, dopo alcuni mesi di agonia, la “repubblica conciliare” pistoiese cessò quando, nella seduta del consiglio provinciale del 6 settembre 1969, a bilancio appena approvato, gli stessi furono costretti a rassegnare le dimissioni.
                                                                                                                                                                                                

       
                                



                  Carlo Onofrio Gori








Originale dell'articolo di Carlo Onofrio Gori, Questo compromesso non s’ha da fare , pubblicato sul n. 37 (lug.-ago.2004) di: “Microstoria”
  
Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.










Un nuovo mio blog: ho iniziato la pubblicazione nei giorni di Goriblogstoria360 che affianca questo Goriblogstoria.
Mentre qui si scrive di "storia e storie" pistoiesi e toscane, nel nuovo blog si affronterà, appunto, a "360 gradi", tutto il resto: ovviamente, con categorie "storiche", la  "storia" mediante  fatti e biografie a livello nazionale e internazionale, ma anche molti altri aspetti "culturali" e "politici", "attualità" non esclusa.
Ambedue questi blog sono ”figli” del vecchio e “glorioso” (visitato 58023 volte) historiablogori.splinder.com, che portava in sé tutte le suddette caratteristiche (storia “locale” e nazionale e internazionale ecc. ecc.) chiuso il 31 dicembre 2012 quando Splinder cessò l’attività. Oggi il vecchio e “fermo” blog è consultabile qui su Blogspot archiviato in historiablogori.archiviosplinder.blogspot.com e conta a tutt’oggi  ben 21546 visualizzazioni di pagine.
In Goriblostoria ed in Goriblogstoria360 ci saranno quindi vecchi e significativi articoli insieme a nuovi post; ci saranno meno riproduzioni di miei articoli apparsi su riviste in quanto, anche e soprattutto sotto i morsi di questa crisi economica, molti periodici, a quanto pare (a cominciare dal glorioso “Microstoria”) o hanno chiuso o stanno chiudendo.
Arrivederci a tutti quindi anche su Goriblogstoria360!

       

        
                    

                         Carlo O. Gori